Le accuse europee contro l’Irlanda su Apple
Un'indagine della Commissione Europea sostiene che gli accordi fiscali per incentivare Apple a creare lavoro in Irlanda sono una violazione delle regole di concorrenza
La Commissione Europea ha pubblicato una lettera nella quale dà le prime informazioni sull’indagine avviata quasi quattro mesi fa sui sistemi fiscali adottati in Irlanda per incentivare le attività nel paese di Apple e di alcune altre grandi multinazionali, come Starbucks. Per anni ricostruire con precisione i rapporti economici tra Apple e Irlanda è stato praticamente impossibile, si sapeva che la società statunitense aveva elaborato un sistema per pagare meno tasse possibili sulle proprie attività in Europa, ma i dettagli sugli accordi fiscali con il governo irlandese non erano mai stati diffusi. L’indagine della Commissione è nata con l’obiettivo di fare chiarezza e, nel caso di violazioni degli accordi europei, imporre sanzioni all’Irlanda.
Semplificando, la Commissione sostiene che nel 1991 e nel 2007, l’Irlanda abbia accettato che buona parte dei ricavi generati da Apple al di fuori del paese e depositati sui propri conti irlandesi non avessero niente a che fare con le attività di Apple in Irlanda e non dovessero essere quindi tassati dal fisco irlandese. In compenso, Apple si impegnò a pagare una certa quantità di tasse basate sui costi delle proprie attività in Irlanda. Questo sistema è andato avanti per anni e ha permesso ad Apple di pagare tasse molto esigue in Europa rispetto ai propri ricavi. Nel 2011, per esempio, la controllata Apple Sales International registrata in Irlanda pagò circa 80 milioni di dollari, in un anno fiscale in cui i ricavi complessivi furono intorno ai 22 miliardi di dollari. Il dato è stato rivelato di recente da una Commissione permanente del Senato degli Stati Uniti, che da tempo indaga sui sistemi fiscali adottati da Apple.
La strategia adottata da Apple, e da altre società con la complicità dell’Irlanda, non costituisce di per sé la violazione di qualche regola fiscale. Per la legge irlandese, il domicilio di una azienda corrisponde al luogo dove sono organizzate le sue attività principali e di controllo. Nel caso delle società controllate di Apple, la sede è quindi intesa come quella principale a Cupertino, negli Stati Uniti. Per contro, negli Stati Uniti viene considerato come domicilio il luogo in cui è registrata la società controllata. Giocando su questa ambiguità, molte aziende riescono quindi a pagare meno imposte.
Consentendo questo sistema, l’Irlanda negli anni ha rinunciato a grandi quantità di denaro che sarebbero potute derivare dalla tassazione dei profitti delle aziende come Apple, ma in compenso ha potuto mantenere più alti i livelli di occupazione, spesso in aree depresse con bassa crescita. Nella sede irlandese di Apple a Cork lavorano circa 4mila impiegati, in larga parta con incarichi legati alle vendite e all’assistenza per i clienti. Un numero simile di impiegati in una città di circa 100mila abitanti sono un risultato importante da un punto di vista occupazionale, senza contare che qualcosa dalle tasse al governo arriva lo stesso attraverso gli accordi sulle imposte dei costi operativi che deve affrontare Apple.
Il sistema adottato in Irlanda è stato però criticato in più occasioni da politici, economisti e da altri stati europei, che hanno accusato il governo irlandese di utilizzare sistemi contro la libera concorrenza per attirare le grandi multinazionali. L’indagine della Commissione Europea è nata per rispondere a queste accuse e nella lettera pubblicata martedì si dice che quanto sta accadendo in Irlanda potrebbe configurarsi come un aiuto di stato verso le imprese, pratica vietata dalle leggi comunitarie. La tassazione è sostanzialmente contrattata e non calcolata sulla base di una formula uguale per tutti, offrendo in questo modo vantaggi alle aziende coinvolte.
La Commissione Europea potrebbe quindi imporre all’Irlanda di recuperare gli svariati milioni di euro non riscossi da Apple, ma prima di arrivare a qualcosa di concreto potrebbero passare anni, perché il governo irlandese potrà comunque appellarsi. Se inoltre riuscisse a dimostrare che il controverso sistema per la tassazione viene applicato equamente a tutte le aziende straniere attive nel suo territorio, l’imposizione di sanzioni da parte dell’Unione Europea potrebbe essere molto più complicata da attuare.
Il governo irlandese ha risposto alle accuse della Commissione dicendo di non avere violato nessuna legge sugli aiuti di stato. Il comunicato afferma che nei prossimi mesi l’Irlanda chiarirà la propria posizione e i meccanismi che utilizza per tassare Apple e le altre società estere.