A chi fa male l’embargo sui cibi in Russia?
Alle pere belghe, al latte finlandese e alle salsicce lituane: un po' anche all'Italia, ma soprattutto agli stessi cittadini russi
Da questa settimana e per il prossimo anno in Russia sarà piuttosto difficile mangiare parmigiano italiano, salsicce tedesche, bere latte polacco o assaggiare pere belghe. Da giovedì, infatti, è iniziato l’embargo che si è imposto la Russia verso la frutta, i vegetali, la carne, il pesce, il latte e i prodotti caseari importati da Stati Uniti, Unione Europea, Australia, Canada e Norvegia – ossia i paesi che hanno deciso sanzioni economiche nei confronti di persone vicine al governo russo. Si tratta, in altre parole, di una vera e propria rappresaglia commerciale non da poco: l’Unione Europea esporta il 5 per cento dei suoi prodotti alimentari in Russia che a sua volta compra il 30 per cento del suo cibo dall’Unione Europea. Come hanno scritto diversi giornali, è una escalation con cui il governo russo cerca di non mostrarsi intimidito dalle sanzioni internazionali.
La situazione in Italia
Negli ultimi giorni diverse associazioni di categoria hanno avvertito del pericolodell’embargo per l’economia italiana. La Confederazione italiana agricoltori ha scritto che le esportazioni italiane in Russia valgono circa un miliardo di euro l’anno (700 milioni secondo la Coldiretti). In realtà, secondo i dati dell’International Trade Center, sembra che la cifra più probabile sia intorno ai 500 milioni di euro l’anno (dall’embargo sono infatti esclusi vino e altri alcolici che valgono da soli più di duecento milioni di euro): una cifra non eccessiva se messa a confronto con il valore dell’intera economia italiana: circa 1.500 miliardi di euro.
Le aziende italiane che rischiano di essere più danneggiate sono quelle con un elevato volume di commercio con la Russia. Una frazione molto ridotta della pasta e dei prodotti cerealicoli prodotti in Italia finisce in Russia, ma nel settore caseario la situazione è diversa. Senza contare che ci sono singole aziende che sono molto esposte nei confronti della Russia. Ad esempio Cremonini – l’azienda alimentare che tra gli altri possiede il marchio Montana – è fornitore della catena McDonald’s in Russia. L’embargo russo potrebbe essere una perdita di opportunità, più che la fine di un mercato importante: i produttori di Grana Padano, per esempio, sostengono che l’embargo danneggerà i loro sforzi di promozione nel mercato russo, dove però ammettono che la cultura del formaggio stagionato non si è ancora molto diffusa.
Chi se la passa peggio
I paesi davvero nei guai sono Lituania, Finlandia e Polonia, che hanno fortissimi legami economici con la Russia. La Finlandia spedisce in Russia quasi la metà di tutti i suoi prodotti caseari e del suo pesce surgelato. Lituania e Polonia esportano percentuali simili di prodotti caseari, di frutta e verdura. I produttori polacchi, in particolare, sono preoccupati perché non possiedono le infrastrutture di trasporto necessarie a vendere a qualcun altro: «La Russia è il nostro unico mercato», ha detto uno di loro.
La situazione è particolarmente difficile per i settori più piccoli che dipendono quasi completamente dalla Russia e la cui stagione di vendita si sta avvicinando. L’embargo russo, ad esempio, potrebbe danneggiare molto i produttori di pere belgi, che esportano in Russia il 40 per cento del loro prodotto per un valore di circa 100 milioni di euro l’anno. Come ha raccontato al Wall Street Journal un agricoltore belga: «La nostra unica speranza è che i consumatori europei mangino più pere del solito».
Per quanto alcuni paesi e alcune categorie saranno molto danneggiati, difficilmente l’embargo avrà un impatto particolarmente dannoso per l’economia europea nel suo complesso. Le esportazioni alimentari dell’Unione Europea di frutta e vegetali in Russia valgono ogni anno circa tre miliardi di euro su un totale di più di 120 miliardi di esportazioni di altri prodotti. Si tratta di numeri non particolarmente impressionanti di fronte alla dimensione globale dell’economia dell’Unione Europea: circa 18 mila miliardi.
E la Russia?
Complessivamente l’effetto più probabile dell’embargo sui consumatori europei sarà un calo nel prezzo di diversi prodotti alimentari. Come mostra chiaramente un grafico elaborato da Quartz, i prezzi di frutta e vegetali erano già in calo da diversi mesi. Avere i magazzini pieni di frutta e verdura che non si può più vendere a nessuno porterà probabilmente ad un ulteriore abbassamento dei prezzi (sempre che non vengano varate misure di aiuto ai settori agricoli da parte dell’Unione Europea).
In Russia le cose non vanno così bene ed è probabile che il prezzo più alto dell’embargo sarà pagato proprio dai cittadini russi. L’industria russa sarà in grado di sopperire alla mancanza delle importazioni per alcuni prodotti, in particolare per il latte e gli altri prodotti caseari. Carne e vegetali potranno essere importati dal Sudamerica, ma comprare carne dall’Argentina comporta spese di trasporto molto superiori rispetto ad acquistarla in Lituania. Nei prossimi mesi è molto probabile che i prezzi dei beni alimentari in Russia crescano del 5-10 per cento, mentre alcuni cibi diventeranno semplicemente introvabili.
Where some of the nice hard cheeses used to be at my supermarket. Staff now frantically trying to fill shelf w/ crap. pic.twitter.com/ruf1x6Hu98
— Natalia Antonova (@NataliaAntonova) 7 Agosto 2014