La Finlandia dopo Nokia
Le cose non vanno bene: la disoccupazione è in aumento e le prospettive per il futuro non sono buone (c'entra anche la Russia)
La scorsa settimana Bloomberg Businessweek ha raccontato la storia di Jouni Lindman, un ex manager di Nokia, la più grande società di tutta la Finlandia e una delle principali società di telecomunicazioni al mondo. Lindman cominciò a lavorare per Nokia al momento di massimo splendore della società: nel 1998, quando Nokia fatturava una cifra pari al 4 per cento del PIL del paese. Dieci anni dopo le cose cambiarono velocemente. Nel 2007 Apple introdusse l’iPhone e le fortune della società cominciarono a girare. Nel giugno del 2013 Lindman ha accettato un accordo per lasciare il suo posto di lavoro. È soltanto uno dei 75.000 lavoratori la società è stata costretta a licenziare negli ultimi anni.
La situazione di Nokia è in parte lo specchio di quella di tutto il paese. Oggi la Finlandia è un paese che non ha ancora recuperato il crollo del PIL subito con la crisi del 2009. Il 2014 sarà un altro anno di stagnazione o forse di un’ulteriore recessione (sarebbe il terzo anno di seguito per il paese). Le grandi industrie del paese hanno subito i danni maggiori dalla crisi. Non soltanto Nokia con tutto il suo indotto, ma anche la seconda grande industria del paese: quella della carta. La crisi della stampa in tutto il mondo ha causato un calo degli ordinativi e dei prezzi, danneggiando Stora Enso e UMP, le due più grandi società produttrici di carta in Europa. A giugno la disoccupazione è salita al 9,2 per cento, dal 7,8 dell’anno precedente (in Italia è attorno al 12 per cento).
In questa situazione, Lindman ha impiegato poco a capire che sarebbe stato molto difficile trovare un lavoro che potesse garantirgli uno stipendio simile a quello che guadagnava in Nokia. Così ha preso una patente per la guida di mezzi pesanti ed è diventato un autista di autobus. «La mia carriera lavorativa durerà ancora circa 20 anni e sono disposto a scommettere che in questo periodo continuerà a esserci bisogno di autisti», ha raccontato a Businessweek. Ha anche aggiunto che se sua moglie riuscisse a trovare un lavoro, probabilmente la sua famiglia potrebbe tornare a guadagnare quasi quanto prima della crisi. La sua è una storia simile a quella di Jari-Pekka Teurajärvi, un informatico che ha lavorato 12 anni per Nokia.
Lo scorso settembre la società ha compiuto una mossa storica e ha venduto il suo comparto di telefonia mobile a Microsoft per circa 5 miliardi di euro. La decisione ha consentito a Nokia di tornare a fare profitti, concentrandosi sullo sviluppo di brevetti e di reti per telecomunicazioni. Con questa operazione Teurajärvi, che lavora allo sviluppo degli smartphone, è diventato un dipendente di Microsoft. A luglio però la società ha annunciato il taglio di 18.000 dipendenti in tutto il mondo: tra cui 1.100 in Finlandia, il 20 per cento di tutti i suoi dipendenti nel paese. Tra i settori che saranno chiusi c’è anche quello in cui lavora Teurajärvi. «Ho almeno altri 30 anni di lavoro davanti a me. Posso davvero crearmi una seconda carriera. Devo solo decidere cosa fare e dove farlo», ha raccontato.
Tutti questi licenziamenti hanno causato un aumento considerevole nei costi per i sussidi di disoccupazione. Nel 2013 la Finlandia ha pagato circa quattro miliardi di euro in sussidi, un aumento del 17 per cento rispetto al 2012 e il livello più alto dal 1990. In media un disoccupato finlandese riceve un sussidio di 67 euro al giorno. In più ci sono molti fondi che aiutano i disoccupati nella formazione per poter intraprendere nuove carriere. Esistono anche diversi programmi per aiutarli a creare nuove imprese: uno di questi è stato organizzato proprio da Nokia per i suoi ex dipendenti e negli ultimi due anni ha portato alla nascita di 400 nuove imprese.
In altre parole, nonostante la crisi, la Finlandia ha una serie di ammortizzatori sociali che funzionano ancora piuttosto bene. Le prospettive però restano piuttosto incerte: se il rischio di recessione non è più così grave come un paio di anni fa, la crisi tra Russia e Ucraina potrebbe avere conseguenze molto gravi per il paese. La Russia infatti è uno dei principali partner commerciali della Finlandia, che sta già subendo i danni peggiori a causa dell’embargo ai prodotti alimentari europei e americani proclamato dalla Russia (ne avevamo parlato qui). Fino a pochi giorni fa, il 50 per cento del pesce surgelato e dei prodotti caseari finlandesi veniva esportato in Russia. Anche se non ci saranno ulteriori sanzioni da parte russa, la situazione potrebbe comunque peggiorare. Secondo Juhana Brotherus, un economista intervistato da Businessweek, le due economie sono così interdipendenti che se l’attuale crisi dovesse danneggiare seriamente l’economia russa «allora non ci sarà niente al sicuro, nemmeno nella nostra».