Fa un certo effetto vedere in che modo sono stati i costruiti i siti governativi di ciascun paese nel mondo: con le dovute proporzioni, se Internet fosse una città, i siti ufficiali del governo potrebbero rappresentare gli edifici delle rispettive ambasciate. Ce ne sono alcuni abbandonati e decadenti come quelli del Congo e del Brunei – squadrati, con font e colori di fondo che adesso consideriamo obsoleti – e altri colorati, pomposi e un po’ goffi, come quello di Santa Lucia. Nel mezzo, alcuni estremamente minimali come quelli del Regno Unito e della Nuova Zelanda.
Alcuni siti raccontano già qualcosa del proprio paese, appena ci entri: che sia l’immagine del sultano in primissimo piano (in Oman), o una vaga tristezza formale (più o meno tutti i siti dell’area ex sovietica). Sarebbe interessante, inoltre, scoprire quali storie hanno dietro quelli fatti peggio, e poi abbandonati, o quelli fatti meglio (e poi abbandonati anch’essi): chissà chi li ha commissionati, cosa si aspettava, quanto sono serviti, perché sono stati fatti proprio in quel modo: il link alle esportazioni in alto a sinistra, un’immagine della spiaggia più bella nel footer, un messaggio di benvenuto che termina col punto esclamativo.