L’uomo che vuole comprare tutti i vinili del mondo
Un imprenditore brasiliano ha accumulato per anni una gigantesca collezione di dischi: ora vuole trasferirli in un archivio pubblico
Paul Mawhinney è un ex proprietario di un negozio di dischi a Pittsburgh, in Pennsylvania, negli Stati Uniti. Possedeva fino all’anno scorso circa tre milioni di dischi musicali in vinile, accumulati negli ultimi quarant’anni, ma ha passato buona parte degli ultimi venti a cercare qualcuno che si occupasse della sua collezione. Riuscì a venderli solo quando trovò quello che il New York Times definisce “l’uomo che vuole comprare tutti i vinili del mondo”, ma prima fece degli altri tentativi.
Negli anni Novanta si accordò per venderli a una società di e-commerce, ma poi questa non rispettò l’accordo per via della cosiddetta “bolla delle dot-com” (una crisi che interessò molte nuove società che avevano a che fare con Internet e la new economy, per via dell’eccessiva valutazione che avevano ricevuto). Mawhinney contattò anche la biblioteca del Congresso statunitense, ma non se ne fece niente. Nel 2008 Mawhinney riuscì a vendere la sua collezione su eBay per circa tre milioni di dollari, ma venne fuori che l’account dell’acquirente era stato violato. Nel 2013, infine, un amico gli mostrò una pubblicità pubblicata su un numero della rivista musicale Billboard. L’annuncio diceva:
COLLEZIONI DI DISCHI: COMPRIAMO ogni collezione di dischi. Di qualsiasi genere musicale. Paghiamo DI PIÙ rispetto a chiunque altro.
Mawhinney rispose all’annuncio. Come racconta il New York Times, «nell’autunno dello stesso anno, otto camion si presentarono al suo magazzino, a Pittsburgh, e se ne andarono trasportando i suoi dischi. Mawhinney non incontrò mai chi li aveva acquistati».
Una cosa simile a quella sperimentata da Mawhinney è accaduta negli anni ad altri collezionisti di dischi. Il giornalista Monte Reel ha scritto per il New York Times Magazine un lungo articolo riguardo la persona che comprò i dischi di Mawhinney e di molti altri.
Dall’inizio
Zero Freitas ha 62 anni ed è il capo di un’azienda di trasporto privato che gestisce alcune rotte nella periferia di San Paolo, la più estesa città del Brasile. Negli ultimi vent’anni ha acquistato milioni di dischi da altri collezionisti – fra cui Mawhinney – e negozi musicali. Scrive il New York Times:
La sua ossessione per i dischi, racconta, è legata ad alcuni ricordi della sua infanzia: e cioè all’impianto stereo che suo padre comprò quando lui aveva cinque anni e ai duecento dischi che il venditore allegò all’impianto. Nel 1964 poi, quando era un ragazzo, Freitas acquistò il suo primo disco, una nuova uscita: era “Canta à la Juventud” di Roberto Carlos, che sarebbe diventato uno dei cantanti più famosi del Brasile. Alla fine delle superiori Freitas possedeva già circa tremila dischi.
Dopo aver studiato composizione musicale all’università, cominciò a occuparsi dell’azienda di famiglia, una società privata di bus di San Paolo. Quando Freitas aveva circa quarant’anni la società si espanse e lui diventò piuttosto ricco: poco tempo dopo si separò dalla moglie e iniziò a comprare dischi in maniera ossessiva.
Non è chiaro quanti dischi possieda: il New York Times riporta che possano essere «svariati milioni». Come riportato dal suo annuncio su Billboard, Freitas sembra apprezzare qualsiasi tipo di musica: vergognandosene un po’, ha detto che i veri collezionisti cercano dei dischi in particolare, oppure si limitano ad un certo genere musicale. Come scrive Reel, però, Freitas invece «odia mettere filtri ai propri acquisti». Possiede quindi musica un po’ di tutti i tipi, con qualche caso particolare: per esempio ha stimato di possedere la quasi totalità dei dischi registrati a Cuba, fra i quali ne possiede circa 100 mila (alcuni suoi collaboratori scherzano che l’isola stia emergendo dal mare, grazie al fatto che quei dischi siano stati portati via da Cuba). Un giorno Allan Bastos, uno dei suoi collaboratori, gli riferì di aver trovato una collezione di circa 15mila dischi di musiche per ballare la polka, un tipo di danza diffuso nell’Europa orientale che deriva dai balli popolari. Freitas chiese al suo collaboratore di controllare se all’interno della collezione fossero presenti certi artisti che conosceva. Bastos ne fu molto stupito, e ha spiegato che Freitas dispone di «un’incredibile conoscenza di ogni genere musicale».
Poiché spesso acquista intere collezioni, però, Freitas si ritrova spesso col possedere molte più copie dello stesso disco. Bastos racconta che una volta disse a Freitas: «ok, hai dieci copie dello stesso disco: vendiamone quattro o cinque!». Freitas gli rispose, però, che «ognuna di quelle copie era diversa». È stato stimato che circa il 30 per cento del suo archivio è composto di doppioni, fra cui 1793 copie di “Canta à la Juventud” di Roberto Carlos, il suo primo disco.
Lo scopo di Freitas è anche conservare musica che altrimenti sparirebbe, poiché spesso non è stata digitalizzata. Bastos ha raccontato che in posti come il Brasile, Cuba e la Nigeria, fino all’80 per cento della musica presente su dischi e registrata a partire dalla seconda metà del Novecento non è mai stata digitalizzata. «Il vinile è un materiale molto resistente: se tu lo metti in posizione verticale e lontano dal sole, in un ambiente a temperatura controllata, può resistere praticamente per sempre».
Il sistema
Per trovare e acquistare dischi, Freitas si serve di una rete internazionale di collaboratori, che lo contattano nel caso in cui scoprano materiale che possa interessargli. I collaboratori di Freitas sono stati in moltissime città negli Stati Uniti, in Sud America e in Africa: Allan Bastos si è appena trasferito in Francia, dove cercherà dischi per lui. Una volta effettuato l’acquisto, i dischi vengono spediti in un magazzino di San Paolo di circa 2300 metri quadrati, la cui funzione principale sarebbe in realtà quella di contenere l’attrezzatura della seconda società di Freitas, che affitta amplificatori e luci per concerti.
Nel magazzino, dodici stagisti assunti da Freitas si occupano di catalogare la sua collezione. Attualmente gli stagisti riescono a calcolare circa 500 dischi al giorno. Freitas ha calcolato che per catalogare la sua intera collezione ci vorranno «probabilmente vent’anni»: ma solo nel caso in cui lui stesso smetta di comprare nuovi dischi, cosa che al momento non è prevista. Fra giugno e novembre del 2013, per esempio, sono arrivati in magazzino più di una dozzina di container lunghi circa 12 metri, ognuno dei quali conteneva circa 100mila dischi appena comprati. Freitas ha infatti spiegato di non riuscire a smettere di comprare dischi: «è da quarant’anni che vado in terapia per cercare di spiegarmi perché lo faccio».
Cosa se ne farà?
Nel 2012 Bastos portò Bob George, un collezionista musicale statunitense, a visitare la collezione di Freitas. George fu molto colpito dall’enormità della sua collezione, ma soprattutto dal suo atteggiamento: Freitas, infatti, non ha mai pubblicizzato la sua collezione e ha spesso cercato di proteggere la sua identità (una volta, quando acquistò l’archivio di un famoso negozio di dischi di Rio de Janeiro, fece circolare la voce che il materiale era stato acquistato da un collezionista giapponese). Fino ad allora, inoltre, non aveva mai voluto vendere nessun disco fra quelli in suo possesso.
George ha detto al New York Times che Freitas gli ricordava William Randolph Hearst, l’imprenditore statunitense che ispirò Quarto Potere di Orson Welles, noto per avere accumulato una grossa quantità di opere d’arte che ospitava nella sua casa privata, allargandola di volta in volta per fare spazio ai suoi nuovi acquisti. George ha ricordato di aver chiesto a Freitas «che senso ha possedere questa collezione se non puoi farci qualcosa o condividerla con qualcuno?».
Lo stesso George, nel 1985, aveva trasformato la propria collezione di 47mila dischi in un archivio pubblico, chiamato ARChive of Contemporary Music: oggi l’archivio comprende circa 2,2 milioni fra dischi, CD e registrazioni, e negli anni ha ricevuto donazioni di artisti come David Bowie e Keith Richards, oltre ad aver collaborato con la Columbia University. Freitas quindi, su modello di quanto fatto da George, sta oggi progettando di costruire un proprio archivio pubblico, che per ora ha soprannominato Emporium Musical: una volta che avrà convertito la sua collezione privata in un’associazione no profit, trasferirà i suoi dischi in un altro posto, dove avrà sede l’Emporium. Racconta il New York Times:
Lo immagina come una sorta di biblioteca, con postazione per ascoltare la musica fra migliaia di scaffali. Per quanto riguarda i doppioni della collezione, le persone potranno anche portarseli a casa.