I nuovi attacchi aerei americani in Iraq
Sono avvenuti in un'area che non era mai stata colpita prima, mentre Obama ha dichiarato che è arrivato il momento di «andare all'offensiva» contro lo Stato Islamico
Sabato 6 settembre aerei americani hanno compiuto una serie di attacchi vicino alla diga di Haditha, nella provincia di Anbar, in Iraq. Si tratta dei primi attacchi compiuti nell’area che si trova a circa duecento chilometri da Baghdad. Il dipartimento della Difesa ha annunciato che l’obiettivo degli attacchi era impedire alle milizie dello Stato Islamico di prendere il controllo della diga, considerata strategicamente molto importante. Secondo diversi analisti si tratta di un segnale che l’amministrazione americana intende espandere le sue operazioni contro lo Stato Islamico in Iraq.
Domenica pomeriggio, il presidente americano Barack Obama, ha confermato queste analisi e durante un’intervista alla rete televisiva NBC ha annunciato che intende «andare all’offensiva» contro lo Stato Islamico. Obama ha specificato che non saranno inviate truppe in Iraq, ma che lo Stato Islamico sarà attaccato e sconfitto in collaborazione con la coalizione annunciata venerdì 5 settembre (di cui fa parte anche l’Italia). Il piano delle operazione sarà annunciato in un discorso mercoledì prossimo.
Poche ore prima dell’intervista di Obama, un funzionario americano aveva detto che gli attacchi di sabato sono stati compiuti su richiesta del governo iracheno e hanno permesso alle forze di sicurezza locali, appoggiate da alcune milizie tribali sunnite, di mantenere il controllo della diga. Fino ad ora le operazioni si erano limitate a una serie di attacchi nel nord del paese, intorno al monte Sinjar (dove si erano rifugiate alcune decine di migliaia di membri della minoranza etnico religiosa degli yazidi), vicino al confine del Kurdistan iracheno e intorno alla città di Amerli, che fino a poche settimane fa era circondata dalle milizie dello Stato Islamico.
Gli attacchi aerei americani sono cominciati all’inizio dello scorso agosto e l’amministrazione americana li aveva giustificati con la necessità di proteggere il personale americano che si trovava ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, e con quella di proteggere gli yazidi assediati. L’obiettivo della campagna aerea si era già esteso a metà agosto, quando gli attacchi americani hanno aiutato le milizie curde e le forze speciali irachene a riconquistare un’altra diga, quella di Mosul, nel nord del paese. In tutto, l’aviazione americana ha compiuto 133 attacchi dall’inizio di agosto, ha scritto il Washington Post.
Con questi attacchi, hanno scritto in molti, l’amministrazione americana vuole mostrare che è pronta a colpire lo Stato Islamico in tutto l’Iraq pur di impedirgli di ingrandire il territorio attualmente sotto il suo controllo: oggi l’IS controlla gran parte dell’Iraq settentrionale, a cui si aggiunge la parte occidentale della Siria, dove però non sono ancora avvenuti attacchi aerei. In Siria ad attaccare lo Stato Islamico negli ultimi giorni è stato il regime di Bashar al Assad, il dittatore contro cui nel 2011 è scoppiata la rivolta che ha dato inizio alla guerra civile siriana. Sabato aerei dell’esercito siriano hanno attaccato Raqqa, la “capitale” dello Stato Islamico, uccidendo almeno 25 persone, in gran parte civili in fila davanti a un fornaio.
Intanto nel nord dell’Iraq le milizie curde dei peshmerga hanno continuato ad attaccare le posizione dello Stato Islamico. Sabato un gruppo di miliziani curdi ha conquistato il monte Zartak dopo un combattimento in cui almeno 30 uomini dello Stato Islamico sono stati uccisi. Il monte Zartak si trova in una posizione strategica poco lontano da Mosul, la seconda città dell’Iraq e la principale base dello Stato Islamico nel paese.