Che cos’è Ello
Un nuovo social network "alternativo a Facebook" ha goduto in questi giorni di grandi attenzioni dei media e promette più tutela della privacy, ma non sarà facile
di Andrea Peterson – Washington Post
Sembra che di questi tempi quasi nessuno usi Facebook perché gli piace usare Facebook. Il muro, pardon, il Diario (Timeline), è difficile da navigare e spesso nasconde i contenuti che stai cercando. E la sezione Notizie (News Feed) sembra più un insieme di pubblicità che un canale per trovare informazioni davvero utili. C’è poi un aspetto inquietante: la pubblicità su Facebook rende chiaro agli utenti che gli inserzionisti conoscono i siti che gli utenti hanno visitato in precedenza. Inoltre, con la sua nuova piattaforma Atlas ad, Facebook userà quello che sa dei suoi utenti per personalizzare la pubblicità anche su altri siti e su applicazioni per smartphone.
I più giovani e alla moda si sono già spostati su Twitter, Tumblr e Snapchat. Non è una cosa nuova, Facebook è stato la novità quando tutti usavano MySpace, e prima di MySpace c’era Friendster. La differenza è che Facebook è diventato grande quando usare Internet è diventata la norma e la sua popolazione riflette questo aspetto. Ci sono circa un miliardo di utenti. Circa un sesto del mondo è su Facebook.
Se un utente decide che ne ha avuto abbastanza, allora, si trova in un certo senso costretto a rimanere su Facebook da una sorta di obbligo sociale: sono su Facebook perché i miei amici più grandi di me ci sono, perché ci sono i miei genitori, i miei nonni e magari anche i miei vecchi compagni di classe, di cui voglio sempre accertarmi di essere messo meglio nella vita. È troppo comodo per lasciarlo, e anni di interazioni sociali sono catturati dalle sue grinfie digitali: vattene e le connessioni che sei stato condizionato a desiderare sono finite.
Nonostante tutto ci sono state avvisaglie di un esodo. Un nuovo arrivato, un social network raffinato ma peculiare ancora nella sua fase di test, è cresciuto velocemente negli ultimi giorni, beneficiando forse dello sdegno dei circoli LGBTQ per la politica di Facebook sui veri nomi degli utenti. La società, Ello, che ha aperto quest’estate, ha anche lanciato una frecciata a Facebook nel suo manifesto.
Se si clicca su “Disagree” (non sono d’accordo) si viene rimandati alla pagina con le regole sulla privacy di Facebook. Il sito stesso, se riuscite a mettere le mani su uno degli inviti che servono per iscriversi, è senza pubblicità, come promesso. Nelle impostazioni di Ello, poi, si può decidere di non essere inclusi nelle loro ricerche e nelle statistiche di utilizzo.
Non è chiarissimo se davvero la gente stia lasciando Facebook per iscriversi a Ello. Ci sono anche diversi dubbi che il nuovo sito sia in grado di proteggere contro le molestie online e il cyberstalking. Questa protezione su Ello sembra essere inesistente o comunque pensata in modo inadeguato. Non è detto che questa sia già una condanna per Ello, che si trova ancora in una fase di sperimentazione e a cui si può accedere solo su invito. Ma il fatto che Ello stia guadagnando notorietà proprio ora che i suoi “dolori della crescita” sono ancora molto evidenti, potrebbe non essere la cosa ideale.
Notorietà è una parola dal significato poco preciso. Sì, il servizio dice che sta approvando decine di migliaia di utenti ogni ora. Ma poche persone sembrano essersi trasferite in modo permanente su Ello e aver cancellato il loro profilo su Facebook. Piuttosto, ampie parti di Ello sembrano soffrire della stessa sindrome da “pista da ballo deserta” che ha rovinato Google+: ci sono sacche di uso molto intenso circondate da ampi deserti, cosa che probabilmente limiterà l’arrivo in massa di nuovi utenti. Perché usare un social network se nessuna delle persone con cui vorresti essere in contatto è lì?
Anche quegli utenti di Ello che hanno trovato il loro giro di amici sul nuovo social network potrebbero non trovare l’utopia che il servizio promette, una visione che, per dirla con la mia collega Caitlin Dewey, è un po’ naive. La società non sembra avere un business plan per reggere agli attuali livelli di crescita, e le loro promesse in fatto di privacy, anche se scritte in inglese di tutti i giorni piuttosto che in legalese, lasciano parecchio spazio di manovra dovesse il sito essere acquistato da un altro investitore o se si dovesse decidere di farlo diventare profittevole.
“Ello non fa soldi vendendo pubblicità”, assicura il suo regolamento sulla privacy agli utenti. “Inoltre non vendiamo informazioni sui nostri iscritti a terze parti. Questo include agenzie pubblicitrie, commercianti di dati e informazioni personali, motori di ricerca o chiunque altro”. Ma si riserva il diritto di condividere informazioni con fornitori di servizi come società di carte di credito, nel caso qualcuno decidesse di comprare qualcosa attraverso Ello. E anche se per ora Ello non ha partnership con altre società, se dovesse averne in futuro si riserva il diritto di condividere informazioni con eventuali soci.
E se cancelli il tuo account, avvisa Ello, i tuoi dati potrebbero non sparire davvero dai server della società:
Ello conserva i dati su server gestiti da terze parti. Noi stessi, o una delle terze parti con cui lavoriamo, potremmo conservare salvataggi dei dati e del codice di Ello, che potrebbe o no includere post e altre informazioni che condividi su Ello, anche dopo aver cancellato il tuo account. Per questa ragione, anche dopo aver cancellato il tuo account, i tuoi dati potrebbero rimanere nei backup del nostro sistema, anche se non sarebbero più visibili e accessibili pubblicamente su Ello.
Quindi, per ragioni tecniche legate al servizio che offre, Ello continuerà ad avere i tuoi dati, anche se dice di non volerli vendere.
E questo ci fa tornare al modello di business di Ello, o meglio: la sua mancanza. Ello non è una nonprofit. È una start-up finanziata da venture capital, la società ha già ricevuto 435.000 dollari in finanziamenti da FreshTracks Capital e, stando a quel che si dice, al momento è sommersa di offerte. E gli investitori vogliono guadagni.
Per ora, il fondatore Paul Budnitz dice che la cosa non dovrebbe essere un problema. «I venture capital si possono arrabbiare, ma non avrebbe importanza perché non hanno nessun controllo», ha detto a Business Insider, facendo notare che i fondatori di Ello controllano anche la maggioranza della società. «E poi Ello è fortemente radicato, il nostro manifesto è come una bandiera, non posso immaginare che la gente ci seguirebbe se dovessimo tradire le nostre idee».
Budnitz, invece, sembra stia proponendo vari modelli di fremium (una parola composta da free, gratis, e premium, migliore), come una tassa di 2 dollari se si vogliono gestire più di un account o micropagamenti per nuove funzioni aggiuntive. Ma resta ancora da vedere se la gente davvero pagherà per questo tipo di servizi, visto soprattutto la percezione che se ne ha dopo anni in cui i social network sono stati visti come una cosa gratuita. Anche se naturalmente li abbiamo sempre pagati con le nostre informazioni personali.
©2014 – The Washington Post