Da dove arrivano i guai di Nintendo
Per spiegare la crisi di vendite e popolarità della storica casa produttrice di videogiochi bisogna andare parecchio indietro: 125 anni
Nintendo, storica società giapponese che produce videogiochi, sta attraversando negli ultimi anni una crisi di popolarità e di successo commerciale. Costanzo Colombo Reiser ha spiegato sulla rivista online l’Ultimo Uomo da dove arrivano questi problemi, e per farlo ha raccontato la notevole storia della società, da quando più di cento anni fa produceva carte da gioco fino al parziale flop delle ultime consolle, la Nintendo 3DS e la WiiU, passando per i grandi successi degli anni Ottanta e Novanta.
Venerdì 27 giugno si è conclusa, nella sede principale della Nintendo, la 74esima assemblea annuale degli azionisti. Tra i punti all’ordine del giorno, quello più importante riguardava il futuro di Satoru Iwata, CEO della casa di Kyoto in carica dal 2002, che aveva visto scendere il suo indice di gradimento dal 92,89% al 77,26% in tre anni contrassegnati da costanti perdite economiche. Queste, in concomitanza con una significativa perdita di popolarità, avevano fatto pensare a un possibile avvicendamento ai vertici, che però non è avvenuto: la necessità di trasmettere fiducia ai mercati mediante la continuità, nonché una delle migliori presentazioni al recente E3, hanno portato alla riconferma di Iwata e dell’intero top management della Nintendo. Tuttavia, è chiaro che si tratta di una situazione precaria: 3DS e WiiU stanno perdendo cospicue quote di mercato, ma è soprattutto quest’ultima console a generare il maggior malcontento tra gli azionisti. Tentativi di posizionamento sul mercato inefficaci, vendite sotto ogni aspettativa e strategie di marketing e rilancio rivelatesi finora fallimentari (nonostante si appoggiassero a storici system seller come Super Mario e Mario Kart) ne hanno contraddistinto la parabola, gettando così lunghe ombre su una compagnia che per molti anni è stata sinonimo di «videogiochi».
Le ragioni di questa (temporanea?) débacle sono diverse, ma ruotano tutte intorno a una serie di riflessi incondizionati dell’attuale management che, negli ultimi cinque anni, è parso impegnato in una narrazione parziale e quasi onanistica dei propri trascorsi. Iwata e soci sembrano essersi crogiolati nelle memorie dell’età dell’oro della Big N (il decennio 1983-1993) e nel più recente successo di Ds e Wii; questo ha portato a una visione della realtà sfalsata e, di rimando, a scelte di comunicazione sbagliate o comunque fuori tempo massimo.
Anche nelle più nefaste previsioni, la sopravvivenza della casa di Kyoto non è però in discussione: 500 miliardi di Yen (circa 4,8 miliardi di dollari) di riserve monetarie consentono di assorbire contraccolpi ben più pesanti di una console per ora relativamente fallimentare. Tuttavia, quando si è portatori di una tradizione di successi e si sono scritti diversi capitoli della storia dell’intrattenimento videoludico, basta molto meno per intaccare la propria reputazione.
Una reputazione che ha origine in Giappone 125 anni fa.