La riforma del Senato va avanti
Sono stati approvati gli articoli sui senatori di nomina presidenziale, sul vincolo di mandato, sull'immunità e sulle indennità, tra le proteste del Movimento 5 Stelle
Lunedì 4 agosto in Senato è ripresa la discussione sul disegno di legge per la riforma costituzionale, che tra le altre cose prevede proprio il cambiamento delle funzioni del Senato, per andare oltre il cosiddetto “bicameralismo perfetto” in cui senatori e deputati, alla Camera, hanno sostanzialmente le stesse funzioni. Sono stati approvati durante le votazioni alcuni articoli molto discussi nei giorni scorsi e che cambiano sensibilmente il modo in cui è organizzato e funziona il Senato. Ci sono state proteste e il Movimento 5 Stelle ha lasciato l’aula, contestando i modi in cui è stato accelerato e ridotto il dibattito sui vari provvedimenti. La Lega Nord ha fatto altrettanto.
L’articolo 3 – approvato con 184 sì, 12 no e 11 astenuti – prevede che il presidente della Repubblica possa nominare cinque senatori, la cui carica potrà durare al massimo 7 anni e non potrà essere rinnovata.
L’articolo 4 – approvato con 184 voti a favore, 14 no e 9 astenuti – modifica l’articolo 60 della Costituzione eliminando la parola “Senato” dal testo. In questo modo si sancisce la durata della sola Camera, l’unica che rimane eletta direttamente.
L’articolo 5 – approvato con 188 sì, 14 contrari e 7 astenuti – stabilisce limiti e incompatibilità dei senatori con eventuali cariche amministrative locali già assunte.
L’articolo 8 – approvato con 194 sì, 10 no e 4 astenuti – conferma l’assenza di vincolo di mandato per i parlamentari come previsto dalla Costituzione, che con l’articolo 67 stabilisce che i parlamentari eletti sono liberi di esercitare le loro funzioni senza essere obbligati a votare come dice loro il partito con cui sono stati eletti: qui avevamo spiegato più estesamente che cos’è il vincolo di mandato.
Sono poi stati bocciati tutti gli emendamenti aggiuntivi sull’immunità, che quindi resterà per i senatori come è già adesso: nelle settimane scorse era stato uno dei temi più dibattuti con numerose polemiche, spesso strumentali.
L’articolo 9 – approvato con 193 sì, 9 no e 8 astenuti – prevede che solo i deputati possano accedere a una indennità. I senatori non riceveranno quindi una loro indennità, semplificando possiamo considerarlo un pezzo dello stipendio.
Il Senato ha inoltre approvato gli articoli 6 e 7 del disegno di legge sulle riforme, per modificare gli articoli 68 e 69 della Costituzione (su indennità e prerogative dei parlamentari) in modo che facciano solo riferimento alla Camera e non al Parlamento in generale, quindi a entrambe le aule.
Il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, Vito Petrocelli, ha spiegato che il suo partito non ha partecipato alle votazioni in aula perché “questa porcata non merita la nostra partecipazione”.
I tempi in Senato per le discussioni e le votazioni sono stati molto stretti perché rimane l’obiettivo di concludere entro l’8 agosto, data in cui dovrebbero fermare i lavori per la pausa estiva. Nella serata di lunedì, il Senato ha inoltre avviato la discussione generale della riforma della pubblica amministrazione e il ministro Marianna Madia non ha escluso la possibilità che sia posta la questione di fiducia, per accelerare i tempi come si è fatto alla Camera.