Risolvere un crimine grazie ai social network
A Philadelphia un utente di Twitter ha aiutato la polizia a trovare alcuni sospettati di un assalto omofobo indagando soltanto online
di Caitlin Dewey - The Washington Post
Lo scorso giovedì, poco prima delle 23, un gruppo di ragazzi in ordine e ben vestiti sulla ventina, a zonzo nel ricco quartiere di Rittenhouse a Philadelphia, ha urlato alcune offese omofobe contro due uomini prima di picchiarli e mandarli entrambi all’ospedale.
Quattro giorni dopo la polizia di Philadelphia ha pubblicato su YouTube il video di una telecamera di sorveglianza che mostrava il gruppo di assalitori. Poche ore dopo un utente anonimo su Twitter, nickname @FanSince09, ha annunciato di avere rintracciato gli autori dell’attacco… facendo ricerche e indagini soltanto sui social network.
We found em
— FanSince09 (@FanSince09) 17 Settembre 2014
Pretty confident I have at least 3 positive IDs.
— FanSince09 (@FanSince09) 17 Settembre 2014
In termini di capacità di elaborazione o lavoro di investigazione, questo particolare caso non si è rivelato tecnicamente così difficile. Come ha spiegato Melody Kramer di NPR con uno Storify pubblicato nella mattina di mercoledì, @FanSince09 si è messo in cerca quando un altro utente ha twittato un’immagine di un gruppo di persone sulla ventina che si trovava in un ristorante e che sembrava corrispondere al video della telecamera di sorveglianza. Da quella foto @FanSince09 è risalito al nome del ristorante – La Viola – consultando i profili Twitter di altre persone che erano state lì, e dopo si è spostato su Facebook per usare il suo sistema di ricerca basato su Graph Search per vedere chi avesse segnalato di recente (con un check-in) la sua presenza nel ristorante.
Graph Search – il sistema introdotto da Facebook negli Stati Uniti nei primi del 2013, generando preoccupazione nei movimenti che si battono per la tutela della privacy – permette in pratica di scartabellare tra la grande massa di dati pubblici non strutturati e spesso poco evidenti che il social network possiede sui suoi iscritti: tutto, dal tipo di relazione in cui sono coinvolti gli utenti di Facebook alla loro età, passando per la città in cui vivono ai loro gruppi musicali preferiti e ai check-in fatti in giro per il mondo. Graph Search è uno strumento potente: può per esempio trovare tutte le “persone che hanno fatto check-in alla Viola” e hanno tra i 23 e i 29 anni (se si prova la ricerca ora, si trovano solo 5 persone con quelle caratteristiche). Può inoltre portare a molte informazioni personali che diversi utenti non sapevano nemmeno di avere reso pubbliche sul social network.
Tom Scott, il tizio dietro “Actual Facebook Graph Searches” – un progetto per raccogliere liste di persone che saltano fuori se si fanno ricerche strane o contraddittorie tra loro con Graph Search – l’ha spiegata così, quando ha chiuso la sua iniziativa:
La maggior parte delle persone non avrà mai problemi nell’aver reso pubblica qualche informazione su Facebook (certo, per gli sfortunati cui capita il gioco non vale la candela). I pericoli online di solito non derivano da sconosciuti che fanno ricerche stupide: deriva dalle persone che ti conoscono. Molti dei dati pubblici diventano un problema quando subentra quella che chiamo “l’amara prova degli ex”: qualcuno che ti odia può rovinarti la vita con quelle informazioni?
O, mettendola in un altro modo, uno che ha dimestichezza con le ricerche sui social network e che sospetta che tu abbia fatto qualcosa di terribile può rovinarti la vita utilizzando quelle informazioni? (Sì)
Per chiarezza, al momento non è stata fatta alcuna identificazione certa: FanSince09 ha semplicemente dato alla polizia i risultati della sua ricerca su Graph Search, e la polizia lo ha ringraziato pubblicamente per il suo aiuto. (“Non è stato effettuato nessun arresto. Gli investigatori stanno facendo le loro indagini e hanno ancora un sacco di lavoro da fare”, ha twittato Joseph Murray, un ispettore della polizia di Philadelphia). Ma anche si è un po’ presto per festeggiare il risultato, si tratta comunque di un raro caso in cui Internet ha ricondotto alle proprie responsabilità qualcuno, collaborando con la polizia e non al suo posto.
Listen. We showed tonight that our city will not tolerate this. My hope if that another city realizes they won’t tolerate it
— FanSince09 (@FanSince09) 17 Settembre 2014
This is 2014, we have all the information we need at our fingertips.
— FanSince09 (@FanSince09) 17 Settembre 2014
Si tratta inoltre di una dimostrazione rincuorante di ciò che un gruppo di persone perbene possono fare insieme, se – per metterla come l’ha descritta @FanSince09 – incappano in qualcosa di tremendo e decidono di non tollerarlo. Naturalmente in molti condividono questo modo di vedere le cose. Ma online è una cosa rara: il nostro senso di distanza, alimentato dal fatto di avere davanti uno schermo ed essere anonimi, rende ancora più evidente l’”effetto passante” che ci trattiene dall’intervenire “nella vita reale”. Dà quindi per lo meno sollievo vedere che Internet può essere usato per qualcosa di buono. Il detective di Philadelphia ha twittato questo pensiero:
Grazie a @FanSince09. Queste sono le cose che rendono più facile il mio lavoro. Certo, spetta a me arrivare all’arresto, ma siamo comunque tutti coinvolti in questo tipo di cose. Questo è il modo in cui Twitter dovrebbe funzionare per i poliziotti. Farò ricorso ogni giorno a migliaia di ispettori su Twitter per ogni effettivo detective. Facciamolo per ogni crimine e conquistiamo il mondo. *Braveheart inizia a correre per Broad Street*.
Per ora, un utente su Twitter ha deciso di mandare alla polizia di Philadelphia una pizza gratis. Forse se ne meriterebbe una anche @FanSince09.
© Washington Post 2014