Le proteste in Pakistan
Migliaia di persone sono in piazza da tre giorni per chiedere le dimissioni del primo ministro eletto un anno fa: a guidarli c'è il popolarissimo ex campione di cricket Imran Khan
I deputati del partito Pakistan Tehrik-i-Insaaf (PTI), guidato dal popolarissimo ex campione di cricket Imran Khan, hanno fatto sapere che intendono dimettersi dall’Assemblea nazionale per forzare il primo ministro Nawaz Sharif a lasciare a sua volta l’incarico e indire nuove elezioni. Da tre giorni migliaia di persone sono riunite a Islamabad, capitale del Pakistan, per chiedere le dimissioni del premier, accusato di brogli alle elezioni parlamentari dello scorso anno. Le proteste antigovernative sono guidate proprio da Imran Khan e da Muhammad Tahir-ul-Qadri, fondatore e presidente del partito Pakistan Awami Tehreek (PAT, Movimento del popolo pakistano). Entrambi i leader hanno guidato due marce separate partite giovedì 14 agosto da Lahore e arrivate dopo circa 300 chilometri a Islamabad, dove le proteste sono poi continuate senza interruzioni. La capitale è tuttora presidiata da 30 mila militari e poliziotti.
Secondo il ministero dell’Interno pakistano nella capitale sono presenti 10 mila manifestanti, ma alcuni media locali hanno parlato di un numero che si avvicina al doppio. Imran Khan ha chiesto ai suoi sostenitori di portare avanti una disobbedienza civile, di smettere di pagare le tasse e le bollette: «Dobbiamo decidere cosa fare con Nawaz Sharif. Non possiamo permettere che questo regime ingiusto continui». Ha anche detto che presto non sarebbe più stato in grado di controllare la folla e di mantenere l’accordo che aveva stabilito con il governo e che prevedeva di non entrare nella cosiddetta zona rossa di Islamabad, l’area cioè in cui si trovano la casa del primo ministro, diverse ambasciate e gli edifici governativi.
Nawaz Sharif è a capo del partito conservatore Pakistan Muslim League – Nawaz (PML-N), erede del partito indipendentista fondato da Muhammad Ali Jinnah nel 1906. Si tratta di una forza conservatrice conosciuta per avere stabilito un “rapporto privilegiato” con gli estremisti islamici del paese. Nawaz Sharif, già primo ministro del Pakistan per due volte, aveva vinto le elezioni nel maggio del 2013: elezioni considerate di importanza storica perché per la prima volta, in un paese segnato da una grave instabilità politica, un governo civile era riuscito a completare un intero mandato e a passare i poteri a un altro esecutivo.
Il ritorno di Sharif e del suo partito a capo della maggioranza politica nell’Assemblea Nazionale avevano però rappresentato un notevole ritorno al passato: l’ex primo ministro era stato infatti deposto nel 1999 da un colpo di Stato da parte del generale Pervez Musharraf, e successivamente processato e incarcerato. Il partito di Khan, in quelle stesse elezioni, aveva ottenuto circa la metà dei voti del partito di Sharif e aveva sostenuto che la votazione era stata falsata da brogli e cospirazioni.
Diversi analisti politici sostengono però che la protesta di Khan non porterà a nulla. Il suo partito, apprezzato in passato per aver promosso idee innovative per il paese, sta ora prendendo una deriva puramente critica con il solo obiettivo di voler conquistare il potere: «Non c’è una conseguenza logica per quello che Imran Khan sta facendo», ha commentato per esempio Babar Sattar, avvocato ed editorialista pakistano. «Questi fatti stanno seriamente minando la credibilità del PTI come partito serio, capace di accompagnare il Pakistan verso lidi più sicuri». «Questa non è una repubblica delle banane», ha poi dichiarato il ministro dell’Interno Chaudhry Nisar Ali Khan, che ha anche spiegato che il governo tenterà comunque oggi, lunedì 18 agosto, di proseguire i colloqui con i due leader della protesta per cercare di trovare un accordo.