In Sierra Leone non si potrà uscire di casa
Da giovedì 18 fino a domenica 21: è una misura drastica, per tentare di arginare l'epidemia di ebola nel paese
Venerdì 5 settembre il governo della Sierra Leone ha annunciato una decisione piuttosto drastica per arginare l’epidemia di ebola che ha colpito lo scorso febbraio diversi stati dell’Africa Occidentale: tutti gli abitanti del paese, ha detto il governo, non potranno uscire di casa per quattro giorni a partire da giovedì 18 settembre. Finora l’epidemia ha provocato la morte di circa 2.100 persone in Sierra Leone, Liberia, Guinea e Nigeria. Un consigliere presidenziale dell’unità speciale allestita per l’emergenza dell’ebola ha detto che il divieto servirà a impedire che la diffusione del virus possa espandersi ulteriormente, e aiuterà gli operatori sanitari a individuare più facilmente e isolare i primi casi di infezione.
Il mese scorso in Liberia, per ragioni simili a quelle che hanno motivato la decisione del governo della Sierra Leone, un intero quartiere vicino la capitale Monrovia era stato isolato per più di una settimana nel tentativo di contenere l’epidemia. Il virus ebola viene contratto dagli esseri umani attraverso lo stretto contatto con animali infetti, tra cui scimpanzé, antilopi e pipistrelli della frutta; si diffonde poi, per via diretta, attraverso il contatto con il sangue e gli altri organi o fluidi corporei (come per esempio la saliva) e, per via indiretta, tramite il contatto con ambienti contaminati. Dato che solitamente il virus causa in breve tempo la morte dell’organismo che ha infettato, i tempi per il contagio sono relativamente brevi, tali da rendere potenzialmente utili iniziative mirate all’isolamento degli organismi infettati.
Il corrispondente di BBC in Africa Occidentale, Thomas Fassy, ha detto che l’efficacia di questo provvedimento in Sierra Leone dipenderà molto dalla volontà della popolazione di rispettare il divieto di uscire di casa per quattro giorni, e che farlo rispettare con la forza da parte delle autorità potrebbe sollevare questioni relative ai diritti umani e provocare contestazioni e dimostrazioni violente. Un consigliere dell’ufficio della presidenza ha riconosciuto che si tratta effettivamente di una misura “aggressiva” ma necessaria.
Intanto venerdì l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha annunciato che due vaccini potenzialmente efficaci potrebbero essere disponibili in Africa Occidentale all’inizio di novembre, e saranno innanzitutto somministrati agli operatori sanitari, ossia le persone maggiormente esposte al rischio di contagio del virus. Per curare i malati, ha annunciato inoltre l’OMS, sarà usato un “cocktail” di sangue prelevato da pazienti sopravvissuti al virus ebola e siero ricavato da quello stesso sangue. Intanto i centri di sperimentazione proseguiranno le ricerche per studiare nuove possibili terapie. I due nuovi vaccini non sono ancora stati sperimentati sugli esseri umani ma nei prossimi giorni – bypassando i normali protocolli per casi del genere, ha detto l’OMS – saranno condotti i primi test su alcuni volontari per verificarne la sicurezza e per controllare le reazioni del sistema immunitario: se i risultati di questi test saranno ritenuti soddisfacenti, i vaccini saranno subito somministrati agli operatori sanitari in Africa Occidentale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha anche annunciato che saranno condotti test più approfonditi e su più vasta scala del farmaco sperimentale “ZMapp”, realizzato da una piccola società farmaceutica americana, e di cui si era molto parlato. Il farmaco era stato utilizzato nei mesi scorsi su sette persone infettate da ebola: tre dei pazienti sono ancora in trattamento, due sono guariti e due sono morti, ma questi casi non sono stati considerati rappresentativi perché limitati e troppo diversi l’uno dall’altro.
Il virus ebola – che causa febbre, vomito, disturbi intestinali e nei casi più gravi emorragie interne – ha un tasso di mortalità molto alto, tra il 50 e l’89 per cento, a seconda del ceppo virale e della salute dell’organismo che prova a infettare. Il tipo che si è diffuso in questi mesi nell’Africa occidentale è lo “Zaïre ebolavirus” (ZEBOV), e ha il più alto tasso di mortalità.
Foto: AP Photo/ Michael Duff