La “pausa cena”
Nuove tecnologie e nuove professioni stanno estendendo per molte persone l'orario di lavoro anche alle sere, di nuovo davanti al computer
Un articolo sull’ultimo numero del settimanale BusinessWeek descrive uno dei molti cambiamenti che le tecnologie hanno portato nei modi in cui lavoriamo e viviamo, già familiare a molte persone anche in Italia: il traboccamento delle ore di lavoro anche nelle fasce serali, e l’abitudine a riprendere posizione davanti al computer anche la sera, “magari dopo essersi cambiati con qualcosa di più comodo, aver messo a letto i bambini e aperto una bottiglia di vino”.
Nelle estese analisi sulle nuove abitudini di vita degli abitanti delle società digitalizzate si è scritto molto della connessione permanente, della fine dei giorni festivi, delle vacanze mai del tutto “off”: ma un grande cambiamento è avvenuto anche sulla fascia di riposo quotidiana, quella che va dalla fine dell’orario di lavoro tradizionale al momento di dormire. Da una parte è stata occupata da attività di svago che hanno sempre a che fare con computer e apparecchi connessi, che per esempio hanno in questi anni sottratto grandi porzioni di uso alla televisione, o vi si sono associati. Per molte persone, oggi si torna al computer dopo cena come prima si accendeva la televisione (magari ancora per vedere “la televisione”, oppure no).
Da un’altra parte, la fluidità del lavoro ha reso sempre più consueto che la cena diventi una “pausa cena” in tutto e per tutto simile alla “pausa pranzo”.
I principali fattori di questo cambiamento, spiega BusinessWeek, sono la maggiore diffusione di lavori autonomi o puntuali in cui prevale la realizzazione di singoli incarichi o progetti che possono essere compiuti anche fuori da un luogo di lavoro, su un orario di lavoro prefissato in una sede stabilita. Il principale disincentivo alla tentazione di riprendere a lavorare dopo cena sono le relazioni con gli altri, impegni familiari o coinvolgimenti sentimentali: per questo il lavoro serale riguarda di più i single o i giovani delle nuove generazioni, per alcuni dei quali un precoce lavoro motivante può abituare a questo come prassi normale. Ma non ne sono esenti i membri di famiglie per i quali la pressione del lavoro sia particolarmente intensa, ancora di più se riguarda entrambi i genitori. Ma, scrive BusinessWeek, per questi ultimi c’è anche una questione di competizione con i colleghi più giovani che spesso sono rimasti a lavorare in ufficio più a lungo senza dovere rientrare a casa dalla famiglia, o per andare a prendere i bambini a scuola.
Un altro fattore che incentiva il lavoro serale è che questo dà spesso l’occasione di portare a termine impegni e questioni in condizioni molto più favorevoli: in molti casi, fuori dalla pressione delle ore lavorative ufficiali, dalle perdite di tempo di riunioni, telefonate, mail e impicci più vari, nella quiete e concentrazione serale di casa propria, si realizzano e producono risultati molto più efficacemente. Su una scala maggiore, influiscono anche la competizione internazionale con imprese e attività che lavorano su fusi orari diversi dal proprio, e la maggiore insicurezza data dalla crisi economica, che genera maggiori ansie da risultato.
Le controindicazioni sono quelle note a ogni ricerca sull’eccesso di lavoro: stress emotivi legati alla complicazione dei rapporti personali, rischi di peggioramento dell’alimentazione con una progressiva maggior trascuratezza della cena, e fatica fisica vera e propria. Ma un’esperta di management della Texas University sentita da BusinessWeeek spiega che ci sono anche effetti positivi, come la gratificazione del lavoro compiuto, spesso vissuto come un risultato extra proprio perché compiuto in orari extra. Lo stesso autore dell’articolo racconta di dormire meglio quando ha smaltito un lavoro, prima di andare a letto.
foto: Alex Wong/Getty Images