Come è cambiata La Mecca
Uno studioso dell'Islam racconta come la città santa sia diventata una cosa «tra Las Vegas e Disneyland», che ha a che fare anche con il successo del fondamentalismo fanatico
Tra pochi giorni inizierà la settimana dello hajj, il pellegrinaggio che i fedeli musulmani sono tenuti a fare, secondo quanto prescritto dal Corano, almeno una volta nella vita nella città santa della Mecca. I pellegrini che arriveranno, però, sostiene lo scrittore e studioso esperto di Islam Ziauddin Sardar in un articolo sul New York Times , «cercheranno invano la storia della Mecca» trovando piuttosto una specie di amalgama «tra Disneyland e Las Vegas». Sardar ha raccontato come e perché La Mecca sia cambiata radicalmente soprattutto a partire dalla metà degli anni Settanta.
La Mecca
La Mecca è il luogo di nascita di Maometto, e in una grotta a poco più di tre chilometri dalla città è avvenuta – secondo la tradizione islamica – la prima rivelazione del Corano al profeta. Per questo motivo, è il luogo più importante per l’Islam. La città ha oggi circa 2 milioni di abitanti – senza contare i milioni di pellegrini – e si trova in una stretta valle, circa 300 metri sopra il livello del mare, a poche decine di chilometri dalla costa occidentale dell’Arabia Saudita. La città fa parte del regno dell’Arabia Saudita dal 1925.
La trasformazione
Il simbolo della trasformazione della Mecca è rappresentato dalle sette torri dell’Abraj Al Bait, un complesso di edifici con al centro la Torre dell’Orologio del Royal Hotel della Mecca: è il terzo grattacielo più alto del mondo, con poco più di 600 metri di altezza, terminato nel 2012 e quello che detiene anche il record dell’edificio con la maggior estensione di spazio calpestabile nel mondo. Questo complesso, con i suoi «centri commerciali di lusso, alberghi e ristoranti per super-ricchi» dice Sardar, domina la città al posto della Moschea Sacra, dove si trova invece la Kaaba, il centro simbolico dei musulmani di tutto il mondo: e l’orizzonte non è più dominato dalla sagoma frastagliata delle montagne, ma «dal brutalismo di strutture rettangolari in acciaio e cemento». Nell’area della Grande Moschea, poi, nuovi lavori proseguono: l’ultima novità è rappresentata da una passerella sopraelevata larga 12 metri, e a 13 metri da terra, per permettere anche ai pellegrini disabili di girare intorno al centro della Moschea.
La fase iniziale di quella che Sardar definisce «distruzione della Mecca» è iniziata a metà degli anni 1970 quando molti edifici antichi risalenti al tempo del profeta Maometto hanno cominciato ad essere distrutti. Le vecchie case ottomane, con le eleganti finestre e porte scolpite, sono state sostituite con edifici «orribili» e nel giro di pochi anni La Mecca è stata trasformata in una città “moderna”, senza più vicoli medievali e con ampie strade a più corsie, svincoli, alberghi e centri commerciali.
I pochi edifici e luoghi con un significato religioso e culturale rimasti sono stati invece cancellati in tempi più recenti, compresi alcuni luoghi legati alla vita del profeta Maometto. La casa di Khadijah, la prima moglie di Maometto, è stata abbattuta per fare spazio a strutture per i pellegrini (tra cui dei servizi igienici); sopra la casa di Abu Bakr, compagno del profeta e suo successore come primo califfo, è stato costruito un albergo. Nel luogo tradizionalmente identificato come la casa natale di Maometto si trova una piccola biblioteca con un cartello in cinque lingue che dice: “Non esistono prove che il profeta Maometto nacque qui, dunque è vietato farne un luogo di preghiera o di supplica.”
Quello che resta, dunque, è il nucleo più interno della Grande Moschea, con la Kaaba: un edificio a forma di cubo che, secondo il Corano, è stato costruito da Abramo (Ibrahim) e dal figlio Ismaele dopo che questi si era trasferito in Arabia. Nei secoli successivi, intorno alla Kaaba, è stata costruita la Grande Moschea. Secondo Sardar, è solo questione di tempo prima che l’interno della Sacra Moschea venga sostituito «con un edificio ultramoderno a forma di ciambella».
Perché?
Ziauddin Sardar prova a spiegare il perché di questa metamorfosi, non legata solo al progresso nella crescita di una città. «I “guardiani” della Città Santa, i governanti dell’Arabia Saudita e i chierici, hanno un odio profondo per la storia. Vogliono che tutto sembri nuovo di zecca». A differenza di altre città come Baghdad, Damasco e il Cairo, La Mecca non è mai stata un grande centro intellettuale e culturale dell’Islam, «ma è sempre stata una città pluralista in cui il dibattito tra le diverse sette musulmane e scuole di pensiero non era insolito». Ora, invece, prevale un’interpretazione letterale, monolitica e astorica dell’Islam: i fanatici frequentemente minacciano i pellegrini di diverse sette. «L’anno scorso, un gruppo di pellegrini sciiti dal Michigan è stato attaccato con i coltelli e nel mese di agosto, un gruppo di musulmani americani ha scritto al Dipartimento di Stato per chiedere protezione durante lo hajj di quest’anno».
La cancellazione della storia della Mecca ha avuto un enorme impatto sulla stessa pratica del pellegrinaggio ormai svuotato e ridotto a un banale esercizio di rituali: si tratta solo di un «pacchetto turistico» dice Sardar, «in cui ci si sposta da hotel a hotel, e durante il quale raramente si incontrano persone di culture ed etnie diverse». Quello che è avvenuto e sta accadendo a La Mecca ha anche un profondo effetto sui musulmani di tutto il mondo e aiuta a spiegare o a capire la diffusione del fondamentalismo. La ragione sta in una reazione alla prevalenza degli interessi sauditi, in cui si mescolano materialismo e ortodossia religiosa. Il tutto nella convinzione che i siti storici promuovano l’idolatria. «Il cuore spirituale dell’Islam è un modernissimo e monolitico enclave, dove la differenza non è tollerata, la storia non ha alcun significato, e il consumismo è fondamentale. Non c’è da stupirsi allora che la letteralità e le interpretazioni omicide dell’Islam ad esso associate siano diventate così dominanti nelle terre musulmane».