Alex Salmond si dimetterà
Il primo ministro scozzese, indipendentista, ha annunciato che lascerà l'incarico a novembre, dopo la sconfitta al referendum
Aggiornamento ore 17: Alex Salmond, primo ministro della Scozia e capo dello Scottish National Party, indipendentista, ha detto che intende dimettersi da primo ministro il prossimo novembre e lasciare spazio all’elezione di un nuovo leader dello Scottish National Party. Salmond era a capo del partito dal 2004.
Così come avviene per il governo britannico, anche in Scozia è prassi che il Parlamento scelga come primo ministro il capo del partito con più seggi: le dimissioni di Salmond porteranno quindi il nuovo leader dello Scottish National Party, che ha la maggioranza in Scozia, a diventare primo ministro. Per capirci, non è molto diverso da quello che accadde nel 2007 nel Regno Unito: Tony Blair si dimise da primo ministro e lasciò a Gordon Brown l’incarico di capo del Labour, che era il partito di maggioranza; Brown divenne così il suo successore come primo ministro, senza passare dalle elezioni (si vota il Parlamento, non il primo ministro: quindi decide il Parlamento sulla base del risultato dei partiti).
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In Scozia il referendum sull’indipendenza è stato vinto dai No: la Scozia continuerà quindi a fare parte del Regno Unito. Ha votato No alla divisione il 55,30 per cento degli scozzesi che hanno votato, mentre il restante 44,70 per cento ha votato a favore dell’indipendenza. Il risultato è stato annunciato venerdì 19 settembre, dopo un lungo scrutinio iniziato poco dopo la mezzanotte e proseguito nelle prime ore della mattina. Hanno partecipato al referendum circa 4,3 milioni di persone, facendo registrare una delle affluenze più alte nella storia elettorale recente della Scozia, a conferma di quanto il tema fosse sentito dalla popolazione. La percentuale finale dell’affluenza è stata dell’84,59 per cento.
Quando era ormai chiara la vittoria dei No, il primo ministro della Scozia, il separatista Alex Salmond, ha tenuto un breve discorso a Edimburgo ammettendo la sconfitta. Si è congratulato con la città di Glasgow, la più grande della Scozia, dove hanno prevalso i Sì, e ha invitato tutti gli scozzesi a rispettare l’esito del voto, ricordando che gli elettori hanno stabilito che “per ora” la Scozia continua a essere parte integrante del Regno Unito. Salmond ha detto che il referendum ha comunque spinto il governo di Londra e molti leader politici a prendere impegni per dare più autonomie alla Scozia, e che queste promesse dovranno essere mantenute quanto prima.
Il primo ministro britannico, il conservatore e unionista David Cameron, ha commentato da Londra con un breve discorso l’esito del referendum. Ha ringraziato gli scozzesi per avere scelto di restare nel Regno Unito e ha chiarito che il suo governo manterrà gli impegni, dando più autonomie in diversi campi – da quello fiscale a quello sanitario – alla Scozia. Le trattative con i leader politici scozzesi saranno avviate già nelle prossime settimane e proseguiranno fino a novembre. Cameron ha detto che se non ci saranno imprevisti a gennaio potranno essere presentate le prime proposte di legge, con le riforme promesse alla Scozia durante a campagna elettorale a sostegno dei No, ma ha insistito molto sul fatto che simili autonomie saranno garantite anche ai cittadini del Galles, dell’Irlanda del Nord e dell’Inghilterra («è ora di ascoltare la voce degli inglesi», ha detto, in un notevole cambio di tono rispetto a pochi giorni fa).
I No hanno prevalso in 28 sezioni amministrative su 32 della Scozia, superando in alcune aree il 65 per cento. A Edimburgo, la capitale e la seconda città della Scozia, hanno vinto i No con il 61,10 per cento. Il distacco finale tra No e Sì è stato superiore rispetto a quello ipotizzato nei giorni scorsi da alcune società di sondaggi, che avevano comunque dato per più probabile la vittoria dei contrari all’indipendenza.
Nel Regno Unito, e non solo, analisti politici e commentatori hanno iniziato ad analizzare l’esito del referendum in Scozia. Secondo diversi osservatori, Salmond ha ottenuto qualche importante risultato – poche settimane fa non era affatto scontato che i Sì prendessero così tanti voti – sebbene abbia perso la sfida per rendere indipendente il paese che governa. Il timore che potessero vincere i Sì ha spinto il governo Cameron e molti altri leader politici a fare promesse e a prendersi impegni onerosi nei confronti della Scozia, che ora dovranno essere mantenuti e rispettati. Molte richieste formulate da Salmond e da altri separatisti sono state accettate o definite degne di un confronto politico, e ciò potrebbe consentire alla Scozia di diventare ulteriormente autonoma, seppure nell’ambito di una politica unitaria con il resto del Regno Unito.