L’assedio degli yazidi in Iraq è finito
Gli attacchi aerei americani e quelli terrestri dei curdi hanno permesso a decine di migliaia di persone di scappare, ma continuerà il lancio di aiuti umanitari
Il dipartimento della Difesa statunitense ha confermato che l’assedio degli yazidi – minoranza etnico-religiosa di lingua curda – sul monte Sinjar, nel nord dell’Iraq, “è stato interrotto”: gli attacchi aerei americani cominciati venerdì scorso e le operazioni sul terreno delle forze curde hanno permesso a decine di migliaia di yazidi di aprirsi un corridoio per lasciare le montagne senza essere costretti a tornare a Sinjar, la città che undici giorni fa è finita sotto il controllo dello Stato Islamico, gruppo estremista sunnita prima conosciuto come ISIS. L’evacuazione degli yazidi comunque non è ancora terminata, e in migliaia si trovano ancora sul monte Sinjar: la situazione però, hanno detto gli Stati Uniti, è molto meno grave rispetto a qualche giorno fa.
Martedì poco più di una decina di marines e membri delle forze speciali statunitensi erano arrivati sul monte Sinjar per valutare la situazione. Dopo avere ricevuto anche conferme dalle forze speciali, il segretario della Difesa Chuck Hagel ha detto che una missione americana di salvataggio degli yazidi rimasti sul monte Sinjar è «adesso molto meno probabile», perché la loro situazione non è più così grave. A quanto sembra, quindi, non ci sarà alcun ritorno di forze di terra americane in Iraq, come inizialmente ipotizzato dall’amministrazione americana. Gli Stati Uniti dovrebbero comunque continuare a lanciare aiuti umanitari alla popolazione anche nei prossimi giorni e l’evacuazione delle ultime migliaia di yazidi dovrebbe essere facilitata dal nuovo intervento dei Peshmerga, la milizia curda che risponde al governo regionale del Kurdistan Iracheno a Erbil.
Mercoledì anche Francia, Regno Unito e Germania hanno detto di voler aumentare i loro aiuti umanitari agli yazidi ancora intrappolati sul monte Sinjar. Il governo francese, che nel 2003 si era opposto all’invasione americana dell’Iraq, ha detto che manderà armi ai combattenti curdi per combattere lo Stato Islamico. Il primo ministro britannico David Cameron ha detto che a fianco degli aiuti umanitari il suo governo potrebbe anche inviare ai curdi munizioni provenienti dell’Europa orientale. Anche la Germania ha garantito un coinvolgimento maggiore nella crisi irachena, dicendo che avrebbe mandato “aiuti non-letali” ai curdi – quindi camion pesanti, giubbotti anti-proiettile e tende.
La situazione in Iraq rimane molto critica: i miliziani dello Stato Islamico continuano a combattere contro i curdi nel nord del paese, senza che finora nessuno dei due gruppi sia riuscito a imporsi nettamente sull’altro. Nel frattempo a Baghdad, la capitale irachena, prosegue la crisi di governo iniziata lo scorso aprile, quando si sono svolte le ultime elezioni parlamentari che però non sono state seguite dalla formazione di un nuovo governo. Lunedì 11 agosto, comunque, il presidente dell’Iraq, il curdo Fuad Maum, ha chiesto al vicepresidente del parlamento, lo sciita Haider al-Abadi, di formare un nuovo governo: al-Abadi ha ancora 27 giorni per riuscirci, e sostituire così l’attuale primo ministro Nuri al-Maliki, che nelle ultime settimane ha perso l’appoggio di tutti quelli che fino a poco tempo fa l’avevano appoggiato (gli Stati Uniti, l’Iran, il suo stesso partito, le milizie sciite e l’esercito).
Intanto le Nazioni Unite stimano che circa 1.200 iracheni sono stati costretti a lasciare le proprie case e si trovano ora in campi profughi o in rifugi di fortuna. Funzionari curdi hanno detto che solo nella provincia di Dohuk, nell’Iraq settentrionale, ci sono circa 150mila sfollati, un numero altissimo rispetto alla popolazione locale.