A Gaza manca l’acqua
Almeno metà del sistema idrico è stato distrutto dalle bombe di Israele: iniziano a diffondersi malattie e infezioni, e ora sono ferme anche le riparazioni
Gli abitanti della Striscia di Gaza stanno vivendo in una grave carenza d’acqua, dopo che i bombardamenti israeliani hanno seriamente danneggiato la centrale elettrica e le infrastrutture di depurazione. Nella Striscia vivono circa 1,7 milioni di persone, di cui 1,2 milioni sono profughi ospitati in campi gestiti dalle Nazioni Unite e in rifugi di emergenza. Una delle conseguenze più gravi della mancanza d’acqua è un primo focolaio di malattie della pelle e altre infezioni, che sono destinate a diffondersi dopo che gli attacchi tra Israele e le milizie della Striscia di Gaza sono ricominciati martedì scorso, quando il lancio di tre razzi dalla Striscia ha interrotto una tregua che era in vigore da una settimana.
(La vita a Gaza, in un’infografica)
A causa dei danni ai pozzi, a Gaza sta arrivando circa la metà dell’acqua fornita in condizioni di normalità. La fornitura di energia elettrica è invece migliorata leggermente, dopo che i cavi ad alta tensione che erano stati danneggiati sono stati riparati durante la tregua, ma resta limitata a sei ore al giorno. Durante il cessate il fuoco di una settimana, i tecnici hanno lavorato per riparare anche le infrastrutture che servono per la fornitura d’acqua, mentre diverse organizzazioni guidate dalle Nazioni Unite e dalla Croce Rossa hanno continuato a distribuire bottiglie e serbatoi nelle scuole trasformate in rifugi per gli sfollati, il cui numero supera le 275 mila persone. Altri 115 mila sfollati vivono con amici o parenti, in appartamenti vuoti, magazzini, negozi e persino nei parchi pubblici e tutti hanno lamentato la carenza d’acqua dicendo di aver usato quella in bottiglia almeno per lavare i bambini.
La Palestinian Water Authority, l’ente pubblico responsabile della gestione delle risorse idriche in Palestina, ha detto che 11 pozzi e due impianti di depurazione sono stati completamente distrutti dai bombardamenti, mentre 15 pozzi e quattro impianti di depurazione sono stati distrutti solo parzialmente. Ventinove chilometri di gasdotto sono stati distrutti e 17 chilometri danneggiati. Così solo circa la metà del sistema idrico è funzionale; anche le parti funzionanti prendono l’acqua solo una volta ogni cinque giorni secondo quanto ha riferito Ewash, una coalizione di organizzazioni umanitarie internazionali specializzata in sistemi idrici e igienico-sanitari. Infine, quasi tutte le reti locali di acque reflue sono state distrutte, causando la fuoriuscita di liquami per le strade e nelle case. Durante il cessate il fuoco i tecnici hanno effettuato 11 grandi riparazioni a pozzi e oleodotti, ma la ripresa dei combattimenti non ha fatto che rallentare sia i lavori di riparazione che la distribuzione di acqua.
Quella dell’acqua è una questione piuttosto complicata a Gaza, anche in tempi di normalità: oltre il 90 per cento dell’acqua nella Striscia è infatti non potabile. La principale fonte di acqua di Gaza è la falda acquifera costiera (utilizzata anche da Israele) e questo ha portato negli anni a un eccessivo e costante pompaggio che ha abbassato il livello delle acque sotterranee e contribuito a contaminare l’acqua della falda acquifera con infiltrazioni saline. Un altro problema è la mancanza di un adeguato sistema di trattamento delle acque reflue. Molti non sono collegati a un sistema di depurazione e utilizzano pozzi neri che a loro volta contaminano le falde acquifere.
I combattimenti nella Striscia di Gaza erano cominciati lo scorso 8 luglio, quando Israele aveva iniziato una serie di bombardamenti in risposta al lancio di razzi. Dopo alcune settimane, l’esercito israeliano era entrato nella Striscia con lo scopo ufficiale di distruggere i tunnel verso Israele. I combattimenti di terra erano durati fino ai primi giorni di agosto, quando l’esercito aveva dichiarato di aver distrutto tutti i tunnel e si era ritirato sulle sue posizioni di partenza. Circa 2.000 palestinesi sono morti in un mese di combattimenti, mentre nello stesso periodo sono stati uccisi 66 israeliani, di cui due civili.