Cos’è la Commissione europea
È di fatto il governo dell'Europa, oggi il presidente Juncker ne ha assegnato i "portafogli": cosa significa concretamente? Che cos'è l'inquietante "braccio correttivo"?
Mercoledì 10 settembre Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, ha assegnato i portafogli, cioè una sorta di ministero, ai vari membri della Commissione europea. Non si tratta ancora del passo definitivo per l’insediamento della nuova Commissione, che dovrebbe avvenire il primo novembre: adesso il Parlamento europeo dovrà decidere se votarle la “fiducia”, in una maniera non molto diversa da come avviene per i governi nazionali (su questi aspetti torneremo tra poco). Non si tratta dell’unico tratto in comune che ha con i governi “normali”, perché, di fatto, la Commissione Europea è il governo d’Europa.
Che cos’è la Commissione, in breve
Si tratta di uno dei principali organi dell’Unione Europea, previsto dai trattati fondamentali. La Commissione europea è in sostanza l’organo esecutivo dell’UE, rappresenta gli interessi dell’Europa nel suo insieme e propone al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione Europea la legislazione da adottare. Inoltre svolge anche attività di vigilanza sulla corretta applicazione del diritto dell’UE da parte dei paesi membri. Come i governi nazionali, la Commissione europea si assicura che le leggi europee vengano rispettate e i regolamenti vengano messi in pratica.
Una delle attività più importanti della Commissione è quella di proporre leggi. Di fatto la Commissione è l’unico organo autorizzato a proporre leggi alle due “camere” dell’Unione. Le due “camere” sono il Parlamento europeo (quello che abbiamo votato lo scorso maggio) e il Consiglio dell’Unione Europea, un organo dove si riuniscono i ministri dei paesi membri dell’Unione (se si parla di agricoltura si riuniranno i ministri dell’Agricoltura, se si parla di economia si riuniranno i ministri dell’Economia, eccetera). Nel Consiglio dell’Unione Europea i vari ministri votano (grossomodo) in base alla percentuale degli abitanti dei loro paesi sul totale europeo. Attenzione a non confondere il Consiglio dell’Unione Europea con il Consiglio Europeo (lo avevamo spiegato qui: si tratta di un organo sostanzialmente di “indirizzo” formato dai capi di stato e di governo dei paesi dell’Unione).
Come dicevamo, la Commissione è l’unico organo autorizzato a proporre leggi alle due camere. Questa regola serve a garantire che la legislazione dell’Unione sia redatta in maniera coerente: mentre i Commissari cambiano, infatti, rimane una forte continuità tra i tecnici che di fatto scrivono le leggi. Questo non significa che la Commissione decida da sola quali leggi presentare. Con vari tipi di meccanismi, quasi tutte le istituzioni europee hanno il diritto di “raccomandare” alla Commissione europea di preparare una certa legge da sottomettere alle due camere (può farlo il Parlamento, la BCE e possono farlo anche gli stati membri e i singoli cittadini europei). Una volta che la Commissione ha preparato la legge, questa viene sottoposta alle due camere che possono adottarla seguendo una lunga procedura (che trovate sintetizzata in questo semplice schema interattivo).
Il potere esecutivo
Una volta che le leggi sono approvate, la Commissione ha il compito di metterle in atto e di farle rispettare. “Mettere in atto” le leggi significa adottare i regolamenti e le altre misure tecniche che permettono alla legge di funzionare. Per farle rispettare, la Commissione ha il potere di portare gli stati membri davanti alla Corte di Giustizia europea aprendo una “procedura d’infrazione“. Si tratta un procedimento lungo e macchinoso nel quale lo stato riceve diversi avvertimenti, privati e pubblici. Il potere di determinare se lo stato ha violato la legge spetta alla Corte, così come spetta sempre alla Corte, su richiesta della Commissione, comminare una multa allo stato in questione.
Il braccio correttivo
All’interno dei poteri esecutivi rientra anche uno degli aspetti per cui la Commissione è diventata più nota negli ultimi anni: le raccomandazioni sulla disciplina di bilancio (un potere che ha il nome piuttosto inquietante di “braccio correttivo”). Le regole dei bilanci europei (come il famoso 3 per cento del rapporto deficit/PIL che non deve essere superato) fanno parte dei trattati fondanti dell’Unione Europea che la Commissione è tenuta a far rispettare (e per questo è nota anche come “il guardiano dei trattati”). Come per le altre leggi dell’Unione, la Commissione è tenuta ad avvisare i paesi che non rispettano le regole di bilancio e soltanto come ultima risorsa può aprire le cosiddette “procedure per deficit eccessivo” (con “deficit” in questo caso si intende anche “debito” eccessivo: questo meccanismo, infatti, vale anche per il famoso Fiscal Compact). Al termine di una lunghissima procedura (che potete vedere nello schema qui sotto), uno stato membro può essere costretto a pagare una sorta di multa se non ha rispettato le regole di bilancio, ma l’ultima decisione spetta sempre al Consiglio dell’Unione Europea (si tratta quindi di una decisione politica: dove sono i singoli governi dei vari paesi membri a stabilire se uno stato debba o non debba essere sanzionato).
Negli ultimi anni quasi tutti i paesi hanno violato la regola e sono stati oggetti di una procedura per eccesso di deficit (quella contro l’Italia è stata chiusa nel 2013). Attualmente sono aperte undici procedure per deficit eccessivi. La natura politica di questa decisione, la lunghezza della procedura e la flessibilità e le varie “scappatoie” presenti nelle regole che riguardano il bilancio (in particolari quelle sulla riduzione del debito) hanno fatto sì che nessuno stato abbia subito sanzioni economiche in seguito a una procedura per deficit eccessivo.
Come si fa una Commissione europea
La Commissione è formata da 27 “commissari” più un presidente (José Manuel Barroso, al momento, che sarà sostituito da Jean-Claude Juncker il primo novembre). Ognuno dei commissari ha una specifica area di competenza, in maniera simile a quella dei ministri in un governo nazionale (c’è quindi un commissario ai Trasporti, uno alla Giustizia, all’Ambiente e così via). Ogni stato ha diritto a nominare un commissario, tranne il paese che ha nominato il presidente. In questo modo, ogni stato membro dell’Unione ha un rappresentante all’interno della Commissione. I vari rappresentanti vengono indicati dai singoli governi e il presidente della Commissione non ha poteri formali per respingere un commissario, ma può liberamente decidere in quale ruolo collocarlo o, come si dice in gergo, quale “portafoglio” assegnargli (come in un governo “normale” ci sono posti più o meno importanti). Per quanto il presidente abbia completa libertà di assegnare i vari portafogli, quelli più importanti, come per esempio quello di commissario all’Economia, sono oggetto di trattative tra i principali governi europei e i principali partiti che siedono al Parlamento europeo.
La nomina dei Commissari da parte degli stati membri, infatti, è soltanto il primo passo per la formazione della Commissione, il secondo – quello avvenuto oggi – è l’assegnazione dei portafogli. A questo punto, ed è quello che avverrà nelle prossime settimane, i singoli commissari verranno “interrogati” dai membri del Parlamento europeo durante alcune apposite sedute. Il Parlamento non può sfiduciarli singolarmente ma ha il potere di sfiduciare l’intera Commissione, costringendo il presidente a ripresentare una nuova rosa di nomi. Per questo motivo, quando un commissario viene ritenuto inadatto dal Parlamento, in genere si cerca un modo di persuadere lo stato membro che lo ha presentato a sceglierne un altro.
È quello che è accaduto per esempio a Rocco Buttiglione nel 2004. Buttiglione venne nominato dall’allora presidente Berlusconi come candidato italiano alla Commissione e Barroso gli affidò il portafoglio della Giustizia, libertà e sicurezza. Buttiglione venne ascoltato da una commissione del Parlamento europeo che gli chiese spiegazioni per una frase che aveva pronunciato poco tempo prima: «La famiglia esiste per permettere alle donne di avere figli e la protezione di un uomo che si prenda cura di loro». Buttiglione venne anche accusato di avere idee omofobe. Durante la sua audizione si difese, ammorbidendo alcune sue precedenti dichiarazione e affermando: «Come cattolico considero l’omosessualità un peccato, ma non un crimine». La commissione del Parlamento europeo votò 27 a 26 contro la sua nomina a commissario. Il voto contro Buttiglione fece temere che l’intera commissione potesse essere sfiduciata così il governo italiano, allora presieduto da Silvio Berlusconi, venne persuaso a sostituire Buttiglione con un altro candidato, Franco Frattini.