Le promesse del Regno Unito alla Scozia
Cameron, Miliband e Clegg promettono maggiore autonomia in caso di vittoria del No al referendum sull'indipendenza; stasera l'atteso dibattito in tv tra sostenitori delle due posizioni
Il prossimo 18 settembre si terrà in Scozia un temuto referendum per decidere l’indipendenza politica della regione dal Regno Unito. Secondo i sondaggi pubblicati a fine luglio, negli ultimi mesi la distanza tra i “sì” – cioè gli elettori a favore dell’indipendenza – e i “no” – cioè gli elettori contrari all’indipendenza – si è ridotta. Il divario tra le due posizioni è ancora piuttosto cospicuo (51 a 39) ma la tendenza è stata interpretata come un’indicazione positiva per i sostenitori dell’indipendenza.
Visto poi l’alto numero di indecisi (500 mila elettori e elettrici), entrambe le parti negli ultimi mesi hanno cercato di dare concretezza e solidità all’idea rispettivamente di restare o staccarsi dal Regno Unito. Il Partito Nazionalista Scozzese – di orientamento socialdemocratico e indipendentista – ha per esempio presentato a giugno una bozza della Costituzione; David Cameron, primo ministro del Regno Unito, ha firmato un accordo con il leader laburista Ed Miliband e il vice primo ministro esponente del partito liberal democratico Nick Clegg, che prevede la concessione di nuovi e maggiori poteri e autonomie al governo scozzese se vincerà il “no” al referendum.
L’impegno di Cameron fa seguito alla dichiarazione congiunta di giugno dei leader dei tre principali partiti della Scozia contrari l’indipendenza – Johann Lamont del partito laburista, Ruth Davidson dei conservatori e Willie Rennie dei liberaldemocratici – che avevano promesso agli scozzesi di ottenere nuove importanti competenze in materia fiscale e di welfare, in caso di vittoria dei “no”. Il portavoce degli indipendentisti ha però reagito dicendo che si tratta di un inganno guidato dal governo di Westminster sulla base di «vaghe promesse».
La notizia dell’accordo è arrivata qualche ora prima dell’atteso dibattito televisivo tra Alistair Darling (ex ministro laburista, anti indipendentista) e Alex Salmond (primo ministro scozzese, socialdemocratico, sostenitore dell’indipendenza), che si svolgerà stasera alle 20 e che potrebbe essere decisivo nel determinare le scelte degli elettori ancora incerti. Darling attaccherà probabilmente Salmond sull’ipotesi di una moneta scozzese, che molti vedono come il tratto più fragile e pericoloso dell’intero progetto degli indipendentisti, mentre il primo ministro darà probabilmente la colpa della recente recessione al Regno Unito.
Il referendum per l’indipendenza si terrà il 18 settembre. Il quesito a cui gli elettori potranno rispondere sarà: “Siete d’accordo che la Scozia diventi una nazione indipendente?”. Il governo locale della Scozia, promotore del referendum, aveva insistito per dare ai cittadini la possibilità di scegliere una forma di autonomia radicale ma senza la completa indipendenza, un’ipotesi che avrebbe attratto molti elettori; il Regno Unito era contrario e ha permesso solo un referendum secco sull’indipendenza. Se alla fine dovessero vincere i “sì” la Scozia diventerebbe indipendente dal Regno Unito il 24 marzo del 2016, ma manterrebbe la regina Elisabetta come capo di Stato.
foto: un gruppo di volontari del comitato per il No. (Getty Images)