Hamas ha sbagliato con i tunnel?
Secondo diverse analisi sono stati un investimento costoso e militarmente poco utile, che invece di indebolire Israele ne ha provocato la risposta più violenta
Dall’inizio dell’invasione di terra israeliana nella Striscia di Gaza, il 17 luglio scorso, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato più volte che l’obiettivo primario dell’operazione è la distruzione dei tunnel sotterranei che dalla Striscia di Gaza arrivano fino in territorio israeliano. Si tratta di decine di gallerie costruite negli ultimi anni dal movimento palestinese di Hamas, la cui esistenza divenne nota in tutto il mondo nel 2006, quando uno di questi fu usato per rapire il soldato israeliano Gilad Shalit e per portarlo nella Striscia di Gaza (Shalit fu poi liberato all’interno di un accordo che prevedeva, tra le altre cose, la scarcerazione di oltre mille palestinesi detenuti da Israele con l’accusa di essere terroristi).
Nonostante la retorica israeliana sul pericolo rappresentato dalla estesa rete di tunnel che dalla Striscia conduce a Israele – e che ha fatto parlare di una “Gaza sotterranea” – alcuni esperti stanno mettendo in dubbio l’efficacia della strategia di Hamas. Credono infatti che l’uso dei tunnel da parte dei miliziani palestinesi non potrà mai essere un fattore decisivo in grado di modificare il netto squilibrio militare con Israele, e in pratica dicono che Hamas ha sprecato molte energie per costruire una cosa che non dà alcun netto vantaggio militare, e che allo stesso tempo ha tolto risorse ed energie allo sviluppo della Striscia ed esposto alle paure e alle repressioni israeliane.
Un po’ di cose sui tunnel
Israele è a conoscenza dell’esistenza dei tunnel di Hamas almeno dal 2003, quando istituì una commissione apposita per studiarli e capire la loro estensione nella Striscia di Gaza. I tunnel a Gaza hanno due direzioni: ci sono quelli che finiscono in territorio egiziano, usati principalmente per trafficare beni e armi nella Striscia; e poi ci sono quelli che finiscono in territorio israeliano, e sono usati da Hamas per compiere attacchi contro Israele. Sulla base delle informazioni ottenute negli anni dal governo israeliano, il costo per la costruzione di un tunnel può arrivare fino a 2 milioni di dollari. Il processo di costruzione è piuttosto lento: dura circa un anno e coinvolge decine di persone che scavano nella terra con le mani o con piccoli strumenti elettrici.
Individuare i tunnel è molto complicato: a volte i funzionari dell’intelligence israeliana riescono a capire dove si trovano le entrate osservando i sospetti miliziani di Hamas sparire per giorni all’interno di un edificio. Altre volte sono utili i sistemi usati per rilevare riserve sotterranee di petrolio o gas.
Dall’inizio dell’operazione di terra nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano ha detto di avere individuato più di trenta tunnel (finora ne ha distrutti quindici). Diversi esperti, tra cui Daniel Nisman del centro studi Levantine Group, hanno osservato come Israele abbia scoperto nelle ultime due settimane una rete di tunnel molto più estesa di quanto si aspettasse, simile a quella che i vietcong costruirono e usarono durante la guerra in Vietnam negli anni Sessanta. Il colonnello israeliano Oshik Azulai ha paragonato la rete di tunnel sotto Gaza a quella di una metropolitana. Un portavoce dell’esercito israeliano ha raccontato al New York Times che in uno di questi tunnel sono stati ritrovati resti di pacchetti di patatine, acqua, cracker, granate, fucili automatici, piccole stanze per dormire o nascondersi, uniformi di soldati israeliani e un trapano Bosch.
I tunnel possono essere un “game changer”?
Il giornale israeliano di sinistra Haaretz ha paragonato la rete dei tunnel di Hamas a quelle che furono costruite dai britannici e dai tedeschi durante la Prima Guerra Mondiale, nel tentativo di creare un vantaggio strategico nell’impasse che si era creata combattendo un conflitto di trincea. Secondo Hareetz il paragone con la Prima Guerra Mondiale è più azzeccato rispetto a quello della guerra del Vietnam: britannici e tedeschi, come i palestinesi della Striscia, costruirono i tunnel soprattutto per indebolire le linee nemiche, in una situazione in cui le altre vie per fare la guerra – gli scontri in trincea – erano bloccate. Nel caso palestinese il sistema anti-missilistico israeliano Iron Dome, in grado di far esplodere in aria i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele, ha creato per Hamas una situazione di impotenza simile a quella della Prima Guerra Mondiale.
Ad eccezione della battaglia di Messines del giugno 1917, quando 600 tonnellate di esplosivo posizionato dai britannici in 21 tunnel uccisero circa 10mila soldati tedeschi, la guerra nei tunnel della Prima Guerra Mondiale non garantì a nessuna delle due parti dei vantaggi decisivi. La maggior parte delle operazioni compiute nei tunnel finì nel 1917: i britannici cominciarono a ottenere dei successi con altri mezzi – utilizzando i carri armati per tentare di rompere le linee nemiche e provando a fare una guerra più mobile: imposero per esempio la loro superiorità sulle linee marittime e sfruttarono le maggiori risorse a loro disposizione, anche grazie all’entrata in guerra degli Stati Uniti. Hamas ha fatto un errore simile, ha scritto Haaretz: ha investito troppe risorse nella costruzione dei tunnel. Ci ha speso anni sfruttando al massimo le già scarse risorse disponibili nella Striscia di Gaza. Ha mantenuto il suo obiettivo invariato: colpire attraverso i tunnel i kibbutz israeliani e le posizioni dell’esercito nemico, sapendo che in entrambi i casi non sarebbe comunque riuscito a ottenere il loro spostamento o smantellamento.
I recenti tentativi dei miliziani palestinesi della Striscia di colpire obiettivi israeliani sono per lo più falliti. Una volta usciti dai tunnel in territorio nemico, i miliziani sono stati immediatamente individuati dall’esercito israeliano: in alcuni casi si è sviluppato uno scontro a fuoco, in cui sia palestinesi che israeliani sono rimasti uccisi. In ogni caso, aggiunge Haaretz, anche un attacco riuscito, come quello che nel 2006 portò al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, non arriverà mai a essere un cosiddetto “game changer”, ovvero un episodio in grado di modificare gli equilibri e le logiche che fino a quel momento hanno caratterizzato quel conflitto. Il motivo è che Israele, nonostante i tunnel, continuerà ad avere una superiorità militare e tecnologica enorme rispetto a Hamas, che rende praticamente impossibile un suo indebolimento da parte di Hamas attraverso azioni violente di questo genere.
Inoltre, la sensazione di vulnerabilità che gli israeliani hanno ricavato dalla scoperta dei tunnel che arrivano vicino alle loro case, invece che indebolire Israele – che è abituata a vivere in assedio – ha finito per generarne la violentissima repressione di questi giorni. “Gli attacchi dai tunnel”, spiega il New York Times, ” hanno scosso il sentimento collettivo e rafforzato la decisione di continuare o persino estendere la battaglia”.