L’incidente nel golfo del Tonchino
Avvenne oggi, 50 anni fa, quando una nave che aveva sparato al niente – ai «pesci volanti», disse Johnson – causò l'inizio della guerra del Vietnam
Poco prima delle 22.30 del 4 agosto del 1964, gli schermi dei radar a bordo del cacciatorpediniere della marina americana USS Maddox si accesero segnalando la presenza di numerose imbarcazioni. La nave si trovava nel Golfo del Tonchino, a largo della costa nordvietnamita, per una missione segreta. Pochi istanti dopo l’allarme, gli addetti al sonar confermarono che i loro strumenti avevano individuato l’eco di navi nemiche. Il comandante diede l’ordine di aumentare la velocità e di raggiungere i posti di combattimento. Pochi minuti dopo il Maddox aprì il fuoco. La nave continuò a sparare e manovrò bruscamente per evitare i siluri che i marinai di vedetta gridavano di aver avvistato fino all’una di notte, quando l’azione venne interrotta.
Il primo rapporto dell’azione fu trionfale: il comandante della nave segnalò che numerose imbarcazioni nordvietnamite avevano teso un agguato al Maddox, ma non erano riuscite a mettere a segno nemmeno un colpo. Secondo il comandante due navi nordvietnamite erano stata affondate nell’azione. Dell’incidente parlarono i giornali di tutto il mondo. Il presidente Lyndon Johnson accusò il governo nordvietnamita di aver compiuto una vera e propria aggressione nei confronti degli Stati Uniti. Pochi giorni dopo il Senato americano approvò la prima legge che consentiva al presidente Lyndon Johnson di aumentare la presenza americana nel Vietnam del Sud, iniziando l’escalation che avrebbe portato alla guerra del Vietnam. C’era solo un problema: la notte del 4 agosto non c’era in mare nemmeno una singola nave vietnamita. Per tutta la notte il Maddox non aveva fatto altro che sparare al mare.
Nel bacino del Mekong
Non era un caso che questo incidente fosse accaduto proprio nelle acque del Mar della Cina, dove si affaccia il Golfo del Tonchino: negli anni Sessanta l’Asia sudorientale era una delle zone più turbolente del mondo, un po’ come è oggi il Medio Oriente. Nella grande penisola dell’Indocina e in particolare nel bacino del Mekong, che toccava Laos, Cambogia e Vietnam, le aree di influenza delle grandi potenze si incrociavano con numerosi paesi che avevano da poco conquistato l’indipendenza dalle potenze coloniali europee e dove erano ancora in corso guerre civili e rivolte.
Il paese più turbolento di quest’area turbolenta era probabilmente il Vietnam. A metà degli anni Cinquanta il paese si era reso indipendente dalla Francia dopo una lunga guerra. Dopo la pace il Vietnam era stato diviso in due. Nel Nord una serie di elezioni – vinte sempre con il 90 per cento dei consensi – avevano portato al potere il partito comunista; nel Sud altre elezioni – vinte sempre con percentuali bulgare – avevano instaurato il regime di Ngo Dinh Diem, un politico ed ex funzionario dell’amministrazione coloniale francese appoggiato dai grandi proprietari terrieri.
Tra i due regimi usciti dalla guerra di indipendenza, quello del Sud si rivelò molto presto il più debole. Diem, che era cattolico, portò avanti una serie di politiche ostili alla maggioranza buddista del paese che gli causarono una grossa perdita di popolarità (causarono anche le famose proteste dei monaci che si davano fuoco, che avevamo raccontato qui). Nello stesso tempo, le politiche di Diem favorirono i grandi latifondisti che durante la guerra avevano perso il controllo delle loro grandi estensioni di terreno. Molti contadini che avevano creduto che la vittoria nella guerra avrebbe portato a una riforma agricola si ritrovarono a dover pagare gli affitti arretrati per i loro campi. In breve le politiche di Diem causarono una serie di manifestazioni e di proteste, oltre che rafforzare il movimento della guerriglia armata che con il passare degli anni ricevette un appoggio sempre più consistente da parte del Vietnam del Nord comunista.
L’esercito sudvietnamita non riuscì a far fronte a questa ribellione e subì diverse sconfitte umilianti. Il problema era che Diem, come molti dittatori, aveva organizzato l’esercito come una guardia del corpo personale, che aveva come primo scopo proteggerlo dai nemici interni, piuttosto che difendere lo stato dai guerriglieri o da un’invasione del Nord. Gli Stati Uniti cercarono di sostenere il regime inviando istruttori militari e compiendo diverse operazioni segrete; nel 1963 però diedero il via libera a un colpo di stato militare che portò alla morte di Diem. La situazione militare non migliorò molto. Nei mesi successivi i colpi di stato militari si susseguirono uno dopo l’altro: l’esercito e l’intero paese erano nel caos e la guerriglia, oramai appoggiata in maniera esplicita dal Vietnam del Nord, divenne sempre più forte.
Il golfo del Tonchino
Non era facile per gli Stati Uniti scegliere una linea d’azione in questa situazione. Il presidente John Fitzgerald Kennedy, poco prima di essere ucciso, aveva iniziato una politica di disimpegno, ritirando un migliaio degli istruttori inviati ad appoggiare l’esercito sudvietnamita. Johnson, che divenne presidente dopo la morte di Kennedy, pensava invece che fosse importante sostenere il Vietnam del Sud e annullò l’ordine di Kennedy. Appoggiare il Sud, però, non era affatto semplice. Johnson aveva già fatto una pessima figura appoggiando Diem e definendolo, qualche anno prima della sua morte, il “Winston Churchill” dell’Asia. Le giunte militari che si susseguivano in quei mesi non sembravano molto più affidabili. Inoltre il Vietnam era un paese lontano, di cui era difficile spiegare l’importanza al popolo americano. In altre parole: l’amministrazione desiderava un impegno più diretto nel conflitto, ma trovava difficile individuare un motivo per giustificarlo.
Tra le limitate operazioni che il governo aveva autorizzato a favore del Vietnam del Sud c’erano una serie di “ricognizioni” molto aggressive che le navi americane avevano iniziato a compiere a largo delle coste del Vietnam del Nord. Il nome in codice dell’operazione era DESOTO e funzionava più o meno così. La marina del Vietnam del Sud compiva, come rappresaglia contro l’appoggio del Nord ai ribelli, una serie di incursioni sulla costa nemica, attaccando caserme e basi della marina comunista. A causa di questi continue incursioni i nordvietnamiti erano costretti a tenere accesi radar e altri apparecchi di sorveglianza. Le navi americane, a quel punto, non facevano altro che navigare a poca distanza dalla costa con una serie di speciali sensori attivati. In questo modo potevano raccogliere “passivamente” informazioni sui radar e sugli altri strumenti di sorveglianza del Nord e passarli al Sud (o prepararsi a utilizzarli nel caso di un impegno diretto nel conflitto).
Il primo incidente
Si trattava, evidentemente, di un comportamento rischioso. Inoltre, diverse scelte compiute nell’estate del 1964 lasciavano pensare che l’amministrazione Johnson stesse facendo di tutto per provocare il Vietnam del Nord. La distanza dalla costa a cui effettuare i pattugliamenti DESOTO, per esempio, venne ripetutamente accorciata, come a cercare di spingere i nordvietnamiti a reagire. Il 2 agosto del 1964 la reazione arrivò.
A pattugliare le acque del Golfo del Tonchino quel giorno c’era sempre il Maddox, appoggiato ad alcune centinaia di chilometri di distanza da un’intera squadra navale pronta ad intervenire (il comandante della squadra di appoggio era il capitano Stephen Morrison: padre di Jim Morrison, quel Jim Morrison). Nel corso della mattinata il Maddox si avvicinò fino a una decina di chilometri dalla costa con tutte le sue apparecchiature accese, pronte a intercettare segnali radar e comunicazioni nordvietnamite (in quelle stesse ore i sudvietnamiti avevano compiuto un’incursione poco distante). Intorno alle 16 di pomeriggio il Maddox stava ritornando dalla sua missione e si trovava a 50 chilometri dalla costa, in acque internazionali. Proprio in quel momento vennero avvistate quattro piccole torpediniere nordvietnamite. Il Maddox cominciò subito a sparare mentre una serie di aerei decollavano dal gruppo di appoggio. Ci fu una breve battaglia in cui i nordvietnamiti persero una piccola imbarcazione e il Maddox venne colpito da un unico proiettile nemico. Gli Stati Uniti accusarono i nordvietnamiti di aver attaccato per primi e in acque internazionali, mentre vennero a loro volta accusati di aver attaccato dei pescatori. Documenti emersi dagli archivi negli ultimi anni dimostrano che in realtà il Maddox sparò alcuni colpi di avvertimento verso le navi nordvietnamite: tecnicamente quindi furono gli americani a sparare per primi.
Il secondo incidente e l’escalation
La risposta americana all’incidente fu rendere i pattugliamenti ancora più aggressivi. Dal punto di vista di Johnson, i nordvietnamiti avevano attaccato senza motivo una nave da guerra americana che stava navigando nelle acque internazionali quindi bisognava dare una “simbolica” lezione ai nordvietnamiti. La missione, in sostanza, era un vero e proprio modo per mostrare che la marina americana non si era fatta intimidire dall’incidente del due agosto. Come il 2 agosto, il Maddox si avvicinò a una decina di chilometri dalla costa e poi tornò ad allontanarsi. Per tutto il pomeriggio e la sera il tempo era stato brutto e il mare mosso. L’atmosfera a bordo della nave era probabilmente molto eccitata dallo scontro di due giorni prima, così, intorno alle 22.30, gli operatori radar fraintesero alcuni segnali fantasma sul loro schermo, causati probabilmente dal maltempo, e diedero l’allarme. Coinvolti dall’eccitazione i marinai addetti al sonar fecero un errore simile, scambiando il rumore dei motori della nave per l’eco di imbarcazioni nemiche. Quando la nave cominciò ad aprire il fuoco nel buio completo della notte le cose divennero ancora più confuse: il rumore era così forte che bisognava tenere tappi nelle orecchie, mentre i lampi delle esplosioni e dei bengala illuminanti rendevano tutto molto confuso. Diversi marinai credettero di individuare le scie di siluri sparati contro la nave e, ad aggiungere confusione su confusione, il Maddox compì manovre molto brusche per evitarle.
Questo secondo attacco fece precipatare la situazione molto in fretta. Mezz’ora dopo il “combattimento”, Johnson aveva già autorizzato una rappresaglia aerea e il bombardamento di alcune basi navali e depositi di carburante nordvietnamiti. Lo stesso giorno si rivolse alla nazione con un discorso in cui accusava il Vietnam del Nord dell’aggressione. Tre giorni dopo, sull’onda dell’emozione per l’attacco, il Congresso approvò una risoluzione che autorizzava il presidente a compiere azioni militari nell’Asia sudorientale senza dover dichiarare guerra: era l’inizio della guerra del Vietnam.
I documenti
Qualche anno dopo l’incidente cominciarono a emergere pubblicamente i primi dubbi su come si era svolto il secondo incidente nel Golfo del Tonchino. Mano a mano che la guerra del Vietnam diveniva sempre più impopolare lo scetticismo crebbe fino a che l’incidente non divenne uno dei casi emblematici di “incidente provocato” per causare una guerra, con tutte le sfumature complottiste e cospirazioniste che in genere ci sono in questi casi. Una serie di documenti desecretati nel 2005 dimostrarono che, per una volta, i cospirazionisti non erano andati troppo lontano dalla verità. Esistono prove inconfutabili che il 4 agosto il Maddox sparò al vuoto ed esistono prove altrettanto solide che i primi dubbi all’autenticità dell’incidente cominciarono ad affiorare nel corso della stessa notte del 4 agosto.
Nonostante queste incertezze, Johnson difese sempre la tesi dell’attacco non provocato e pubblicamente non lasciò mai intravedere il minimo dubbio su come erano andate le cose. Che ci credesse davvero o che abbia cavalcato l’incidente perché gli permetteva di raggiungere il suo scopo, invece, è un altro discorso. Probabilmente la verità sulle intenzioni di Johnson non si saprà mai, ma a parziale compensazione di questa ignoranza, sappiamo invece che cosa disse Johnson quella notte, quando dopo il primo rapporto cominciarono ad arrivare i primi dubbi sullo svolgimento dell’incidente: «Maledizione, quei dannati imbecilli stavano sparando a dei pesci volanti!».