I dubbi sulla scoperta più importante degli ultimi tempi sull’universo
Ci sono scetticismi sulle prove annunciate lo scorso marzo che dimostrerebbero la teoria della rapidissma espansione dell’universo poco dopo l'inizio del Big Bang
Lo scorso marzo un gruppo di ricercatori – provenienti da alcune delle più importanti organizzazioni scientifiche nel campo dell’astrofisica al mondo – annunciò di avere trovato per la prima volta nella pratica una serie di prove che dimostrano la correttezza dell’inflazione cosmica, la teoria per spiegare ciò che accadde nei primissimi istanti del Big Bang, il momento in cui si formò ed ebbe inizio il processo di espansione dell’universo. La notizia fu ripresa e commentata molto, non solo in ambito accademico, perché la scoperta consentirebbe di capire meglio come si formò tutto quello che abbiamo intorno e che esiste nei posti più lontani e inaccessibili del cosmo. Una serie di ricerche e analisi condotte da altri ricercatori negli ultimi mesi ha però raffreddato gli entusiasmi, con ipotesi sull’esistenza di alcune variabili che avrebbero turbato i test per la verifica della teoria dell’inflazione cosmica.
Inflazione cosmica
La teoria dell’inflazione dice che un centimiliardesimo di yoctosecondo (uno yoctosecondo equivale a un milionesimo di trilionesimo di secondo) dopo la nascita dell’universo, lo spazio-tempo si espanse a una velocità estrema, superiore a quella della luce. Fu formulata tra la fine degli anni Sessanta e i primi Ottanta e divenne presto molto quotata, perché permetteva di spiegare diversi altri fenomeni osservati oggi nello spazio e altrimenti difficili da giustificare. In seguito la mappatura sempre più accurata della radiazione cosmica di fondo – cioè la traccia elettromagnetica delle cose che accaddero miliardi di anni fa e oggi osservabile con i radiotelescopi – portò nuovi indizi sulla possibilità che i teorici dell’inflazione fossero sulla strada giusta (qui spiegammo più estesamente che cosa prevede e come funziona la teoria dell’inflazione).
BICEP2 e “modi B”
La scoperta di marzo è stata resa possibile grazie al progetto BICEP2 (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), un esperimento per studiare le variazioni all’interno della radiazione cosmica di fondo attraverso un radiotelescopio, puntato verso una piccola porzione di cielo sopra il Polo Sud ideale per le osservazioni grazie alla presenza di aria asciutta e molto pulita. Dopo test ripetuti, quelli di BICEP2 hanno annunciato di avere misurato la presenza dei “modi B”, un tipo di polarizzazione della radiazione di fondo. Per farla semplice: quando si verificò l’inflazione, si produssero delle onde gravitazionali, che a loro volta produssero una sorta di piccole increspature e perturbazioni nella radiazione di fondo che sono chiamate “modi B”.
La misurazione dei “modi B” nella pratica, annunciata a marzo, segna secondo i ricercatori la solidità della teoria dell’inflazione e – inoltre – conferma l’esistenza delle stesse onde gravitazionali, ipotizzata per la prima volta ai primi del Novecento dalla relatività generale. Il problema, come è emerso nei mesi successivi all’annuncio, è che ci sono dubbi sempre più consistenti sulla bontà delle analisi di BICEP2: il sospetto è che perturbazioni di diverso tipo abbiano falsato le rilevazioni e di conseguenza la misurazione dei “modi B”.
Contaminanti
Alla fine della scorsa settimana, è stata annunciata la pubblicazione di uno studio realizzato da alcuni scienziati che partecipano al progetto Planck, basato sulle rilevazioni del satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea che tra il 2009 e il 2013 ha realizzato la mappatura più accurata prodotta fino a ora della radiazione cosmica di fondo. Nella ricerca, cui hanno partecipato diversi scienziati italiani, si legge che il team di Planck ha analizzato la stessa porzione di cielo presa in considerazione da BICEP2, usando però una serie più ampia di frequenze per lo studio delle onde e arrivando alla conclusione che alcuni contaminanti, come i gas della nostra galassia, avrebbero potuto falsare le rilevazioni effettuate da BICEP2. Se così fosse significherebbe che alcune perturbazioni sarebbero state scambiate per i “modi B”.
Al di là di una certa sana concorrenza su una delle scoperte più importanti nella storia recente della cosmologia, i due gruppi di ricerca vogliono comunque mettere le cose in chiaro il prima possibile. Planck e BICEP2 hanno avviato una collaborazione per confrontare i dati fino a ora raccolti, concentrandosi su quelli ottenuti con analisi alle stesse frequenze. Dal confronto, dicono i ricercatori, si dovrebbe riuscire a capire se BICEP2 sia stato tratto in inganno o meno da gas e altre sostanze in sospensione nella nostra galassia.
Il tema sarà ancora ampiamente dibattuto e ci saranno probabilmente altri studi che si occuperanno del tema, partendo dai dati raccolti fino a ora. Al momento dell’annuncio a marzo, i ricercatori di BICEP2 avevano sostanzialmente escluso la possibilità che ci potessero essere state interferenze nelle misurazioni, pur confermando la necessità di effettuare ulteriori verifiche e approfondimenti sui dati. Nessuno vuole arrivare comunque a conclusioni affrettate su una delle chiavi per capire come tutto è cominciato.