L’obesità in Africa
È un fenomeno sempre più diffuso nei paesi poveri e in via di sviluppo: in Botswana più della metà delle donne è obesa, in Sudafrica le cose vanno ancora peggio
L’obesità è da sempre considerata una malattia propria delle nazioni più ricche e industrializzate, ma studi recenti mostrano come negli ultimi tempi si sia rapidamente diffusa anche nei paesi in via di sviluppo, diventando un problema globale: anche nei paesi poveri, le persone che in una giornata media assumono più calorie del necessario sono oggi più di quelle che vanno a dormire affamate. Secondo un rapporto pubblicato quest’anno dal think tank britannico Overseas Development Institute, più di un terzo degli adulti del mondo è in sovrappeso, e quasi due terzi delle persone in sovrappeso vivono nelle nazioni con un reddito medio o basso. Negli ultimi 30 anni nei paesi in via di sviluppo il numero di persone obese e in sovrappeso è aumentato da 250 milioni a un miliardo: si tratta di un incremento molto più rapido che nelle nazioni ricche.
A maggio la rivista scientifica Lancet ha pubblicato i risultati di uno studio sull’obesità nei bambini e negli adulti condotto dal 1980 al 2013 in 188 paesi. I risultati indicano che l’aumento del tasso di obesità è stato «rapido, sostanziale e diffuso», diventando un problema comune sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. In Botswana, per esempio, più della metà delle donne è obesa; in Nigeria lo è un uomo ogni otto; mentre in Egitto si è verificato uno dei più rapidi aumenti di obesità tra le donne.
Ian Birrell racconta sul Guardian il preoccupante aggravarsi dell’obesità in un paese ben preciso, il Sudafrica: il suo tasso di obesità è quasi doppio rispetto alla media mondiale, secondo uno studio si tratta del terzo paese più grasso al mondo. Sempre secondo il già citato studio di Lancet, in Sudafrica quasi due terzi della popolazione è in sovrappeso. Contrariamente a quanto accade nei paesi più ricchi, il problema riguarda più le donne che gli uomini: il 69,3 per cento delle donne sudafricane è in grave sovrappeso e più di 4 su 10 sono clinicamente obese (cioè hanno un indice di massa corporea superiore a 30). Inoltre, più di un quarto delle bambine e quasi uno ogni cinque bambini sudafricani è in sovrappeso.
Birrell scrive anche che le cure per l’obesità e le malattie che comporta – come diabete e problemi cardiovascolari – sono piuttosto costose e per il servizio sanitario nazionale sarà difficile sostenerle. Finora le autorità non hanno fatto abbastanza per prevenire e informare sui rischi dell’eccessivo sovrappeso, nonostante la preoccupazione e gli sforzi personali del ministro della Sanità sudafricano Aaron Motsoaledi, un medico di 56 anni di Limpopo. «È strano vedere la malnutrizione coesistere con l’obesità», ha spiegato Motsoaledi, ricordando che un quarto dei sudafricani ha ancora difficoltà ad alimentarsi regolarmente. «Nei prossimi dieci anni molti paesi non saranno in grado di affrontare i costi legati alla sanità, e il Sudafrica è decisamente tra questi», ha aggiunto. Secondo Motsoaledi l’aumento del sovrappeso in Sudafrica è dovuto al trasferimento di molte persone dalle campagne alle città e al maggior consumo di cibi occidentali, ricchi di zucchero, grassi e sale. Il problema è peggiorato dalla passione per la carne alla brace, condivisa in Sudafrica da tutti i gruppi etnici e sociali (i più obesi, per esempio, sono i maschi afrikaner bianchi, cioè i discendenti dei coloni europei, e le donne nere che vivono in città), e dal timore diffuso per il crimine, che ha portato a progettare le città sudafricane sul modello di quelle americane: grandi strade, centri commerciali, automobili necessarie per spostarsi, pochi spazi all’aperto dove giocare per i bambini.
Motsoaledi ha cercato di dare il buon esempio e ha perso un po’ di chili dopo aver ridotto il consumo di carne e aumentato quello di pesce e verdura. In breve è diventato un bersaglio per chi minimizza il problema e per le industrie alimentari locali, che lo accusano di essere un fanatico salutista. Il suo impegno comunque è un caso isolato: la maggior parte della classe dirigente del paese indulge in comportamenti alimentari scorretti. Lo scorso anno si è parlato molto della governatrice di una provincia sudafricana che nelle prime dieci settimane del suo mandato aveva speso quasi 4.000 euro di soldi governativi in cibo spazzatura. La passione dei sudafricani per i fast food è testimoniata dalla quantità e dalla rapidità con cui sono diffusi. Il primo ristorante di McDonald’s aprì vent’anni fa a Johannesburg, con centinaia di persone in coda. In due anni ne vennero aperti altri 30 in tutto il paese, ora ce ne sono 200. L’anno scorso all’inaugurazione del primo Burger King a Città del Capo si presentarono 5.000 persone: alcune dormirono in strada per essere in fila ai primi posti e riuscire a entrare.
L’obesità in Sudafrica è alimentata anche da problemi economici e aspetti culturali: le persone povere tendono a sfamarsi con cibo poco costoso, che si traduce spesso in carboidrati pieni di sale, dolci lavorati industrialmente e tagli di carne grassa scartata dai più benestanti. Il risultato è che molti non hanno problemi ad accedere a grandi quantità di cibo, che però è povero in vitamine e sostanze nutritive, comportando carenze e problemi a lungo termine sulla salute. Inoltre, in un paese che ha convissuto a lungo con la povertà e la fame, essere grassi è considerato un aspetto positivo: per gli uomini è sinonimo di successo, per le donne di bellezza. «Se sei troppo magra – spiega la dottoressa Zandile Mchiza – significa che tuo marito non è in grado di prendersi cura di te o che sei infelice. E anche i tuoi figli devono essere grassi». Soprattutto tra i ceti più poveri e neri è diffusa la convinzione che se una donna dimagrisce vuole dire che è malata o ha contratto l’HIV.
Nonostante queste convinzioni radicate, qualcosa si muove nella lotta all’obesità; spesso si tratta però di aziende che cercano di approfittare della situazione, proponendo diete molto drastiche, rimedi ciarlatani e operazioni chirurgiche poco sicure. Il vice-presidente sudafricano è stato posto a capo di una commissione di accademici e funzionari ministeriali per trovare una soluzione urgente al problema, mentre Motsoaledi è riuscito a far approvare una legge che riduce l’impiego di sale e ne sta proponendo un’altra che vieterebbe la pubblicità alle bevande alcoliche. Non sarà semplice: il rapporto di Lancet mostra che negli ultimi 40 anni nessuna delle 188 nazioni studiate è riuscita a ridurre l’obesità.
Foto: MARCO LONGARI/AFP/Getty Images