Niente equo compenso nel Regno Unito
Il Parlamento ha stabilito che i sistemi di compensazione per la copia privata sono "inefficienti, ingiusti e una complicazione burocratica, nonché uno svantaggio per chi già paga per un contenuto”
Seppure con qualche difficoltà, governo e Parlamento del Regno Unito stanno completando la complessa revisione delle leggi sul diritto d’autore per aggiornarle e renderle più adatte alle novità portate dal digitale. A fine luglio il Parlamento ha approvato una serie di eccezioni per quanto riguarda la possibilità di fare copie di opere protette dal diritto d’autore per uso personale, stabilendo che i cittadini britannici non dovranno pagare preventivamente un “equo compenso”, come invece avviene in Italia, per le copie che effettueranno per uso privato.
Il sottosegretario che si occupa delle politiche sulla proprietà intellettuale, Lucy Neville-Rolfe, ha spiegato durante una seduta in Parlamento che i sistemi di “equo compenso” per le copie private sono “inefficienti, ingiusti e una complicazione burocratica, nonché uno svantaggio per chi già paga per un contenuto”.
Copia privata ed equo compenso
Per capire che cosa significa la decisione assunta dal Parlamento britannico, occorre fare qualche passo indietro (se siete cintura nera sull’argomento potete andare oltre). In diversi paesi europei – tra cui l’Italia con una recente contestata decisione del ministro dei Beni e delle attività culturali, Dario Franceschini, sostenuta dalla SIAE (la società che fa da intermediario per i diritti d’autore) – a chi compra un dispositivo tecnologico viene richiesto un contributo come “indennizzo” sulla copia privata delle opere protette dal diritto d’autore. Semplificando: poiché con il digitale è diventato molto più semplice fare una copia di una canzone o di un film da un dispositivo a un altro, si è deciso che una certa cifra sia data ai proprietari del diritto d’autore già al momento dell’acquisto del dispositivo che permette di fare le varie copie, prima ancora che siano acquistati i loro contenuti (e prima ancora di sapere o provare che l’utente intende copiare quei contenuti).
In Italia
La cifra, cioè l’equo compenso, è determinata sulla base di diversi criteri, primo tra tutti la capacità della memoria dei dispositivi in vendita, come riproduttori di mp3 o lettori di video. In Italia si è discusso molto di questo sistema perché le cifre stabilite per l’equo compenso sono molto alte e in diversi casi possono superare i 20 euro per dispositivi con una capacità di memoria sopra i 160 GB. Come era prevedibile, e inevitabile secondo la maggior parte degli osservatori, molti produttori hanno deciso di scaricare il costo dell’equo compenso quasi totalmente sui consumatori, aumentando il prezzo dei loro prodotti: se non lo avessero fatto, i loro margini di guadagno sarebbero diminuiti sensibilmente, soprattutto per alcuni tipi di prodotti sui quali la stretta concorrenza impone di mantenere prezzi ridotti.
A fine luglio, polemicamente e provocatoriamente, la SIAE ha ipotizzato di vendere direttamente i prodotti di Apple acquistandoli all’estero, per evitare l’aumento dei prezzi decisi dalla società in seguito all’applicazione dell’equo compenso per la copia privata. La SIAE si è spinta oltre, andando ad acquistare una ventina di iPhone in Francia, dove a detta sua l’equo compenso non ha comportato rincari per i consumatori, e distribuendo in seguito gli smartphone gratuitamente ad alcune associazioni benefiche. L’azione dimostrativa è stata criticata da diversi osservatori ed esperti di politiche legate alla rete e al diritto d’autore, come Guido Scorza, che ha ricordato come peraltro la SIAE abbia di fatto versato ad Apple “oltre 15 mila euro” acquistando gli iPhone in Francia “sottraendosi dunque al pagamento del compenso per copia privata e delle tasse in Italia”.
Niente equo compenso nel Regno Unito
Ritenuto inefficace e ingiusto, nel Regno Unito si è quindi deciso di non applicare il sistema dell’equo compenso per la copia privata. La revisione delle leggi sul diritto d’autore permetterà ai cittadini britannici di copiare e riprodurre musica, video, ebook e gli altri prodotti coperti da copyright senza particolari limiti, a patto che le copie da un dispositivo a un altro siano per uso strettamente personale. Questo significa che non si potranno fare copie di mp3 o di film per i propri amici o per i propri parenti. Sarà inoltre consentito eseguire copie su qualsiasi tipo di dispositivo, materiale come può esserlo un hard disk esterno e meno tangibile come un sistema per salvare i dati online (cloud).
La revisione delle leggi sul copyright nel Regno Unito era attesa da tempo, anche perché fino a ora le vecchie regole impedivano praticamente qualsiasi tipo di copia dei contenuti protetti dal diritto d’autore. Era per esempio vietato copiare le canzoni contenute in un CD attraverso la loro conversione in mp3 per l’ascolto su dispositivi digitali come un iPod. Nella pratica questa regola era inevitabilmente disattesa, ma aveva portato comunque a qualche contenzioso legale in passato.
Le nuove regole sulla copia privata sono state approvate il 29 luglio scorso dal Parlamento britannico ed entreranno in vigore a partire dal prossimo 1 ottobre. Oltre alla possibilità di copiare liberamente i contenuti su più dispositivi per uso personale, la legge stabilisce che si potranno usare le cose protette da copyright per produrre parodie e fare satira senza l’esplicito permesso di chi ne detiene i diritti, a patto che l’uso sia “equo e proporzionato”. Infine, è stato allargato il limite per la lunghezza delle citazioni di contenuti altrui, a patto che sia sempre citata e chiara la loro proprietà.
Le modifiche stabilite dal Parlamento e dal governo nel Regno Unito erano state anticipate in un documento, molto semplice e chiaro, messo a disposizione dei cittadini britannici lo scorso marzo. In Italia, il ministero dei Beni e delle attività culturali è stato criticato per non avere comunicato con sufficiente tempestività, e trasparenza, le nuove regole legate all’equo compenso per la copia privata.