Ucraina, come siamo arrivati a questo punto
Raccontato in dieci brevi puntate, che cominciano dal 1991
Giovedì 4 e venerdì 5 settembre in Galles (Regno Unito) si tiene un importante incontro della NATO dedicato in primo luogo alla crisi in Ucraina dell’est, che fino a ora ha causato la morte di oltre 2mila persone e obbligato quasi un milione di persone a rifugiarsi nelle regioni occidentali o a est, oltre il confine con la Russia. L’Ucraina non fa parte della NATO, ma prima del summit i principali leader dell’alleanza militare – Barack Obama compreso – si incontreranno con il presidente ucraino Petro Poroshenko, per avere gli ultimi aggiornamenti sul conflitto ed essere aggiornati sulle necessità del paese per affrontare la guerra, iniziata sei mesi fa ma che ha una storia che viene da lontano, e di cui si rischia di perdere il filo.
1. Indipendenza dall’URSS, 1991
Nell’estate del 1991 il parlamento ucraino dichiarò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica, ormai in profonda crisi e prossima alla fine. La decisione venne confermata nell’inverno dello stesso anno con un referendum, in cui il 90 per cento della popolazione si dichiarò favorevole all’indipendenza, insieme alle prime elezioni parlamentari. La Repubblica Socialista Sovietica Ucraina era nata nel 1917 ed era stata uno dei membri fondatori dell’URSS.
2. Viktor Yanukovich, 2004
Nel novembre del 2004 iniziò la cosiddetta “Rivoluzione Arancione” contro i brogli elettorali seguiti alle elezioni presidenziali vinte dal candidato filorusso Viktor Yanukovich, già primo ministro del paese nominato dopo una serie di gravi crisi politiche. Le proteste vennero guidate da Viktor Yushchenko, il candidato dell’opposizione, che ottenne dalla Corte Suprema l’annullamento del risultato elettorale. Il mese seguente Yushchenko vinse le nuove presidenziali, e dopo un tentativo fallito di impugnare il risultato, Yanukovich si dimise da primo ministro. In quel periodo e con quel movimento per l’Ucraina iniziò un processo di avvicinamento all’Occidente e all’Unione Europea, che subì però un rallentamento nel 2010 quando, complice il malcontento per la crisi economica Yanukovich vinse ancora le elezioni presidenziali. La sua vittoria portò a intensi contrasti con il primo ministro Yulia Tymoshenko – già popolare leader delle proteste – che a ottobre 2011 venne arrestata, con una serie di controverse accuse per abuso di potere (è stata liberata, dopo condanne e riabilitazioni, nel 2014).
3. Le proteste a Kiev, fine 2013
Nel novembre del 2013, Yanukovich decise di allentare i rapporti con l’Unione Europea e di rafforzare i rapporti economici e politici con la Russia. Le proteste della parte del paese più favorevole a una posizione “europeista” portarono migliaia di persone a manifestare a Kiev e a chiedere al governo e al presidente di non abbandonare i piani di avvicinamento all’UE e al suo mercato, invano: sotto la guida delle opposizioni, cominciarono a svolgersi praticamente ogni giorno manifestazioni a Kiev, con l’occupazione di piazza Indipendenza e di alcuni uffici governativi. Da fine novembre la polizia cominciò repressioni violente, sgomberi e arresti, con scontri e feriti. E alcuni dei manifestanti cominciarono ad organizzarsi in resistenze spesso altrettanto violente.
A metà dicembre 2013, Yanukovich si accordò con il presidente russo Vladimir Putin su una serie di aiuti e alleanze economiche e commerciali: ne derivò una nuova serie di grandi proteste di piazza, che portarono ad altri scontri con la polizia. Il parlamento ucraino reagì approvando una serie di leggi molto restrittive sulle manifestazioni. A fine gennaio 2014 almeno due persone vennero uccise dalla polizia durante le manifestazioni.
4. Il caos e la fuga di Yanovich, inizio 2014
In mezzo a un inverno freddissimo di scontri continui, a fine gennaio il primo ministro Mykola Azarov si dimise, le leggi restrittive sulle manifestazioni vennero ritirate e a metà febbraio tutti i manifestanti arrestati furono rilasciati. Molti edifici governativi occupati a Kiev e in altre aree dell’Ucraina vennero abbandonati. Il 18 febbraio ripresero però gli scontri di piazza, con i manifestanti che chiedevano il ritorno alla costituzione antecedente alle modifiche effettuate nel 2004: in una situazione divenuta quasi una guerra civile tra popolazione ucraina e russa o filorussa, il 20 febbraio il bilancio era di 88 morti, molti uccisi da cecchini. A fine febbraio Yanukovich sparì dall’Ucraina, denunciando un colpo di stato, e il parlamento decise la rimozione del presidente e nuove elezioni da tenersi a maggio. Olexander Turchynov fu indicato dal parlamento come presidente ad interim, il leader dell’opposizione Arsenj Yatsenyuk diventò primo ministro, e venne emesso un ordine di cattura per Yanukovich.
5. La Crimea russa, marzo 2014
Il traumatico cambiamento di linea politica interna ed europea scontentò soprattutto le parti del paese a maggioranza di popolazione russa: a fine febbraio uomini armati filorussi occuparono gli edifici governativi in Crimea, la Russia appoggiò a parole le rivendicazioni, e secondo molte accuse anche nei fatti. A metà marzo la Crimea approvò l’annessione alla Russia con un referendum.
6. La guerra in Ucraina dell’est, aprile 2014
Dopo la Crimea, ribelli filorussi armati cominciarono a combattere e a occupare i palazzi governativi di diverse città dell’Ucraina orientale come Donetsk, Kharkiv e Luhansk, chiedendo un referendum per l’indipendenza, e diventò evidente il coinvolgimento della Russia in loro appoggio. Gli scontri e i combattimenti durano da allora, in un contesto di sempre maggiori tensioni internazionali tra la Russia e i paesi dell’Occidente intervenuti con minacce e sanzioni economiche in difesa degli interessi dell’Ucraina.
7. Le elezioni in Ucraina, maggio 2014
A fine maggio si sono tenute le elezioni presidenziali in Ucraina – ma nella parte orientale del paese è stato praticamente impossibile votare – che hanno eletto Petro Poroshenko, il quale poco dopo ha firmato un nuovo accordo di integrazione con l’UE, mentre i paesi occidentali accusavano sempre di più la Russia di coinvolgimento attivo nella guerra e la Russia negava.
8. MH17, 17 luglio 2014
Dopo che i ribelli filorussi, intensamente armati, avevano abbattuto diversi aerei ed elicotteri militari ucraini, il 17 luglio scorso il volo di linea MH17 di Malaysia Airlines con 298 persone a bordo, tra le quali 80 bambini, è precipitato nel territorio controllato dai separatisti. La strage ha riportato grande attenzione da parte della comunità internazionale sulla guerra in Ucraina: indagini statunitensi hanno concluso che l’aereo è stato abbattuto da un missile fornito dalla Russia e sparato dai ribelli, forse diretto a un altro obiettivo. A fine luglio i paesi occidentali hanno annunciatao una nuova serie di durissime sanzioni economiche contro aziende e privati russi.
9. La guerra nel sud, agosto 2014
A fine agosto l’esercito ucraino – mentre la guerra proseguiva con avanzate e arretramenti dei fronti – ha annunciato di avere fermato una decina di soldati russi, che stavano pattugliando un’area all’interno del confine dell’Ucraina: la Russia ha ammesso il fatto, sostenendo che i soldati avessero sconfinato “per errore”. Ma i separatisti hanno aperto nuovi fronti a sud-est che potrebbero consentire alla Russia una via di comunicazione via terra con la Crimea, che si trova geograficamente isolata dal territorio russo pur essendo stata annessa.
10. Tregua-non-tregua, 3 settembre 2014
La mattina del 3 settembre, Poroshenko ha annunciato di avere raggiunto una “tregua di lungo periodo” in Ucraina dell’est dopo una lunga telefonata con Putin. Il governo russo si è affrettato a dichiarare che il presidente non ha concordato nessuna tregua, perché “non è parte in causa nel conflitto”. Il comunicato della presidenza ucraina è stato quindi modificato, facendo riferimento in modo più generico alla possibilità di una tregua, ma manca la posizione in merito dei separatisti filorussi. Poche ore dopo, Putin ha presentato una bozza di piano in sette punti per affrontare la crisi in Ucraina e arrivare a una tregua: un giorno prima dell’inizio di un importante vertice NATO in Galles (Regno Unito), nel quale si discutono i provvedimenti da assumere per tutelare gli interessi dell’Alleanza e quelli dell’Ucraina.