Le nuove regole sulla fecondazione eterologa
Le Regioni hanno stabilito linee guida comuni: la legge 40 che la vietava è stata dichiarata incostituzionale, il governo non ha ancora rimediato (e non lo farà in tempi brevi)
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (cioè l’insieme dei Presidenti delle varie regioni e province autonome) ha approvato un documento per uniformare in tutta Italia le procedure della fecondazione eterologa dopo l’ultima sentenza della Corte Costituzionale che, nell’aprile del 2014, ha stabilito che il divieto dell’eterologa previsto dalla legge 40 del 2004 era incostituzionale. L’accordo delle Regioni rappresenta anche una risposta alla decisione del governo di rinviare al Parlamento (con un allungamento dei tempi) la regolamentazione.
La fecondazione eterologa consiste nel ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta. Si differenzia dalla fecondazione omologa che si verifica quando seme e ovulo provengono dalla coppia stessa. Entrambe sono varianti della fecondazione artificiale o assistita.
Il documento delle Regioni
La Conferenza delle Regioni è stata convocata oggi in via straordinaria dal suo presidente Sergio Chiamparino (presidente della Regione Piemonte) e ha approvato delle linee guida per disciplinare la fecondazione eterologa in modo unitario in tutte le regioni. Prima dell’approvazione, Chiamparino aveva incontrato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin che si era detta favorevole a inserire la fecondazione eterologa nei Livelli essenziali di assistenza e a regolamentarla con un ticket che andrà definito sulla base dei costi. «Ma per farlo» ha spiegato il ministro «serve una legge del Parlamento».
Il documento concordato oggi – che si può leggere qui – e che dovrà ora essere analizzato anche dalla Conferenza Stato-Regioni è molto simile a una delibera già approvata, in modo autonomo, dalla Regione Toscana e prevede:
– che la fecondazione eterologa sia gratuita o sottoposta al pagamento di un ticket, dunque inserita nei Livelli essenziali di assistenza;
– che le donne riceventi non abbiano più di 43 anni e siano cioè in età potenzialmente fertile;
– che tra donatori e riceventi ci sia una «ragionevole compatibilità»: «Non è possibile per i pazienti scegliere particolari caratteristiche fenotipiche del donatore, al fine di evitare illegittime selezioni eugenetiche. In considerazione del fatto che la fecondazione eterologa si pone per la coppia come un progetto riproduttivo di genitorialità per mezzo dell’ottenimento di una gravidanza, il centro deve ragionevolmente assicurare la compatibilità delle principali caratteristiche fenotipiche del donatore con quelle della coppia ricevente».
– per i donatori e le donatrici si prevede un limite massimo di 10 nati per ciascuno o ciascuna. La donatrice dovrà avere tra i 20 e i 35 anni e il donatore tra i 18 e i 40. La coppia che ha già avuto un figlio da eterologa potrà chiedere di avere altri figli con lo stesso metodo e dallo stesso donatore o donatrice;
– prevede anche che siano condotti precisi test ed esami clinici per i donatori e che venga istituito un apposito registro.
– il donatore e la donatrice resteranno anonimi: «La donazione deve essere anonima (cioè non deve essere possibile per il donatore risalire alla coppia ricevente e viceversa). I dati clinici del donatore/donatrice potranno essere resi noti al personale sanitario solo in casi straordinari, dietro specifica richiesta e con procedure istituzionalizzate, per eventuali problemi medici della prole, ma in nessun caso alla coppia ricevente. L’accessibilità alla informazione sarà gestita informaticamente con il controllo di tracciabilità. I donatori/donatrici non hanno diritto di conoscere identità del soggetto nato per nato per mezzo di queste tecniche e il nato non potrà conoscere l identità del donatore/donatrice».
La Legge 40
La legge italiana che norma la procreazione medicalmente assistita (PMA) compresa la fecondazione eterologa è la numero 40. La Legge concluse il suo iter in Parlamento l’11 dicembre 2003 durante il governo Berlusconi ed entrò in vigore l’anno successivo. La legge, smontata in numerose delle sue parti negli anni seguenti, stabilisce che la procreazione medicalmente assistita ha l’obiettivo di «favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana (…) qualora non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le cause di sterilità o di infertilità». Alle tecniche di procreazione assistita possono accedere «coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». Impedisce la fecondazione assistita ai single, alle coppie omosessuali, alle donne meno giovani (ma non precisa l’età fertile), così come vieta la fecondazione post-mortem (del padre).
La legge vieta il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa, vieta la sperimentazione sugli embrioni umani e pone forti limiti alla stessa PMA. L’articolo 14 al comma 2 afferma infatti che non può essere prodotto un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico impianto, tre al massimo, e che tutti gli embrioni prodotti devono essere impiantati contemporaneamente in utero, dunque una sola volta. La legge non vieta esplicitamente l’analisi pre-impianto. Il divieto inizialmente era contenuto nelle linee guida. Nel 2008, in seguito a vari ricorsi, fu cancellato ma non vennero aggiunte precisazioni sulla possibilità di diagnosi. La diagnosi pre-impianto restò dunque solo teorica e il divieto, invece, effettivo dato che la legge 40 obbligava all’impianto “unico e contemporaneo” di tutti gli embrioni prodotti.
Vieta anche la crioconservazione degli embrioni, cioè il congelamento degli embrioni, obbligando la donna a stimolazioni ormonali per ogni tentativo di gravidanza, con conseguenze negative sulla sua salute. Il congelamento permette invece di produrre più embrioni con una sola stimolazione impiantandone subito alcuni e conservando gli altri per eventuali tentativi futuri.
Che cosa resta della Legge 40
Fin dall’inizio la legge e i suoi regolamenti applicativi furono molto criticati e in dieci anni svuotati da molte sentenze e modifiche. Il 12 e 13 giugno 2005 si svolse un referendum promosso dai Radicali e da altre associazioni con quattro quesiti abrogativi che, anche a causa di una imponente campagna antireferendaria, non raggiunse il quorum con un’affluenza alle urne del 25,9 per cento.
Complessivamente ci sono poi almeno 29 sentenze sul testo in generale o su articoli e commi specifici: nel 2009 la Corte Costituzionale dichiarò parzialmente illegittimi i due commi che prevedevano un limite di produzione di embrioni e l’obbligo di un unico impianto; nello stesso anno una sentenza del TAR del Lazio dichiarò illegittimo il divieto di diagnosi pre-impianto. Nell’aprile del 2014, infine, la Corte Costituzionale decise che il divieto di fecondazione eterologa era incostituzionale.
Nel 2012 si pronunciò anche la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e stabilì che la legge 40 violava la Convenzione europea sui diritti dell’uomo all’articolo 8, quello che prevede il diritto di ciascun cittadino al rispetto della propria vita privata e familiare. La Corte europea accolse il ricorso di Rosetta Costa e Walter Pavan, genitori di una figlia di sei anni malata di fibrosi cistica, grave patologia di cui loro erano portatori sani: volendo un secondo figlio e volendo evitare che fosse malato, chiesero di procedere alla fecondazione assistita per poter impiantare un embrione sano e non uno malato. La legge 40, come abbiamo visto, li escludeva dalla possibilità di utilizzare le tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) «per evitare una selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti». Al ricorso della coppia italiana si erano opposti il governo italiano, il Movimento per la Vita e 52 parlamentari del PdL e dell’Udc. Avevano invece appoggiato la causa di Rosetta Costa e Walter Pavan contro la Legge 40, alcune associazioni e altri 60 parlamentari.
Questa, riassumendo, l’attuale situazione della legge:
Divieto di produzione di più di tre embrioni: rimosso con sentenza della Corte Costituzionale 151/2009
Obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti: rimosso con sentenza della Corte Costituzionale 151/2009
Divieto di diagnosi pre-impianto per le sole coppie infertili: rimosso con sentenza del Tar Lazio 2008 (Linee Guida)
Divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche: sentenza di condanna della Corte Europea dei Diritti dell’uomo 29 agosto 2012 nei confronti dell’Italia. Decisione eseguita nell’anno 2013.
Divieto di eterologa: dichiarato incostituzionale dalla Corte l’8 aprile 2014
Divieto di utilizzo degli embrioni per la ricerca scientifica e revoca del consenso: in attesa di udienza in Corte Costituzionale – Udienza Grande Camera Corte Europea dei Diritti dell’uomo 18 giugno 2014
Divieto di accesso alla fecondazione assistita per single e coppie dello stesso sesso: in vigore
Nella storia di questa legge vi furono anche alcuni episodi poco edificanti: nell’aprile 2008, per esempio, l’allora ministro della Salute Livia Turco emanò in un decreto le nuove linee guida alla Legge 40 eliminando il divieto di diagnosi preimpianto sull’embrione, ma il 16 novembre 2011 (e poche ore prima della scadenza del quarto governo Berlusconi) la sottosegretaria alla salute Eugenia Roccella emanò a sua volta nuove linee guida tornando a imporre il divieto.
E il governo?
La sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che la fecondazione eterologa non è più vietata in Italia e che dunque vi si può ricorrere (almeno in linea teorica) da subito. Dopo la sentenza, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva dichiarato che ci si trovava di fronte ad un vuoto normativo, aveva proposto l’approvazione di un decreto in tempi strettissimi (la bozza era pronta) e aveva dichiarato che, in attesa dell’approvazione, la pratica dell’eterologa sarebbe stata bloccata. Ad agosto, poi, il Consiglio dei ministri presieduto da Matteo Renzi ha deciso di rimandare tutta quanta la materia alla discussione parlamentare e all’approvazione dunque di una legge. Lorenzin ha quindi inviato una lettera ai gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione in cui c’era scritto:
«Nella odierna riunione del Cdm è stata esaminata la mia proposta di intervento legislativo urgente per dare attuazione alla sentenza della Corte. Dopo un’approfondita discussione, il Cdm ha condiviso, all’unanimità, la necessità di intervenire in via legislativa, nonché, tenuto conto degli evidenti profili etici che attingono la materia, di rimettere ad un’iniziativa legislativa parlamentare la disciplina dell’eterologa nel nostro ordinamento».
Il rinvio al Parlamento è stato molto contestato e, nel frattempo, è arrivata una nuova sentenza. Il 14 agosto, il tribunale civile di Bologna ha stabilito che si può procedere alla fecondazione eterologa senza altre autorizzazioni dato che «non c’è alcun vuoto normativo dopo la sentenza della Corte costituzionale» che ha cancellato il divieto. Con due ordinanze il tribunale ha infatti accolto il ricorso di due coppie non fertili stabilendo che possano ricevere i trattamenti con gameti di donatori. Oggi, inoltre, in Toscana (che ha approvato una delibera autonoma) sono iniziate le visite di consulenza per le prime coppie che hanno chiesto di effettuare questo tipo di fecondazione.