La tregua tra Israele e Hamas non tiene
Avevano accettato di fermare i combattimenti per tre giorni ma hanno ricominciato a spararsi quasi subito: un soldato israeliano potrebbe essere stato catturato da Hamas
La tregua umanitaria di 72 ore nella Striscia di Gaza – annunciata giovedì sera dal segretario di stato americano John Kerry e dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, iniziata venerdì mattina alle 8 ora locale (erano le 7 in Italia) – è durata meno di cinque ore. Israele e Hamas avevano entrambi accettato la tregua, durante la quale – diceva un comunicato congiunto – si «potrà seppellire i morti, prendersi cura dei feriti e rifornirsi di cibo». Poco meno di tre ore dopo, però, la tregua è stata violata una prima volta: alcuni soldati israeliani hanno ucciso decine di palestinesi vicino a Rafah, al confine tra la Striscia e l’Egitto, mentre dei razzi sono stati lanciati verso Kerem Shalom, un kibbutz nel Consiglio regionale di Eshkol, nel sud di Israele. Non è immediatamente chiaro chi abbia sparato per primo, anche se Israele accusa Hamas. L’esercito israeliano ha dichiarato formalmente finita la tregua poco meno di sei ore dopo il suo inizio.
L’esercito israeliano ha confermato l’uccisione di due suoi soldati, e ha detto di avere il forte sospetto che un suo soldato sia stato catturato da Hamas. Israele ha detto che rapimento sarebbe avvenuto questa mattina a est di Rafah, dopo circa un’ora e mezza dall’inizio della tregua, quando un miliziano palestinese uscito da un tunnel ha tentato di compiere un attentato suicida colpendo anche diversi soldati israeliani.
This morning, Hamas fired at our forces in S. Gaza in violation of a ceasefire. We suspect that an IDF soldier was kidnapped moments later.
— IDF (@IDFSpokesperson) 1 Agosto 2014
La tregua era entrata in vigore il 23esimo giorno dall’inizio dell’operazione militare israeliana “Margine di protezione”, in cui sono stati uccisi oltre 1.500 e 60 israeliani. Il comunicato congiunto con cui era stata annunciata la tregua diceva che «le delegazioni israeliana e palestinese andranno immediatamente al Cairo per negoziare con il governo egiziano, su invito dell’Egitto, per cercare di raggiungere una tregua duratura». Lo stesso Kerry ha scritto: «La tregua è il momento per cercare di capire cosa fare ora: non è una soluzione, è un’opportunità per trovare una soluzione duratura».
Ceasefire a time to try and figure out road ahead; it’s not a solution, it’s the opportunity to find durable solution. #Gaza
— John Kerry (@JohnKerry) 1 Agosto 2014
Diversi giornalisti a Gaza, tra cui quelli di AFP, hanno detto che nelle due ore precedenti all’inizio della tregua gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza si erano intensificati. In generale per tutta la notte sono proseguiti i bombardamenti israeliani, e le sirene per allertare l’arrivo di razzi sono suonate ripetutamente nel sud di Israele. Fonti palestinesi hanno detto che 17 persone sono state uccise nelle prime ore di venerdì (10 sarebbero membri della stessa famiglia) a Khan Yunis, città nel sud della Striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha reso noto che cinque dei suoi soldati sono stati uccisi nella notte da colpi di mortai vicino al confine con Israele.
Residents return to what’s left of Eastern #Gaza as the ceasefire starts. No building unscathed. pic.twitter.com/WeHaEDqHnN
— Ian Pannell (@BBCiPannell) 1 Agosto 2014
I colloqui che si svolgeranno in Egitto saranno molto complicati. La delegazione palestinese sarà guidata dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmud Abbas e includerà anche alcuni membri di Hamas (Abbas è anche presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, che governa la Cisgiordania e ha posizioni più moderate rispetto a Hamas). La delegazione statunitense sarà invece guidata da Frank Lowenstein, consigliere di Kerry sulle questioni relative al Medio Oriente. Come funzioneranno nella pratica i colloqui dipenderà molto dagli egiziani, che negli ultimi mesi hanno preso posizioni piuttosto antagoniste nei confronti di Hamas e più vicine a Israele: certamente i rappresentanti di Israele e Stati Uniti non si siederanno allo stesso tavolo con quelli di Hamas, visto che la considerano un’organizzazione terroristica (non vale lo stesso per gli altri delegati palestinesi).
Entrambi gli schieramenti hanno detto che non si accontenteranno di un accordo limitato come quello che mise fine alle guerre a Gaza nel 2009 e nel 2012. Per questo le posizioni sembrano molto distanti: Hamas chiede che venga tolto l’embargo sulla Striscia di Gaza che limita le importazioni, le esportazioni, ma anche le attività agricole e la pesca. Chiede anche che vengano aperti i confini (quindi sia dalla parte di Israele, sia da quella dell’Egitto). Israele chieda che venga smilitarizzata la Striscia e che si trovi un meccanismo internazionale per garantire che Hamas non sia più in grado in futuro di accumulare missili e costruire tunnel che arrivano fino in Israele. Lo stesso Abbas potrebbe fare delle richieste, chiedendo la liberazione di prigionieri palestinesi in Israele.
Oggi potrebbe essere un giorno complicato anche per diverse città della Cisgiordania. Ieri Hamas ha chiesto ai palestinesi di Hebron, Tulkarm e Betlemme, tra gli altri, di protestare contro le operazioni militari israeliane nella Striscia. Nel frattempo le critiche verso la guerra sono sempre più numerose. Gli Stati Uniti hanno condannato il bombardamento della scuola a Jalabia, nonostante abbiano rifornito Israele con nuovi armamenti richiesti lo scorso 20 giugno. L’Alto commissario per i diritti umani dell’ONU Navi Pillay ha accusato Israele e Hamas di commettere crimini di guerra.