La beatificazione di Álvaro del Portillo
Che fu il primo successore di san Josemaría Escrivá de Balaguer alla guida dell'Opus Dei, un gruppo su cui ci sono un paio di cose da raccontare
Sabato 27 settembre, circa 300 mila persone hanno assistito a Madrid, in Spagna, alla beatificazione di Álvaro del Portillo, il vescovo spagnolo primo successore di san Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, una delle più importanti organizzazioni della chiesa cattolica (tecnicamente, una “prelatura personale”, come vedremo tra poco). Del Portillo nacque nel 1914 ed è morto nel 1994. La cerimonia è stata officiata dal cardinale Angelo Amato e all’inizio è stato letto un messaggio di Papa Francesco. Alla cerimonia hanno partecipato migliaia di laici e religiosi (preti e suore), ed erano presenti speciali cubicoli per permettere ai fedeli di confessarsi prima della messa.
La beatificazione di del Portillo è arrivata a circa 12 anni dalla canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei, san Josemaría Escrivá de Balaguer, attraverso un procedimento che è stato definito da molti giornalisti insolitamente rapido. Un altro aspetto particolare della vicenda è che la beatificazione è avvenuta sotto un papa che proviene dall’ordine dei gesuiti, considerato uno storico nemico dell’Opus Dei (qui avevamo spiegato chi sono i gesuiti). L’organizzazione di del Portillo, infatti, è considerata un baluardo del cattolicesimo tradizionale, mentre i gesuiti sono spesso visti come una delle componenti più moderne e liberali della chiesa cattolica.
Nel 1940, nei primi anni di vita dell’Opus Dei, una delle critiche più dirette all’organizzazione di Escrivá de Balaguer venne proprio dall’allora generale dei gesuiti Wlodimir Ledóchowski, che definì l’Opus Dei una specie di “massoneria cristiana” e un “pericolo per la chiesa di Spagna”. Negli anni l’Opus Dei ha attirato su di sé altre critiche, ad esempio a causa della sua vicinanza al regime del dittatore spagnolo Francisco Franco (diversi membri dell’organizzazione furono ministri nei governi di Franco).
Nonostante Papa Francesco sia un gesuita, i suoi rapporti con l’Opus Dei sembrano essere buoni. Nei primi mesi del suo pontificato ha compiuto diversi gesti considerati delle aperture nei confronti della prelatura (ad esempio si è recato a pregare davanti ad una reliquia di San José all’interno della chiesa principale dell’Opus Dei a Roma). Carlo Marroni, vaticanista del Sole 24 Ore, ha raccontato al New York Times che all’inizio del nuovo pontificato l’Opus Dei «probabilmente ha pensato che sarebbero stati messi da parte da Francesco, ma in realtà è stato vero il contrario».
L’Opus Dei è una struttura unica all’interno della chiesa cattolica: si tratta dell’unica “prelatura personale” mai creata, cioè un’istituzione religiosa che gode di molta autonomia e il cui capo, il prelato, risponde direttamente al pontefice. L’Opus Dei ha circa 90 mila membri in tutto il mondo, sia laici che religiosi, e molte centinaia di migliaia di fedeli. I suoi membri sono divisi in numerari, che fanno una vita comunitaria all’interno delle strutture del gruppo anche se hanno lavori normali, e soprannumerari, che invece vivono con le loro famiglie.
L’Opus Dei venne fondato nel 1928, in Spagna, ma ricevette lo status di prelatura personale soltanto nel 1992, da papa Giovanni Paolo II. Gestisce diverse istituzioni caritatevoli (come alcune mense per poveri a Buenos Aires, citate e apprezzate da papa Francesco), ma è conosciuto soprattutto per essere diffuso tra le élite professionali e istruite. Ha molte scuole – tra cui la IESE spagnola, considerata una delle migliori facoltà economiche d’Europa – che «hanno reso l’Opus Dei una fucina di talenti che sono andati ad occupare posizioni di potere», ha scritto il New York Times. La dottrina dell’Opus Dei si basa in maniera piuttosto netta sui concetti di gerarchi e autorità, oltre che sull’importanza di onorare Dio tramite gli sforzi nel proprio lavoro quotidiano.