I resti del volo MH17 rimangono inaccessibili
Si continua a combattere e per il terzo giorno gli esperti olandesi e australiani non sono riusciti a raggiungere l'area del disastro aereo, per le indagini e l'individuazione di altri corpi
Martedì 29 luglio, per il terzo giorno consecutivo, il gruppo di esperti forensi e agenti della polizia olandese e australiana arrivato nell’Ucraina dell’est per investigare sul volo MH17 precipitato giovedì 17 luglio con a bordo 298 persone non è riuscito ad accedere all’area dell’incidente. La squadra era stata inviata anche con il compito di proteggere il sito e recuperare i resti delle vittime. Altri tentativi erano stati fatti nei giorni scorsi, ma sempre invano.
Il ministero della Giustizia olandese ha spiegato in un comunicato ufficiale che intorno a Grabovo e lungo la strada per raggiungere la zona dell’abbattimento del volo ci sono troppi combattimenti tra le forze militari ucraine e i separatisti filo-russi: «Il gruppo di esperti olandesi e australiani non ha lasciato Donetsk per il luogo dell’incidente. Ci sono troppi combattimenti sulla strada e nei dintorni».
Da Donetsk, il responsabile dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Alexandr Hug, ha confermato la situazione:
«I combattimenti continuano. Non possiamo rischiare. La situazione, per quanto riguarda la sicurezza sia sulle strade verso la zona sia nella zona stessa, è inaccettabile per una missione di osservatori disarmati e la situazione è troppo instabile per lavorare sul luogo». E questo nonostante fosse stato concordato sia con i separatisti che con il governo ucraino un cessate il fuoco per consentire il lavoro degli esperti internazionali. La polizia olandese ha detto che la missione sarà oggetto di valutazioni giornaliere per quanto riguarda la sicurezza.
La situazione è insomma bloccata e ancora molto confusa tanto che il capo della squadra di polizia olandese Gerard Bouman ritiene che le probabilità di recuperare tutti i resti e le prove non siano «molto buone». I filo-russi accusano gli ucraini di bloccare l’accesso al sito e viceversa, e i ribelli hanno a loro volta ripetutamente accusato gli investigatori internazionali di non fare abbastanza per entrare nella zona e iniziare le loro ricerche.
C’è poi la questione dei corpi dei passeggeri. Mercoledì 23 luglio i primi corpi dei passeggeri – partiti dall’aeroporto di Kharkiv, in Ucraina orientale, dopo esser stati trasportati nei vagoni refrigerati di due treni provenienti da Torez – erano arrivati a Eindhoven, in Olanda, e sono stati trasferiti alla base militare di Hilversum per l’identificazione. Si tratta di 227 corpi, ma i restanti si trovano ancora sul luogo dell’incidente.
Per quanto riguarda le scatole nere del volo consegnate dai ribelli alle autorità malesi, diversi esperti hanno fatto notare come si tratti di modelli piuttosto antiquati che potranno fornire informazioni limitate sulla sequenza degli eventi successivi al presunto attacco missilistico. Il portavoce della sicurezza nazionale del governo ucraino, Andriy Lysenko, ha annunciato che dall’analisi risulterebbe che l’aereo sia precipitato a causa di “una fortissima decompressione esplosiva” avvenuta dopo esser stato colpito da alcuni frammenti di un missile. Non è ben chiaro però dove Lysenko abbia recuperato queste informazioni, e le autorità olandesi hanno negato che si tratti di informazioni passate da loro. Le analisi non sono comunque ancora state completate: qualche informazione ufficiale si avrà probabilmente nel corso di questa settimana.
Nel frattempo sono in corso diversi incontri diplomatici: il ministro degli esteri australiano, Julie Bishop, e il suo inviato speciale, Angus Houston, hanno visto il presidente ucraino Petro Poroshenko per la ratifica di un accordo che permetterebbe all’Australia di inviare agenti di polizia armata o dei soldati a sostegno della missione. I paesi coinvolti nell’abbattimento del volo a causa della nazionalità delle 298 vittime hanno inoltre concordato di istituire una squadra congiunta di pubblici ministeri per esaminare le possibili accuse penali contro i responsabili dell’incidente.
Lunedì 28 luglio, il governo degli Stati Uniti ha annunciato di aver deciso nuove e più severe sanzioni contro la Russia, di comune accordo con Regno Unito, Francia, Germania e Italia, dopo una videoconferenza tra i rispettivi capi di Stato e di governo, Barack Obama, David Cameron, Francois Hollande, Angela Merkel e Matteo Renzi. Il primo ministro australiano Tony Abbott ha invece detto che per ora la priorità del suo paese non è quella di imporre sanzioni ma quella di recuperare i resti dei corpi dalla zona dell’incidente. Il suo paese non intende dunque prendere alcuna posizione all’interno del conflitto: «Tutto ciò che vogliamo fare è portare a casa i nostri morti».
Foto: Alexander Hug e alcuni membri membri dell’OSCE studiano una mappa con dei soldati separatisti nei pressi di Donetsk, 30 luglio 2014 (BULENT KILIC/AFP/Getty Images)