Le news sulle copertine del New Yorker
Una volta erano tutte autunni, gatti e scodelle della colazione: ma dall'11 settembre le più famose copertine disegnate del mondo seguono molto più spesso l'attualità
Il New Yorker è una delle più prestigiose riviste del mondo: malgrado il nome e l’attenzione newyorkese di alcune sezioni, pubblica lunghi articoli di attualità, racconti inediti, commenti e storie di rilievo universale, ed è anche molto famosa per le sue vignette e le sue copertine, che a oggi sono un caso rimasto quasi unico di copertine di newsmagazine disegnate. Le copertine sono realizzate ogni settimana da un artista diverso, scelto dal direttore artistico tra uno storico gruppo di collaboratori ma anche tra illustratori nuovi ed emergenti. Famose per la loro cura e bellezza, le copertine hanno raccontato nei quasi cento anni della rivista il passare delle stagioni, le feste e gli eventi più importanti dell’anno – Halloween, Natale, Capodanno, la settimana della moda, le vacanze estive – cambiamenti sociali newyorkesi, americani e mondiali, e rappresentato con umorismo o malinconia scene di vita quotidiana urbana.
Tranne rari casi, gli episodi di stretta attualità – le “news”, cosiddette – sono stati invece a lungo tenuti lontano dall’atmosfera rarefatta e stilizzata delle copertine. L’attuale direttore della rivista David Remnick – dal 1998 – ha spiegato che per gran parte della storia del giornale le illustrazioni mostravano «molte case sulla spiaggia abbandonate, ciotole di frutta e il cambio delle stagioni». Remnick ha raccontato che le cose sono cambiate dopo gli attentati dell’11 settembre: la rivista uscì allora con una copertina completamente nera, dove si poteva scorgere in controluce il profilo delle Torri Gemelle. Era stata disegnata dal fumettista e Premio Pulitzer Art Spiegelman, con la collaborazione della moglie Françoise Mouly, tuttora art director del New Yorker.
Da allora, scrive Ravi Somaiya sul New York Times, le copertine del New Yorker che rimandano all’attualità e che la commentano in toni provocatori o umoristici sono sempre di più. Quella della scorsa settimana, per esempio, mostra un giocatore di football americano mentre corre in campo inseguito dai poliziotti, in riferimento agli scandali che i giocatori della National Football League stanno affrontando negli ultimi tempi. A settembre una copertina disegnata dal pittore Eric Drooker mostrava un gruppo di persone con le mani in alto: il gesto diffuso tra i manifestanti durante le proteste a Ferguson, in Missouri, in seguito all’uccisione da parte di un poliziotto di un 18enne afroamericano. All’inizio dell’anno, prima che iniziassero le Olimpiadi invernali di Sochi, in Russia, una copertina raffigurava il presidente russo Vladimir Putin vestito da pattinatore e circondato da cinque giudici, tutti con la faccia di Putin stesso.
Durante le elezioni presidenziali americane del 2008 e del 2012, moltissime copertine commentarono e presero in giro alcuni episodi delle campagne elettorali. Nel 2008 per esempio raffigurarono Sarah Palin mentre scruta l’orizzonte e scorge la Russia (in una celebre intervista sulla politica estera disse di essere competente in politica estera perché dall’Alaska di cui era governatrice si poteva vedere la Russia), citando una famosa copertina sempre del New Yorker disegnata da Saul Steinberg nel 1976, che mostrava Manhattan come centro del mondo. Sempre nel 2008 Barry Blitt dipinse Michelle e Barack Obama come due terroristi islamici mentre si davano il pugno in segno di vittoria: l’intento era soprattutto deridere i repubblicani che accusavano Obama di essere un nemico dell’America, ma lo staff della campagna democratica definì la copertina “di cattivo gusto e offensiva”. Nel 2012 la rivista scherzò sulla storia del cane di Romney, sul suo cambiare continuamente idea, sul suo rapporto con il candidato alla vicepresidenza Paul Ryan; ma criticò anche Obama, quando disegnò Romney al primo dibattito che discuteva con una sedia vuota (con un’altra citazione, qui: il discorso di Clint Eastwood alla convention repubblicana).
Barry Blitt – che è tedesco e ha 56 anni – è tra i principali autori delle copertine caustiche e legate all’attualità del New Yorker. È particolarmente prolifico – ne ha disegnate più di 80 dal 1994 – e particolarmente veloce, tanto che spesso Remnick e Mouly gli propongono un’idea anche il giorno prima che venga stampato il giornale. Blitt – che oltre alla copertina controversa sugli Obama nel 2008 ha realizzato anche quelle di Putin per le Olimpiadi, quella sullo scandalo del governatore Chris Christie in New Jersey e quella recente sui problemi del football americano – racconta di sperimentare spesso temi difficili e rischiosi e di proporli liberamente a Remnick e Mouly, che a volte glieli rifiutano ritenendoli troppo provocatori.
Parte di questo cambiamento è dovuto proprio a Mouly, che venne assunta come art director del New Yorker nel 1992 dall’allora nuovo direttore Tina Brown. Brown voleva rinnovare profondamente la rivista dopo la decennale direzione di William Shawn, e Mouly portò con sé nuovi illustratori e fumettisti per le pagine interne – tra cui Lloyd Coe, Robert Crumb, Lorenzo Mattotti e Chris Ware – e fece pubblicare una delle prime copertine controverse, quella in cui una donna afroamericana bacia un ebreo ortodosso, nel 1993.
Mouly ha spiegato che le copertine legate all’attualità riescono ad «avere senso per due settimane, due mesi o anche 200 anni». Ha anche spiegato che «quello a cui io e David puntiamo è che il lettore non sappia mai di cosa parlerà la prossima copertina. È un privilegio, perché non facciamo una copertina politica ogni settimana, la facciamo solo quando abbiamo qualcosa di buono». Mouly dice di ispirarsi alle prime copertine della rivista, che rendevano perfettamente l’idea di quale fosse lo spirito dell’epoca: anche il suo obiettivo è «scattare una serie di istantanee che possono essere guardate dall’art director nel 2030 e dare un senso di com’è vivere oggi a New York». Nel 2012 Mouly ha pubblicato insieme alla figlia Nadja Spiegelman, Blown Covers, un libro che raccoglie schizzi e copertine rifiutate del New Yorker.