Psicologia dei fan di Apple
E degli altri: le ragioni per cui difendiamo un brand oppure lo attacchiamo sono uguali, e hanno a che fare soprattutto con noi stessi
di David Glance - Washington Post
La fama dei fan di Apple è grande quasi come quella dei suoi prodotti. Parliamo di persone che hanno già cominciato a mettersi in coda all’esterno degli Apple store, soltanto per essere i primi a possedere l’ultimo modello di iPhone, che sarà in vendita da venerdì. Se non sono in fila, stanno girando su internet in cerca di articoli che confermino la loro fede nei prodotti di Apple, e rispondono rapidamente a post e commenti scritti da chi non condivide le loro posizioni, cioè più o meno chiunque usi un telefono diverso dal loro.
Sono clienti molto più fedeli rispetto a quelli degli altri brand, e spesso sono definiti con disprezzo iSheep (iPecore), per come continuano ad andare dietro a Apple in modo apparentemente incondizionato.
Da un sondaggio del 2014 è emerso che il 78 per cento degli utenti di iPhone “non può neanche immaginare di usare un telefono diverso”.
Samsung, che produce il telefono concorrente, non ha perso tempo a prendere in giro gli utenti Apple rappresentandoli come iPecore. Ha cominciato nel 2012 con uno spot, ora molto famoso, in cui descriveva il fan medio di Apple come una persona molto superficiale che sapeva pochissimo del prodotto che stava per acquistare. Lo spot mostrava un gruppo di fan di Apple in attesa dell’iPhone 5 rinunciare esplicitamente ad alcune funzioni che il modello Samsung aveva già, perché certamente sarebbero state implementate nel modello successivo di iPhone.
L’ironia della situazione è che qualsiasi cosa faccia Apple, Samsung fa le stesse cose, compreso avere una comunità di fan incondizionatamente fedeli.
Se Apple ottiene un punteggio molto alto nei sondaggi sulla fedeltà dei clienti, Samsung è dietro di poco. Il 76 per cento degli utenti Apple sostituirà il proprio iPhone solo con un altro iPhone, e il 58 per cento di utenti Samsung sostituirà il proprio smartphone solo con un altro smartphone Samsung.
Samsung però ha risultati migliori quando si tratta di attrarre nuovi clienti sottraendoli ad altri brand, e detiene il 34 per cento del totale di passaggi dalla concorrenza. Nessun altro produttore di smartphone e telefoni si avvicina a questi risultati di Apple e Samsung.
Per non parlare del fatto che se questa caricatura di un fan di Apple (o Samsung) può avere degli elementi di verità, quello di cui parliamo è una normale continuità di interesse. Soltanto un numero contenuto di consumatori si mette davvero in coda in attesa del primo iPhone o litiga con gli utenti Android nei commenti online.
Ma che cos’è, invece, che fa sì che qualcuno si identifichi così tanto con un brand da adottare questi comportamenti? Tale domanda è stata l’oggetto di una ricerca estensiva che ha coperto tre diversi aspetti del fenomeno, anche se è emerso che l’interazione dei diversi fattori rende difficile determinare la loro esatta relazione.
Identità
La prima spinta che ci porta a comprare un particolare prodotto è la ricerca di identità. Per esempio, compriamo prodotti esteticamente attraenti perché ci aiuta a costruire una nostra immagine di noi stessi, il modo in cui ci giudichiamo. Apple in particolare ha fatto un ottimo lavoro nel creare un brand che permettesse ai suoi clienti di identificarsi con quelli che “pensano diverso” (“think different”). Anche se ora Apple è leader di mercato e adesso comprare un iPhone è l’equivalente del comprare un PC al tempo della prima campagna “think different” di Apple, ci sono ancora tracce di quell’idea.
Brand
La seconda spinta nella nostra relazione con un prodotto dipende dal prodotto stesso e dalla stessa azienda. Questo aspetto è influenzato da fattori come il valore percepito del prodotto, il livello del servizio durante e dopo l’acquisto e il livello generale di fiducia riposta nel prodotto e nell’azienda.
Identità sociale
Anche se non è completamente distinta dalle altre due spinte, quella più importante è il concetto della nostra identità sociale, che ci aiuta a definire noi stessi attraverso il gruppo a cui apparteniamo. Non appena abbiamo definito qual è il gruppo in cui ci riconosciamo, cioè il nostro “gruppo di appartenenza”, questo influenza positivamente la nostra disposizione nei confronti dei membri dello stesso gruppo e, al contrario, influenza negativamente il nostro atteggiamento nei confronti di persone che appartengono ad altri gruppi.
Una conseguenza essenziale del sentirsi parte di un gruppo è che ne ignoriamo i fallimenti, e interpretiamo gli attacchi al gruppo come attacchi a noi stessi. In particolare, questi attacchi danneggiano la nostra autostima. È questo il motivo per cui i litigi tra utenti Apple e Android virano sul personale: è perché in effetti lo sono.
Far parte di un gruppo è un aspetto delicato dell’esperienza umana ed è parte di ciò che garantisce la nostra sopravvivenza come specie. Non sorprende che giochi un ruolo così importante in tutto quello che facciamo, comprese le “comunità di fan di un brand” a cui decidiamo di appartenere.
Quindi, prima di accusare qualcuno di essere una iPecora, ricordatevi che la ragione per cui lo fate è che a vostra volta probabilmente fate parte di un altro gregge.
©WashingtonPost
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