Le armi chimiche siriane sono state distrutte
È il risultato dell'accordo di 10 mesi fa: la guerra però va avanti e sta diventando sempre più una faccenda tra governo e ribelli estremisti
Lunedì 18 agosto il dipartimento della Difesa statunitense ha detto che tutti i componenti per la fabbricazione di armi chimiche appartenute al governo siriano – e dichiarati dal governo siriano – sono stati distrutti. Il complicato lavoro di individuazione e smaltimento degli agenti chimici – svolto per lo più dagli ispettori dell’Organizzazione Mondiale per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) – era iniziato lo scorso 2 ottobre, dopo un accordo raggiunto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il New York Times ha definito il completamento di questo processo «un raro successo per il presidente Barack Obama, in un periodo in cui il Medio Oriente è coinvolto in grosse violenze e crisi politiche».
Il piano di distruzione delle armi chimiche
L’accordo sulla distruzione delle armi chimiche siriane era stato raggiunto dopo il primo uso massiccio di questo tipo di armi nella guerra siriana, il 21 agosto 2013: nelle prime ore di quel giorno militari fedeli al presidente siriano Bashar al Assad avevano bombardato alcuni quartieri orientali di Damasco che si trovavano sotto il controllo dei ribelli, usando missili contenenti agenti chimici tossici. L’attacco, nel quale erano rimasti uccisi oltre mille civili, aveva portato a più ampie discussioni sull’uso di armi chimiche in Siria presso il Consiglio di Sicurezza, il cui risultato era stato un accordo tra stati occidentali e Russia, sostenitrice di Assad, per la distruzione delle armi chimiche siriane. Nel lungo processo che ne è seguito sono state distrutte 1.300 tonnellate di agenti chimici. Alcuni di questi nel corso degli ultimi mesi sono transitati anche per l’Italia, dal porto di Gioia Tauro: le autorità italiane hanno aiutato a trasportare 600 tonnellate di agenti chimici sulla Cape Ray, nave militare americana dove è avvenuto il grosso del processo di smaltimento.
Obama ha detto che la distruzione delle armi chimiche – completata diverse settimane oltre le scadenze che l’OPAC si era inizialmente data – «porta avanti il nostro obiettivo collettivo di assicurarci che il regime di Assad non usi il suo arsenale chimico contro la popolazione siriana, e di mandare un messaggio molto chiaro che l’uso di queste armi ripugnanti ha conseguenze e non sarà tollerato dalla comunità internazionale». Il governo siriano, comunque, ha trovato altri modi nel corso dei mesi per attaccare i ribelli e la popolazione civile: nell’aprile del 2014 l’OPAC ha annunciato l’inizio di alcune indagini su presunti attacchi al cloro che l’esercito avrebbe compiuto in diverse zone del paese. Alcuni di questi attacchi sembra fossero stati compiuti con l’utilizzo di barili bomba: cilindri che vengono riempiti con materiale esplosivo come il tritolo e di altri oggetti che nella detonazione vengono sparati fuori come proiettili.
Come sta andando la guerra in Siria
In Siria, intanto, la violentissima guerra cominciata oltre tre anni fa sta proseguendo. Per come si sono messe le cose negli ultimi mesi, sembra che la guerra stia diventando sempre di più una faccenda tra esercito governativo e fazioni più estreme dei ribelli, in particolare il Fronte al-Nusra (rappresentante di al Qaida in Siria) e lo Stato Islamico (gruppo estremista prima conosciuto come ISIS di cui si sta parlando molto per la sua avanzata in Iraq). Per capire quanto sia complicata la situazione: due settimane fa Charles Lister, uno dei più autorevoli esperti di cose siriane, ha scritto che presto potrebbe aprirsi il nono fronte di guerra in Siria, quello tra al-Nusra e i ribelli più moderati.
La situazione dei ribelli moderati in particolare è molto critica: ad Aleppo, una città strategicamente molto importante in cui si combatte dai primi mesi della guerra in Siria, i ribelli si trovano a dover fare la guerra su due fronti – a nord con lo Stato Islamico e a sud con i soldati di Assad – e potrebbero presto dover lasciare la città. Poco più di una settimana fa Hillary Clinton, ex segretario di Stato e possibile candidata democratica alle prossime elezioni presidenziali americane, aveva criticato direttamente la riluttanza dell’amministrazione Obama di armare i ribelli moderati: questa scelta, ha detto Clinton, ha causato l’indebolimento del fronte più moderato che combatte Assad, lasciando campo libero ai gruppi estremisti.