I colloqui sul nucleare iraniano e l’IS
Nei negoziati ricominciati ieri a New York, l'Iran proporrà di aiutare gli Stati Uniti nella lotta contro lo Stato Islamico in cambio di concessioni sul nucleare, dice Reuters
Venerdì 19 settembre sono ricominciati a New York i colloqui sul programma nucleare iraniano a cui partecipano, oltre il governo dell’Iran, i paesi del cosiddetto “5+1″ – cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU col potere di veto (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Francia, Russia) più la Germania. I colloqui sono ripresi con l’obiettivo di trovare un accordo ampio sul tema del nucleare iraniano entro novembre, quando scadrà il termine di un’intesa temporanea tra le parti che era già stata prolungata la prima volta in luglio. In pratica, i paesi del “5+1” chiedono all’Iran di mettere serie limitazioni allo sviluppo del suo programma nucleare, che ritengono sia mirato a produrre armi atomiche. L’Iran sostiene che il suo programma è soltanto civile e chiede che le sanzioni che stanno provocando gravi danni all’economia del paese siano alleviate. Si tratta di una questione complessa che si trascina oramai da anni senza produrre risultati significativi.
Secondo l’agenzia di stampa Reuters, però, in quest’ultimo round di colloqui c’è una novità. Un funzionario iraniano che ha chiesto di rimanere anonimo ha detto che la delegazione iraniana è disposta a compiere una specie di scambio. Offrire all’occidente un aiuto per combattere lo Stato Islamico – il gruppo estremista sunnita che governa un ampio territorio tra Iraq e Siria – in cambio di una maggior flessibilità sul programma nucleare. «L’Iran è un paese molto influente nella regione e può aiutare a combattere i terroristi dello Stato Islamico, ma deve avere qualcosa in cambio. Si dà qualcosa per ricevere qualcosa. L’IS è una minaccia alla sicurezza mondiale, non il nostro programma nucleare», ha detto un importante diplomatico iraniano a Reuters.
L’Iran è un paese sciita che appoggia il governo iracheno, anch’esso a maggioranza sciita. Negli ultimi mesi l’Iran ha inviato consiglieri e istruttori militari in Iraq ed è ormai praticamente certo che alcune milizie irregolari iraniane – o milizie irachene controllate dagli iraniani – stiano operando in territorio iracheno per contrastare l’avanzata dell’IS. Da quando gli Stati Uniti hanno creato una “grande coalizione” internazionale per combattere lo Stato Islamico si è cominciato a parlare molto del ruolo dell’Iran, vista l’influenza significativa che il suo governo è in grado di esercitare sulla politica irachena. L’amministrazione americana, comunque, ha negato di avere cercato un qualche tipo di cooperazione con l’Iran nella battaglia contro lo Stato Islamico (Stati Uniti e Iran non hanno relazioni diplomatiche da oltre trent’anni, cioè da poco dopo la rivoluzione khomeinista).
L’idea che l’Iran avrebbe barattato il suo aiuto contro lo Stato Islamico in cambio di concessioni nelle trattative sul nucleare si ipotizzava da mesi. È la prima volta però che un’importante agenzia di news scrive di avere avuto una conferma (anche se anonima) della nuova strategia iraniana. Si tratta di un argomento di cui si parlerà molto nelle prossime settimane: ufficialmente anche l’Iran ha negato di aver intenzione di collaborare attivamente con gli Stati Uniti per combattere lo Stato Islamico. La guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha detto di aver messo il veto a una proposta di collaborazione arrivata dagli Stati Uniti (non è chiaro se la proposta sia arrivata davvero o Khamenei abbia usato questo argomento per motivi di politica interna: ad ogni modo, gli Stati Uniti hanno negato di averla mai fatta).
Quello che si sa è che fino ad ora il tema della cooperazione tra Stati Uniti e Iran nella battaglia contro lo Stato islamico non è stato ancora discusso seriamente. Collaborare con l’Iran potrebbe però diventare un’arma a doppio taglio per chiunque voglia sconfiggere l’IS. Da un lato l’Iran è una delle potenze principali del Medio Oriente, con una forte influenza su parte della maggioranza sciita irachena e una grande capacità di operare sul terreno in Iraq. Dall’altro è un paese sciita e come tale è visto come una potenza ostile da gran parte dei governi arabi sunniti del Medio Oriente, molti dei quali alleati con gli Stati Uniti. Secondo molti analisti, l’unica possibilità per sconfiggere i miliziani dello Stato Islamico è quella di togliergli l’appoggio della popolazione sunnita irachena che è stata oppressa per anni dal governo sciita dell’ex primo ministro Nuri al Maliki. Dare un ruolo troppo importante all’Iran rischierebbe di radicalizzare ancora di più i sunniti, dando l’impressione che l’occidente si sia schierato apertamente con gli sciiti.
In ogni caso sembra difficile che i colloqui di questi giorni possano portare grandi risultati. Gli Stati Uniti e l’Europa chiedono che l’Iran riduca il numero delle centrifughe da 19.000 a circa 1.500. Le centrifughe sono apparecchi che servono ad arricchire l’uranio e a renderlo utilizzabile come carburante in un reattore nucleare. Se arricchito ulteriormente, l’uranio può anche essere utilizzato per costruire armi nucleari. Diminuendo il numero di centrifughe, Europa e Stati Uniti intendono rendere molto lento e complicato il procedimento che porterebbe l’Iran ad avere il materiale necessario a produrre un’arma nucleare. L’Iran ha detto che non intende diminuire il numero delle centrifughe, ma che è disposto a mantenerne operative solo una parte.