Il più giovane leader delle proteste di Hong Kong
Chi è Joshua Wong, che ha 17 anni e guida insieme ad altri i movimenti di protesta contro il governo centrale cinese
Tra le migliaia di manifestanti che da giorni stanno protestando nel centro di Hong Kong per chiedere elezioni libere al governo cinese che amministra la regione speciale, i giornali internazionali hanno iniziato a occuparsi di qualche attivista in particolare, indicandolo come leader del movimento (uno dei problemi, proprio delle proteste, è lo scarso coordinamento e la mancanza di leader facilmente identificabili, spiega Reuters). Il più citato e raccontato, anche se non è l’unico, è Joshua Wong. E questo perché è il più giovane – ha 17 anni e si era parlato di lui anche nel 2012 – e perché lo scorso 26 settembre (nei primi giorni delle proteste) era stato arrestato per quaranta ore (e poi rilasciato).
Joshua Wong è figlio unico e proviene da una famiglia della classe media politicamente impegnata (Wong ha raccontato che suo padre lo portava con sé «a visitare i poveri e i sofferenti»): rifiuta di essere chiamato “capo” dicendo che «i movimenti di protesta non devono identificarsi in una sola persona, ma in un principio». Ma Wong era già piuttosto conosciuto in Cina, e non solo. Nel 2012 aveva infatti organizzato (a soli 14 anni) una grande mobilitazione del cosiddetto gruppo «Scholarism» contro un programma di educazione patriottica che il governo voleva imporre al posto della tradizionale educazione civica. Wong parlò a quel tempo di «lavaggio del cervello» e «indottrinamento» e riuscì a mobilitare circa 120 mila studenti. Il piano, anche grazie a queste proteste, fu poi sospeso.
Nel movimento degli ultimi giorni Wong ha sostenuto e organizzato, in particolare, la protesta degli studenti delle scuole secondarie che sono anche tra i maggiori protagonisti della rivolta contro Pechino. Il 26 settembre, Wong era stato arrestato insieme ad altri manifestanti nel quartiere dove ha sede il governo ed era stato detenuto per circa quaranta ore senza nessuna accusa a suo carico: anche questo episodio ha contribuito ad accelerare l’aumento della partecipazione popolare alle proteste e ad allargarle. Accanto agli studenti sono infatti scesi in piazza i loro genitori e migliaia di cittadini appartenenti alle più diverse categorie. Alcuni hanno definito Wong un “eroe”, mentre i media cinesi lo hanno accusato di essere una “superstar politica” aiutata dall’occidente.
Il New York Times spiega perché Wong è diventato il simbolo di queste ultime proteste: è la conferma («preoccupante per le autorità») che la prima generazione di giovani di Hong Kong cresciuta sotto il dominio cinese è anche quella più alienata rispetto all’influenza di Pechino. Inoltre, la sua importanza all’interno del movimento di protesta «incarna un cambiamento», quello della rabbia giovanile amplificata da Internet contro i partiti politici tradizionali. Questi due elementi hanno contribuito al successo di Wong «che si presenta come un ibrido tra un politico solenne e un adolescente schivo».
Già prima della fase più acuta delle proteste degli ultimi giorni e prima della proposta da parte del governo sulle regole elettorali, Wong aveva dichiarato che quella elettorale sarebbe stata «una guerra tra generazioni». Chen Yun-chung, professore all’università Lingnan di Hong Kong, ha detto che Wong, così come gli altri della sua generazione, unisce lungimiranza e competenza a un forte idealismo: «La mentalità di questi giovani è molto diversa rispetto a quella della vecchia generazione, per questo li chiamano “mutanti” in senso buono, come gli X-Men». E, ha aggiunto, non si tratta solo di “sognatori”: «Sanno che potrebbero non ottenere ciò che vogliono, ma la maggior parte di loro è pronta a combattere». Wong rappresenta insomma una «cultura della resistenza che è idealista e anche molto radicata tra gli studenti delle scuole superiori».