Cosa ha deciso la direzione del PD
Si è discusso della riforma del lavoro e dell'articolo 18, in una riunione piuttosto lunga e animata: la relazione di Matteo Renzi è comunque passata con 130 voti
La direzione nazionale del PD si è riunita lunedì, a partire dalle 18 e per circa quattro ore, per discutere della riforma del lavoro – il cosiddetto “Jobs Act” – da tempo programmata dal governo, e sulla quale una legge delega è attualmente in discussione al Senato. L’ordine del giorno è stato approvato con 130 voti favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari.
La direzione è stata particolarmente animata, dopo che nei giorni scorsi una minoranza del partito aveva manifestato disapprovazione riguardo le linee generali della riforma. Il segretario del PD e presidente del Consiglio Matteo Renzi le ha presentate nel suo intervento di apertura, sostenendo la necessità del superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La riforma prevede inoltre, ha detto Renzi, una riduzione delle forme contrattuali, una rete più estesa di ammortizzatori sociali e un rafforzamento dei servizi per l’impiego. La relazione di Renzi è stata seguita da altri numerosi interventi, tra cui alcuni piuttosto critici, come quelli di Gianni Cuperlo, ex presidente del PD dimissionario, Giuseppe Civati, Stefano Fassina, e quello di Pier Luigi Bersani, deputato ed ex segretario del PD. “Noi sull’orlo del baratro ci andiamo per il metodo Boffo e non per l’articolo 18”, ha detto Bersani, sostenendo che “se uno dice la sua lo deve dire senza che gli sia tolta la dignità”.
“Trovo che discussioni come quella di oggi siano discussioni belle, anche quando non siamo d’accordo” ha concluso Renzi nella replica finale, e ha aggiunto: “Trovo che questo sia per me un partito politico, un luogo in cui si discute. Poi, mi piace pensare che in Parlamento si voti tutti allo stesso modo”.
L’articolo 18 va «superato», lasciando però il reintegro per i licenziamenti illegittimi di carattere «discriminatorio e disciplinare». E ancora un miliardo di «spazio di patto» per gli investimenti dei Comuni, 2 miliardi di taglio del costo del lavoro, Tfr inserito dal primo gennaio 2015 nelle buste paghe a condizione che ci sia un protocollo tra Abi, Confindustria e governo (oltre a 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali) nella legge di Stabilità. Sono queste le novità annunciate da Matteo Renzi nella direzione Pd convocata per discutere di Jobs act, con un’offerta di mediazione lanciata alle minoranza Pd. L’ordine del giorno messo ai voti della direzione del Pd (letto da Filippo Taddei) prevede, tra l’altro, una «disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca l’incertezza del procedimento giudiziario con l’indennizzo monetario, abolendo la possibilità di reintegro». I sì sono stati 130 sì, 11 gli astenuti, 20 i no. Non è stata accolta la richiesta delle minoranze Pd (che pure ha apprezzato le aperture di Renzi) di voto per parti separate. Roberto Speranza ha annunciato il voto di astensione di una parte di Area riformista. Alfredo D’Attorre ha annunciato il voto contrario della minoranza Pd e ha depositato un documento alternativo a quello di Renzi.
Salta tentativo mediazione, verso rottura nel Pd
Non è riuscita la mediazione tentata dal vicesegretario Lorenzo Guerini con alcuni esponenti della minoranza Pd (tra i quali Roberto Speranza, Gugliemo Epifani e Cesare Damiano) per arrivare ad un documento comune. Dopo ore di discussione sui casi in cui prevedere la reintegra, la trattativa è saltata e la minoranza a questo punto va verso la rottura. In direzione Pd Bersani ha attaccato: «per chi si dice di sinistra la difesa dell’articolo 18 è una questione di principio». E D’Alema non ha fatto sconti: «La pura eliminazione del reintegro sarebbe l’applicazione in Italia del modello spagnolo».Renzi: alla fine si voti tutti uniti in Parlamennto
Sul lavoro Renzi ha rilanciato: «Costruiamo un nuovo Welfare, votiamo una posizione chiara sulla riforma del lavoro, le mediazioni vanno bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi». E ancora: «Non siamo un club di filosofi ma un partito politico che decide, discute e si divide ma all’esterno è tutto insieme. Questa è per me la ditta». Un concetto ribadito in sede di replica: «Alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento, questa per me è la stella polare». Nel suo discorso il premier-segretario ha attaccato:«Riformare il diritto del lavoro è sacrosanto. E a chi mi dice che eliminando l’articolo 18 togliamo un diritto costituzionale, rispondo che il diritto costituzionale non sta nell’articolo 18, ma nell’avere almeno un lavoro». Poi ha aggiunto: «Lasciando ai giudici» le decisioni sul licenziamento «aumentiamo il contenzioso e non difendiamo i lavoratori».
(Continua a leggere sul Sole 24 Ore)
La relazione di Matteo Renzi
L’intervento di Gianni Cuperlo
L’intervento di Massimo D’Alema
L’intervento di Giuseppe Civati
L’intervento di Pier Luigi Bersani
L’intervento di Ivan Scalfarotto
L’intervento di Giuliano Poletti
La replica di Matteo Renzi