Marina Silva e gli elettori neri
La candidata socialista per la presidenza del Brasile è nera, ma non ha mai cercato troppo i voti dei neri: domani si vota, e potrebbe arrivare dietro a Dilma Rousseff
Domani, domenica 5 ottobre, si voterà in Brasile per rinnovare l’assemblea nazionale e per eleggere il nuovo presidente. Nel caso nessuno dei candidati ottenga più della metà dei voti, il 26 ottobre si terrà un ballottaggio fra i due che hanno ricevuto più voti al primo turno. Il candidato presidente del Partito dei Lavoratori, che governa il paese dal 2000, è la presidente 66enne Dilma Rousseff, che i sondaggi danno attualmente leggermente in vantaggio. Il principale sfidante è invece la 56enne ex ministro dell’Ambiente Marina Silva, del Partito Socialista. Da tempo, di Marina Silva, si sta parlando molto: fino a due mesi fa, cioè prima della morte per incidente in elicottero di Eduardo Campos, il candidato “originale” del Partito Socialista, Silva non era nemmeno candidata. Poi, nel giro di un mese, ha prima avvicinato e poi superato Rousseff nei sondaggi, anche se ora è tornata dietro per pochi punti percentuali. Ad oggi, come riporta un sondaggio dell’istituto Datafolha citato dal Wall Street Journal, a un ipotetico ballottaggio Rousseff avrebbe circa otto punti di vantaggio su Silva.
Silva è nata nel 1958 in Amazzonia da una famiglia con undici figli, di cui solo otto sopravvissuti a malaria, epatite e altre malattie. Ha imparato a leggere e scrivere soltanto a 16 anni. Si è pagata gli studi in storia lavorando come cameriera e dopo la laurea ha iniziato a militare nel movimento ambientalista brasiliano di Chico Mendes. Fino al 2008 ha fatto parte dello stesso partito di Rousseff, con il quale è stata ministro dell’Ambiente fra il 2003 e il 2008 durante la presidenza di Luiz Inácio Lula, ex leader del Partito dei Lavoratori.
Nel caso venisse eletta, Silva sarebbe la prima presidente nera del paese. Stando agli ultimi dati diffusi dalla stampa, Silva starebbe riscontrando diversi problemi nell’attrarre su di sé il voto dei neri. Un recente sondaggio citato da Reuters mostra che fra le persone nere o che si identificano come pardo – parola portoghese che indica una persona di etnia mista – Rousseff è avanti rispetto a Silva di 6-7 punti, mentre fra la popolazione con la pelle chiara Silva ha un vantaggio di 8 punti sull’avversaria (un altro sondaggio citato da Reuters per questo stesso campione elettorale le dà pari).
La campagna elettorale, in generale
Mentre Rousseff, negli ultimi mesi, ha insistito molto sulle riforme economiche attuate negli ultimi anni in Brasile – che secondo alcuni dati mostrati dal suo stesso governo hanno permesso a 22 milioni di persone di uscire da una condizione di povertà estrema – Silva ha presentato un programma con posizioni più “centriste” (in Brasile la destra è praticamente inesistente): ha proposto che la presenza dello stato nell’economia diventasse minore, e più in generale che si riformasse il sistema economico del paese la cui credibilità è stata colpita in diverse occasioni da scandali legati a casi di corruzione.
Rousseff ha spesso attaccato Silva accusandola di essere inesperta ed eccessivamente vicina alle banche: le ha inoltre attribuito la volontà di abolire “Bolsa Família”, un programma di sussidi ai più poveri che riguarda circa 30 milioni di persone. Silva ha smentito più volte quest’ultima accusa ma in generale, secondo diversi analisti, l’atteggiamento di Rousseff in campagna elettorale è stato fin qui più incisivo (grazie alla legge elettorale brasiliana, inoltre, ha goduto di molto più tempo di Silva per la propria campagna elettorale).
Il problema di Silva
Negli ultimi giorni, come raccontato in un lungo articolo del giornalista Brian Winter su Reuters, sono in molti ad essersi chiesti perché Silva non abbia insistito maggiormente sul colore della propria pelle nel corso della campagna elettorale. È stato stimato che fra il 1525 e il 1866 cinque milioni di africani furono deportati in Brasile: negli Stati Uniti, nello stesso periodo, furono circa 450mila. Attualmente, i neri e i pardo compongono più di metà della popolazione totale del Brasile, che è di circa 200 milioni di abitanti. Ancora oggi, solo un quinto degli studenti universitari è nero, dato in parte “gonfiato” dalle quote etniche imposte dal Partito dei Lavoratori. Racconta Winter che «alle feste di compleanno nei quartieri ricchi di San Paolo o Rio de Janeiro, gli unici neri presenti sono spesso le donne che lavorano come cameriere o baby sitter». Un consigliere di Rousseff ha definito la riluttanza di Silva a parlare in pubblico della questione della sua etnia «il più grande mistero di questa campagna elettorale».
Winter racconta che ancora oggi è molto difficile parlare di questioni razziali all’interno del dibattito politico del Brasile: i brasiliani preferiscono invece parlare in termini di “classe sociale”. È quanto avvenuto, per esempio, durante un discorso elettorale tenuto da Silva e circolato molto online, nel quale Silva fa riferimento alle grandi difficoltà economiche della sua famiglia sperimentate durante la propria infanzia. Per molti, spiega Winter, il colore della pelle non è nemmeno un problema: negli scorsi secoli le unioni miste fra neri, bianchi e autoctoni sono state molto più frequenti che in altri posti, come ad esempio gli Stati Uniti. La stessa Silva è nata in Amazzonia, e presenta tratti molto diversi anche solo delle persone definite da Winter “afro-brasiliane”, che vivono nel nordest del Brasile.
Alcuni analisti, però, insistono riguardo al fatto che Silva potrebbe porre maggiore attenzione alle sue origini etniche: intervistata riguardo come si sentirebbe a diventare la prima presidente nera, ha risposto:
Non sarei solo quello. Sarei anche la prima ambientalista. Sono molto orgogliosa della mia identità di donna nera, ma ho scelto di non utilizzare né la mia fede né il colore della mia pelle a scopo politico. Sarò il presidente dei neri, dei bianchi, dei credenti e degli atei; indipendentemente dal colore della loro pelle o dalle loro condizioni di vita.
Winter ha paragonato la strana situazione di Silva con quella, totalmente diversa, del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Racconta Winter:
Nel 2008, Obama riuscì a ottenere il 95 per cento dei voti degli afro-americani. Quel vantaggio, più il sostegno di due terzi del voto degli ispanici, riuscì a bilanciare un vantaggio di 12 punti di McCain fra la popolazione bianca. Le distanze furono simili a quelle che ottenne quattro anni dopo, nel 2012. Mentre Obama non rese la sua etnia uno dei punti centrali della sua campagna, durante la campagna presidenziale ci sono stati molti riferimenti sul tema – incluso un famoso discorso del marzo 2008 in cui Obama parlò della rabbia avvertita da molti nella comunità nera, e di cosa significò per lui essere figlio di una madre originaria del Kansas e di un padre keniano.
La spiegazione della diversità delle due situazioni, continua Winter, potrebbe essere di tipo politico. Tereza Campello, il ministro per lo Sviluppo Sociale del Brasile, ha detto a Reuters che delle 22 milioni di persone uscite dalla soglia di estrema povertà nello scorso decennio, il 78 per cento erano di colore o pardo. Potrebbero spiegarsi così i ripetuti attacchi di Rousseff a Silva riguardo le sue presunte proposte di riforme economiche che danneggerebbero i poveri. Racconta Campello: «Abbiamo investito in questa questione più di chiunque altro. Di conseguenza, la gente si chiede: “la mia vita è migliorata. Devo votare per un altro candidato solo perché ha la pelle scura?”».
Non è chiaro se Silva modificherà o meno i toni o i temi della sua campagna in caso di un eventuale ballottaggio. Winter ha chiesto un parere sulla vicenda a Luiza Bairros, il ministro del governo Rousseff per la Promozione dell’ugualianza etnica. Bairros ha risposto: «secondo lei Obama avrebbe preso lo stesso il 95 per cento [del voto dei neri] nel caso fosse stato repubblicano?».
foto: Mario Tama/Getty Images