Il racconto di Brazier, sul campo dei morti
Il giornalista criticato per aver raccolto in diretta tv le cose dei passeggeri del volo abbattuto in Ucraina spiega il suo errore
Colin Brazier è un giornalista inglese della tv Sky News, e nei giorni scorsi è stato molto criticato per aver estratto e mostrato il contenuto della valigia di uno dei passeggeri morti del volo MH17, abbattuto in Ucraina giovedì scorso, durante una diretta televisiva dalla zona dove ne sono precipitati i resti. Brazier ha scritto un articolo molto aperto sul Guardian per spiegare cosa sia successo e il suo comportamento. Sky News si era scusata lunedì per quello che era successo: altri casi del genere sono intanto stati citati dai telespettatori di tutto il mondo.
Brazier racconta ai lettori che da tempo la sua vita è cambiata, invecchiando sta più con la famiglia e fa un lavoro più da studio televisivo che da zone di guerre o di crisi come gli capitava in un tempo precedente della sua carriera.
Ho una famiglia numerosa, cinque figlie e un figlio. Hanno cambiato il tempo del mio lavoro. Meno corse a perdifiato verso gli aeroporti, più accompagnamenti a scuola. E hanno cambiato anche il modo in cui faccio il mio lavoro. Il buon giornalismo richiede molte cose e la sensibilità che spero mi abbiano dato è una di queste. Ma un’altra è la comprensione dei limiti della decenza e del gusto. E qualche volta facciamo delle cazzate.
«Questa volta ho sbagliato», scrive Brazier: «se ci fosse qualcuno con cui scusarmi personalmente, lo farei». E racconta quello che ha fatto, e di come si sia reso rapidamente conto che non andava bene, e si sia arrestato dicendo in diretta «non dovremmo fare questo», prima che su internet cominciasse a montare una grande quantità di proteste e critiche nei suoi confronti. Brazier dice di capirle, ma di voler offrire un altro punto di vista.
Il luogo dell’incidente del volo MH17 è come l’ambientazione di un film dell’orrore. Tranne che per il fatto che ai film non sarebbe mai permesso mostrare quello che abbiamo visto nel weekend. Mentre scrivo posso sentire ancora l’odore nauseante di morte che mi rimane attaccato addosso. Avevo già visto corpi bruciati prima – avevo 17 anni ed ero tra i tifosi nell’incendio allo stadio di football di Bradford – ma niente di queste dimensioni. Mi ero anche già occupato di disastri aerei. Nel 2004 ero inviato al Lago di Costanza quando un aereo cargo DHL si scontrò con un jet che trasportava una scolaresca del Kazakistan. In poche ore la polizia aveva delimitato un’area sterile e a nessun giornalista era consentito l’accesso, mentre entravano gli esperti forensi e le squadre di soccorso.
La situazione in Ucraina non potrebbe essere più diversa. Non c’è la polizia a srotolare i nastri e delimitare le aree sensibili. Ci sono invece posti di blocco con annessi adolescenti con lo sguardo cattivo e un AK-47 in mano, ma nessuna legge o ordine che abbia un senso. È una zona di guerra e chi comanda porta con sé solo armi e risentimento.
Così a me, e a molti altri, è stato permesso di girovagare sul luogo dell’incidente a nostro piacimento.
La vista era scioccante. Non riuscivo a capacitarmi di quello che vedevo. Corpi e pezzi di corpi dappertutto. Ho chiamato mia moglie: «È come il banco di un macellaio».
Brazier descrive le caratteristiche peculiari della diretta, un modello che Sky News usa da un po’ di tempo in cui non c’è studio: i servizi, le interviste, i video e i collegamenti si alternano direttamente con il live del conduttore sul posto. Le cose vengono molto improvvisate sul momento secondo gli sviluppi, e anche le riprese delle telecamere: in quel caso, dice Brazier, si decise di tenerle lontane dai corpi sul terreno.
E gli oggetti personali? Mostravano immediatamente l’essenza della tragedia. Raccontavano una storia di vite – costumi da bagno, computer, acquisti al duty free, libri – svanite in un istante. Mi davano l’opportunità di chiedere come mai i corpi restassero abbandonati al sole. Altri giornalisti, alcuni noti, avevano raccolto cose e parlavano davanti alle telecamere. In un posto senza regole, l’ho stupidamente preso come una legittimazione.
E così durante quella diretta all’ora di pranzo mi sono trovato davanti a un mucchio di oggetti personali, indicandoli sparpagliati sul terreno. Con la coda dell’occhio ho notato una borraccia rosa. Aveva qualcosa di familiare. Mia figlia Kitty, che ha sei anni, ne ha una così.
Mi sono chinato e – i miei critici su Twitter non possono capirlo per via della qualità del suono nelle diffusioni online del video – ho perso lucidità. È un peccato capitale della tv, almeno per le mie regole, cominciare a borbottare in diretta. Ho cercato di riprendere il controllo, e non pensavo più del tutto chiaramente.
Ho realizzato troppo tardi che stavo oltrepassando un limite. Ho pensato ad alta voce “non dovremmo fare questo”, uno scusarmi immediato che non è stato sempre citato da chi era determinato a vedere quello che ho fatto solo come un plateale esempio di cinismo giornalistico.