Putin e la sua banca
La storia di Banca Rossiya, colpita ora dalle sanzioni occidentali, racconta un pezzo del potere del presidente russo e della sua solidità
Fino a una decina di anni fa Banca Rossiya era una piccola banca russa che gestiva una quantità di risorse piuttosto limitata. Ma da tempo le sue attività sono cresciute moltissimo e Banca Rossiya è oggi la sedicesima banca più grande di tutta la Russia. Sulla stampa occidentale si è cominciato a parlarne solo di recente, con la crisi prima in Crimea e poi in Ucraina orientale: è stata descritta come la “banca personale” del presidente russo Vladimir Putin e dei suoi amici più stretti, e a marzo di quest’anno è stata una delle società colpite dalle sanzioni che Stati Uniti e Unione Europea hanno imposto alla Russia, per via dell’interferenza del suo governo negli affari interni dell’Ucraina. Il New York Times ha dedicato un lungo articolo alla storia e alle attività di Banca Rossiya. L’articolo, intitolato “Private Bank Fuels Fortunes of Putin’s Inner Circle“, è utile per capire molte cose sul funzionamento del potere in Russia e su perché diversi analisti ed esperti di politica russa continuino a credere che la fine dell’enorme potere di Putin non sia un accadimento probabile nel breve periodo.
Banca Rossiya e le amicizie di Putin degli anni Novanta
Banca Rossiya è stata fondata a Leningrado (oggi San Pietroburgo) nel 1990. In quel periodo Putin era ancora un funzionario del KGB (i servizi segreti russi) di stanza in Germania dell’Est, ma sarebbe da lì a poco tornato a San Pietroburgo – la sua città di origine – insieme a molti altri russi che avevano lavorato per anni negli stati satellite dell’Unione Sovietica. Gli anni Novanta furono per Putin fondamentali per costruirsi una rete di amicizie e interessi che sono ancora oggi il centro del suo potere. Fra gli altri Putin legò con Anatoly Sobchak, ex professore di diritto che in quel periodo ricopriva l’incarico di presidente del Parlamento di Leningrado: Putin divenne suo consigliere e responsabile di un nuovo comitato cittadino per le relazioni economiche, grazie al quale cominciò a crearsi un forte sistema di relazioni e potere.
Nel 1996 Putin si unì a sette ricchi uomini d’affari – la maggior parte di loro azionista di Banca Rossiya – nel progetto di formare una cooperativa di case estive chiamata “Ozero”, nel nord-est di San Pietroburgo. Il gruppo era formato da: Vladimir Yakunin, ora capo delle Ferrovie russe; Andrei Fursenko, ministro della Scienza e dell’Educazione dal 2004 al 2012; Sergey Fursenko, dal 2003 direttore generale di una sussidiaria di Gazprom e presidente della squadra di calcio Zenit San Pietroburgo; Yury Kovalchuk, ora capo del Consiglio di amministrazione e principale azionista di Banca Rossiya; Viktor Myachin, ex direttore generale di Banca Rossiya; e Nikolay Shamalov e Vladimir Smirnov, oggi importanti uomini d’affari. Un gruppo, ha scritto il New York Times, che ha avuto “un’enorme influenza nella vita politica ed economica della Russia”.
Nel 1996 la collaborazione di Putin con Sobchak terminò: il suo nuovo capo diventò l’allora presidente russo Boris Yeltsin, che lo nominò nell’agosto 1999 primo ministro (dopo pochi mesi, a seguito delle dimissioni di Yeltsin, divenne presidente). Da allora, e per gli anni successivi, le sorti di Banca Rossiya e degli amici con cui Putin aveva condiviso le prime esperienze imprenditoriali negli anni Novanta cambiarono significativamente. Banca Rossiya estese in maniera rilevante le sue attività, grazie soprattutto a interventi massicci del governo, costruendo quello che il New York Times definisce un “vasto impero finanziario con tentacoli in tutta l’economia”. Oggi la banca controlla, tra le altre cose, la quasi totalità dei media russi, usati da Putin per influenzare l’opinione pubblica. Tra i suoi azionisti e clienti c’è praticamente tutta la classe di oligarchi russi le cui ricchezze sono cresciute insieme all’ascesa politica di Putin. Sergei Aleksashenko, ex ministro delle Finanze russo, ha detto in una recente intervista: «Questi uomini non avevano niente e sono diventati miliardari sotto Putin». Molti di loro oggi controllano società statali e gestiscono grossi contratti governativi che gli sono stati concessi da Putin, in un sistema che sembra molto simile a quello di una società guidata da un amministratore delegato.
Il controllo dei media e il caso di Video International
Il presidente di Banca Rossiya, Yuri Kovalchuk, è uno degli oligarchi più importanti nella cerchia ristretta di Putin. Kovalchuk è chiamato anche il “Rupert Murdoch della Russia”, per il suo ruolo nello sviluppare gli interessi della banca nel settore dei media. Nella prima metà degli anni Duemila, Kovalchuk iniziò a mettere insieme il suo impero: come prima mossa acquisì diverse azioni di Gazprombank, una delle più grandi banche russe, che a sua volta comprò Gazprom Media Group, gruppo che possedeva cinque televisioni e parecchie stazioni radio. Col passare degli anni Kovalchuk iniziò a comprare in maniera diretta radio e televisioni: in pratica garantiva il sostegno a Putin e otteneva in cambio dei “premi”. Nel 2010 Kovalchuk ottenne il 25 per cento delle azioni di Channel 1, una rete controllata dal governo con il più ampio pubblico in Russia. Le azioni dell’emittente costarono a Kovalchuk solo 150 milioni di dollari, “un prezzo incredibilmente basso”, scrisse Novaya Gazeta. Qualche anno prima, nel 2005, una filiale di Banca Rossiya aveva comprato per 25 milioni di dollari alcune azioni di Channel 5, una televisione locale di proprietà del governo di San Pietroburgo. Il valore della rete era salito di molto nel 2006, quando il governo aveva permesso a Channel 5 di comprare le frequenze per trasmettere in altre trenta regioni della Russia.
La collaborazione tra Banca Rossiya e governo russo ha dato i suoi frutti anche nel mercato pubblicitario, come ha dimostrato la recente vicenda di Video International, società specializzata nel comprare spazi pubblicitari dalle emittenti per poi rivenderli. Nel 2011 Video International, che controllava più della metà del mercato pubblicitario russo, fu comprata da Banca Rossiya. Poco prima dell’acquisto della società, il governo approvò una legge che obbligava i gruppi come Video International a non controllare più del 35 per cento del mercato pubblicitario. Video International dovette rinunciare a molti suoi contratti, e anche il suo prezzo sul mercato diminuì di parecchio. Banca Rossiya comprò così la società a un prezzo molto conveniente, permettendole però continuare a fare grandi profitti sfruttando la sua attività di “consulenza” alle emittenti (in pratica svolgendo un lavoro simile a quello di prima, senza però apertamente entrare in conflitto con la nuova legge).
Così si tiene in piedi il sistema di potere di Putin
Il 20 marzo 2014, dopo una serie di sanzioni economiche piuttosto blande su individui ed enti russi ritenuti responsabili della crisi ucraina, gli Stati Uniti (seguiti pochi giorni dopo dall’Unione Europea) approvarono inaspettatamente sanzioni molto dure contro 20 persone vicine al governo russo, più Banca Rossiya «che dà loro sostegno»: l’obiettivo del presidente Barack Obama era quello di colpire «settori essenziali dell’economia russa». Il mese successivo il governo russo decise di rispondere: il Market Council, un organo con sede a Mosca che si occupa di regolamentare il mercato nazionale russo dell’elettricità, votò per affidare il controllo finanziario dello stesso mercato a Banca Rossiya, «una piccola istituzione che non aveva l’abilità di assorbire immediatamente il lavoro», ha scritto il New York Times. Il mercato dell’elettricità rappresenta il 2 per cento del PIL nazionale russo e secondo alcune stime, gestire la sua parte finanziaria dovrebbe fruttare ogni anno circa 100 milioni di dollari. Nel giro di pochissimo tempo, corporazioni statali, governi locali e anche la flotta del Mar Nero in Crimea – su pressione di Putin – trasferirono immediatamente i loro conti a Banca Rossiya.
La reazione del presidente Putin è stata quindi quella di assicurarsi che gli interessi economici suoi e degli oligarchi suoi amici non subissero danni ingenti dalle sanzioni occidentali. Come hanno scritto diversi analisti, oggi i pericoli principali per Putin sembrano poter arrivare solo dall’ascesa di un altro oligarca in grado di sfidare lo strapotere di Putin in Russia: sia perché il consenso sulle politiche presidenziali è ancora molto alto (alcuni sondaggi fatti nel mezzo della crisi ucraina mostravano un aumento dei consensi per Putin, nonostante l’azione di governo più aggressiva), sia perché le opposizioni sono ancora molto deboli (alle ultime elezioni per il sindaco di Mosca, Alexei Navalny, il più popolare oppositore di Putin, si è fermato al 27,24 per cento). Per il momento sembra però che Putin continui ad avere il solido sostegno degli oligarchi, che riuniti sotto Banca Rossiya continuano a fare affari molto vantaggiosi. Miskhail Kasyanov, primo ministro russo durante il primo mandato presidenziale di Putin, ha sintetizzato efficacemente al New York Times il funzionamento del rapporto tra gli oligarchi russi e Putin: «Lui ha dato e lui ha tolto. Loro dipendono da lui, e lui dipende da loro».