Gli Stati Uniti saranno presto il maggior produttore di petrolio liquefatto al mondo
Probabilmente supereranno l'Arabia Saudita già a ottobre, grazie allo shale gas e alle nuove tecniche estrattive: cosa cambia per i prezzi?
Gli Stati Uniti diventeranno presto il più grande produttore al mondo di petrolio e combustibili liquidi derivati dal petrolio, superando l’Arabia Saudita per la prima volta dal 1991. Secondo l’International Energy Agency (IEA), fino ad agosto scorso la produzione statunitense complessiva di petrolio e di idrocarburi da esso derivati, come l’etano e il propano, era sostanzialmente pari a quella dell’Arabia Saudita – 11,5 milioni di barili al giorno – ma potrebbe superarla entro la fine di settembre o tutt’al più a ottobre, grazie alla profonda ristrutturazione del settore energetico statunitense avvenuta negli ultimi anni. L’IEA è una organizzazione internazionale intergovernativa fondata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) dopo la crisi energetica degli anni Settanta.
Gli Stati Uniti devono gran parte di questo successo alla recente crescita della produzione dello shale gas e al progresso nelle tecniche di estrazione, come la fratturazione idraulica (fracking) e la trivellazione orizzontale controllata (TOC), che hanno permesso di sfruttare aree molto estese in Texas e nel North Dakota, in passato ritenute poco redditizie, e di raggiungere giacimenti un tempo inutilizzabili. L’aumento costante dei prezzi del greggio nel decennio scorso ha reso queste pratiche di estrazione via via sempre più convenienti. Nel 2008 gli Stati Uniti producevano 5 milioni di barili di greggio al giorno; all’inizio di questo mese la produzione di greggio era di circa 8,87 milioni di barili al giorno, ed destinata a superare i 9 milioni di barili al giorno entro la fine del 2014.
Ad agosto la produzione dell’Arabia Saudita era di 9,7 milioni, e quella della Russia era di 10,1 milioni; gli analisti ritengono che, considerando anche i combustibili liquidi derivati dal petrolio, gli Stati Uniti sorpasseranno Russia e Arabia Saudita molto rapidamente considerando la loro più alta produzione di idrocarburi naturali come l’etano e il propano, che hanno un contenuto energetico inferiore rispetto ad altre fonti tradizionali ma che trovano largo utilizzo come materie prime nell’industria petrolchimica, in grande espansione negli Stati Uniti. Tutto questo – insieme a un minore consumo interno, rispetto al passato – ha determinato una minore dipendenza degli Stati Uniti dagli altri paesi dal punto di vista energetico: si prevede che nel 2015 le importazioni serviranno a coprire soltanto il 21 per cento del consumo interno di carburanti liquidi (nel 2005 coprivano il 60 per cento).
L’Arabia Saudita – pur non negando gli effetti benefici della produzione degli Stati Uniti per la stabilità del mercato – ha cercato di ridimensionare le previsioni riguardo l’imminente perdita del titolo di più grande produttore di petrolio al mondo, dicendo che il paese è in grado di incrementare la produzione di petrolio di 2,5 milioni di barili al giorno, se necessario a soddisfare la domanda. Il principe Abdulaziz bin Salman, vice ministro del petrolio, aveva già sostenuto all’inizio di questo mese che il regno dell’Arabia Saudita è “l’unico paese capace di produrre petrolio aggiuntivo di scorta”.
Negli ultimi due anni, scrive il Financial Times, il prezzo del greggio è diminuito molto malgrado le guerre in Siria e in Iraq, e gli scontri in Libia e in Ucraina orientale. La settimana scorsa il prezzo del barile ha raggiunto il minimo storico negli ultimi due anni, circa 95,60 dollari, e sta scendendo più o meno regolarmente da un picco di 125 dollari registrato all’inizio del 2012. In questi due anni la crescita della produzione statunitense – un incremento di più di 3,5 milioni di barili al giorno – ha eguagliato la crescita complessiva della produzione in tutto il mondo.
Foto: Pompe petrolifere in azione a Lost Hills, in California.
(David McNew/Getty Images)