Perché Ferrari cambia presidente
Al di là dei presunti cattivi rapporti tra Montezemolo e Marchionne, spiega il Sole 24 Ore, c'entra una strategia che riguarda la borsa americana e la volontà di "disimpegno" degli Agnelli
Il presidente della casa automobilistica Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, ha detto che si dimetterà il 13 ottobre: era presidente dal 1991. Lo sostituirà Sergio Marchionne, attuale amministratore delegato di FCA, la società che possiede il marchio Ferrari dopo la fusione fra FIAT e Chrysler. Montezemolo era entrato in Ferrari nel 1973 come assistente di Enzo Ferrari, il fondatore della casa automobilistica: ci rimase fino al 1977, per poi venire nominato presidente della società nel 1991 dopo alcuni incarichi in FIAT e nell’organizzazione dei Mondiali di calcio giocati in Italia nel 1990.
La decisione di Montezemolo è arrivata dopo giorni di anticipazioni e indiscrezioni pubblicate dai giornali, e interessate soprattutto ai suoi presunti cattivi rapporti con Marchionne e la famiglia Agnelli e alle critiche dello stesso Marchionne alla gestione della Ferrari negli ultimi anni: ma qui bisogna avere chiaro che quando si parla di Ferrari si fa riferimento a un’azienda che vuol dire due cose, la fabbrica che produce macchine di lusso e la squadra sportiva di Formula 1. Alessandro Plateroti ha spiegato sul Sole 24 Ore che al di là di quella che chiama la «spettacolarizzazione» dei presunti cattivi rapporti fra Montezemolo e la famiglia Agnelli – cioè i proprietari della FIAT – c’è un «disegno industriale e finanziario di fondo» che emerge da questa operazione.
Secondo Plateroti, in sostanza, il controllo diretto di Ferrari assunto da Marchionne – che diventerà presidente lo stesso giorno in cui FCA si quoterà nella borsa di Wall Street – gli permetterà di decidere autonomamente cosa fare della Ferrari in vista della quotazione: se cioè deciderà di scorporare le azioni di Ferrari, una delle società FCA che va meglio, oppure di fare un titolo unico per il gruppo. Plateroti spiega in particolare che gli Agnelli potrebbero decidere di creare un nuovo titolo per la Ferrari mantenendone il controllo e cercando così nuovi soci per la FCA – John Elkann, dice Plateroti, ha detto più volte che la sua famiglia sta cercando di uscire dal mercato delle auto – senza essere accusati in Italia di avere “svenduto” la Ferrari. A questo proposito Montezemolo ha solamente detto durante la conferenza stampa di oggi che la Ferrari «avrà un ruolo importante nella imminente quotazione a Wall Street di FCA».
«La Borsa approva la svolta al vertice Ferrari: il titolo Fiat sale di quasi il 2%». I titoli delle agenzie di stampa semplificavano così, ieri, il giudizio della Borsa sull’ormai scontato cambio della guardia nel presidio più importante della galassia del Lingotto.
Scontato non perché annunciato o confermato dalla proprietà, da cui ancora si aspetta una parola sul caso, ma perchè questa è la percezione generale: se la Exor tace la parola di Marchionne è la parola dell’azionista, e tanto basta per il mercato per scommette apertamente non solo su una presidenza dello stesso amministratore delegato della Fiat a Maranello, ma persino su un’accelerazione di alcuni progetti «strategici» per Fiat-Chrysler e per Ferrari che sono stati «strategicamente» chiusi nella cassaforte del Lingotto per più di un anno e di cui importanti banchieri hanno buona conoscenza.
Per il mercato, insomma, la «spettacolarizzazione» della rottura tra i due manager e in particolare della frattura insanabile tra Montezemolo e il ramo dominante degli eredi Agnelli, è stata certamente poco edificante per l’immagine del nostro capitalismo e forse una caduta di stile per quella che era considerata come la «famiglia Kennedy italiana», ma non c’è dubbio che dietro alla brutalità di questo scontro ci sia molto di più di un semplice regolamento di conti tra i rami della famiglia. Fermandosi al giudizio morale, insomma, si rischia di non vedere il disegno industriale e finanziario di fondo, di non cogliere la vera sostanza dei fatti e gli obiettivi che hanno spinto la proprietà ad eliminare l’ultima isola semi-indipendente del gruppo Fiat affidandone la gestione al suo leader indiscusso, Sergio Marchionne.
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foto: Mark Thompson/Getty Images