La complicata situazione del Golan
Una zona con una difficile storia al confine con la Siria impensierisce di nuovo Israele (e non si sa niente di quaranta militari ONU catturati da al Qaida)
Le alture del Golan tra Israele, Siria, Giordania e Libano – uno dei territori maggiormente contesi di tutto il Medio Oriente – negli ultimi giorni sono tornati al centro dell’attenzione dei media internazionali che parlano del rischio di un nuovo conflitto tra Siria e Israele (o meglio, di un allargamento della guerra civile siriana in territorio israeliano).
Che cosa sta succedendo
Gli scontri intorno al confine tra Siria e Israele vicino alle alture del Golan sono cominciati mercoledì scorso, quando i miliziani vicini ad al Nusra sono riusciti a conquistare la città di Quneitra. Al Nusra è un’organizzazione di fondamentalisti islamici affiliata ad al Qaida che opera in Siria contro il governo di Bashar al Assad ed è una rivale dello Stato Islamico (IS), movimento che si è invece separato da al Qaida ed opera nella parte occidentale della Siria e in Iraq. Durante questi combattimenti 75 militari dell’ONU di nazionalità filippina sono stati attaccati in due diverse basi che si trovano in Siria al confine con Israele, proprio vicino alle alture, e dopo circa 24 ore di assedio sono riusciti a fuggire. I miliziani avevano circondato le basi venerdì scorso, due giorni dopo aver catturato altri 44 o 45 “caschi blu” delle Fiji in un’altra base ONU nella zona.
Le truppe dell’ONU al confine tra Siria e Israele fanno parte della missione UNDOF, disposta nella zona dal 1974 per garantire il cessate il fuoco firmato all’epoca tra Siria e Israele.
Di questi 44 o 45 militari delle Fiji non si hanno però più notizie. Sabato 30 agosto, in un comunicato pubblicato online, i militanti di al Nusra hanno rivendicato il sequestro e pubblicato una foto che mostra i caschi blu in uniforme.
#جبهة_النصرة: بيان حول احتجاز 45 من قوات الأمم المتحدة لمراقبة فض الاشتباك “#UNDOF” http://t.co/FOfKQ0hPY5 pic.twitter.com/MCZigXRIpb
— جبهة النصرة (@JabhtAnNusrah) 30 Agosto 2014
Il gruppo di al Nusra ha detto che gli uomini dell’ONU si trovano in un luogo sicuro e che sono in buone condizioni di salute. Non ha presentato richieste o condizioni per il rilascio dicendo però che il loro sequestro è un’azione di rappresaglia contro l’ONU che ha pensato a proteggere Israele, che ha ignorato «il quotidiano spargimento di sangue dei musulmani in Siria» e che ha facilitato l’esercito di Assad nel «colpire i musulmani vulnerabili attraverso una zona cuscinetto sulle alture del Golan». La rivolta contro il presidente Bashar al Assad è iniziata nel marzo del 2011 e, finora, ha causato la morte di 191mila persone: la “forza di pace” dell’ONU è responsabile solo del monitoraggio della frontiera israelo-siriana e non ha alcun mandato a intervenire nella guerra civile in Siria.
Lunedì 1 settembre dice Reuters, in quelle stesse zone si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito siriano e i ribelli di al Nusra (sempre più vicini al confine con Israele) e un colpo di mortaio siriano ha colpito un kibbutz situato nelle alture settentrionali del Golan, nella parte israeliana del territorio. Domenica, inoltre, le autorità israeliane hanno riferito che le loro difese aeree hanno intercettato e abbattuto un drone che proveniva dalla Siria e che sorvolava lo spazio aereo controllato da Israele sul Golan vicino al valico di Quneitra.
Le alture del Golan
Il Golan è un altopiano molto fertile che si estende per circa 1.800 chilometri quadrati tra Israele, Siria, Giordania e Libano. Fin dall’antichità è stato al centro di dispute e scontri militari, conquiste arabo-islamiche e crociate. Aveva infatti un grande rilievo strategico per la sua posizione dominante che permetteva il controllo delle rotte commerciali che collegavano Damasco con i porti della Palestina settentrionale. E rappresentava, proprio come oggi, una zona molto ricca di risorse idriche. Dal 1922 faceva parte del mandato francese sulla Siria e dagli anni Quaranta dello Stato siriano divenuto indipendente. Nel 1967, in seguito alla guerra dei Sei giorni, le alture vennero conquistate da Israele.
La guerra dei Sei giorni fu combattuta da Israele contro Egitto, Giordania e Siria e iniziò il 5 giugno del ’67 con un attacco aereo a sorpresa da parte di Israele, che in breve tempo occupò la Striscia di Gaza e la penisola del Sinai – poi restituita all’Egitto – la Cisgiordania e Gerusalemme Est, che si trovavano in Giordania, e la alture del Golan appartenenti alla Siria. Nel 1973, durante la guerra dello Yom Kippur combattuta sempre a causa della contesa sui confini del ’67 tra Siria, Egitto ed Israele, la Siria cercò di riconquistare le alture, ma fu sconfitta insieme ai suoi alleati egiziani.
Nel 1974 tre quarti della sua area rimase sotto controllo israeliano, mentre il rimanente fu restituito alla Siria. Fu costruita una recinzione sul confine e infine fu creata tra le forze occupanti israeliane e l’esercito siriano una zona di sicurezza che da allora rimase sotto il controllo dei reparti ONU dell’UNDOF (United Nations disengagement observer force) che mantengono il loro quartier generale a Quneitra, capitale del Golan siriano, riconsegnata da Israele alla Siria. Questi nuovi territori non sono mai stati riconosciuti dalla comunità internazionale che con due risoluzioni ha invece chiesto a Israele di ritirarsi. La restituzione è al centro anche di un difficile negoziato tra Damasco e Tel Aviv che è di fatto fermo dal 2000 e che è stato complicato da due leggi approvate dal parlamento israeliano nel 2010: la prima prevede di dare una serie di incentivi economici a chi sceglie di abitare negli insediamenti ebraici delle alture; la seconda stabilisce che un eventuale accordo di pace che preveda il ritiro dall’altopiano debba essere ratificato da una maggioranza qualificata di due terzi della Knesset e che, se la maggioranza non viene raggiunta, debba svolgersi un referendum.
E ora?
Il quotidiano israeliano Haaretz spiega che gli episodi degli ultimi giorni non vanno né sottovalutati né considerati in modo isolato ma inseriti in un contesto più ampio. Potrebbero insomma avere conseguenze dirette su Israele e potrebbero complicare ulteriormente la situazione dei due paesi. In passato, il regime di Assad è riuscito ad allontanare le forze ribelli di al Nusra dalla zona di Quneitra dopo che queste ne avevano preso temporaneamente il controllo, ma farlo, questa volta, si sta rivelando più difficile: l’esercito siriano infatti è spinto sempre più a nord nella fascia di confine rappresentata dalle alture, nella zona cioè del Monte Hermon e della città drusa di Khader, controllata da una milizia che vede il regime di Assad favorevolmente; i ribelli di al Nusra controllano invece tutte le zone a sud di Quneitra, fino al confine con la Giordania.
A tutto questo si deve aggiungere il ruolo sempre meno influente delle forze delle Nazioni Unite. La scorsa settimana il governo delle Filippine aveva già annunciato per ottobre il ritiro del suo contingente in Siria a causa dei crescenti pericoli per la sua sicurezza. Altri paesi potrebbero seguirne l’esempio. Attualmente, circa 1200 caschi blu di Fiji, India, Irlanda, Nepal, Paesi Bassi e Filippine si trovano disposti in una serie di basi lungo gli ottanta chilometri di confine tra i due paesi.
Le autorità di Israele hanno detto di non prevedere un pericolo immediato. Israele, negli ultimi due anni, ha migliorato i propri rapporti (e dunque rafforzato la propria presenza) con gli abitanti dei villaggi subito ad est del confine: ha anche aperto un ospedale da campo nelle vicinanze dove centinaia di siriani feriti sono stati quotidianamente curati. Il valico, in particolare, è inoltre controllato da un’alleanza di altri gruppi di ribelli piuttosto moderati che non sono interessati ad un confronto diretto con Israele. Tuttavia, gli ultimi eventi – e l’ipotesi di un’alleanza tra gruppi ribelli siriani e libanesi che nelle ultime settimane hanno ripreso i combattimenti a meno di 150 chilometri dal confine con Israele – potrebbero trasformare la situazione: la preoccupazione più immediata, per Israele, potrebbe essere lo sconfinamento dei combattimenti nel suo territorio. Per questo, la recinzione di confine è stata riparata e rafforzata, i controlli sulle alture del Golan sono stati intensificati e i militari solitamente schierati nella zona sono stati sostituiti da un corpo speciale addestrato a combattere nelle zone di confine.