La riforma della cooperazione internazionale

È stata approvata alla Camera quasi all'unanimità, piace a quasi tutti, ora tornerà in Senato: cambierà molte cose, tra cui nome e competenze del ministero degli Esteri

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

Giovedì 17 luglio è stato approvato alla Camera un disegno di legge (A.C. 2498-A) che regola la disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo: la legge riforma di fatto una precedente legge risalente a ventisette anni fa, la n. 49/1987, da tempo ritenuta inadeguata sotto molti aspetti.

Il testo – che dovrà ripassare al Senato per una terza lettura, dopo esser stato già approvato una prima volta il 25 giugno scorso – introduce modifiche formali e sostanziali ai compiti e alle competenze del ministero degli Affari Esteri, a cui saranno affidate maggiori risorse e affiancate una serie di strutture e organi con obiettivi specifici in materia di cooperazione internazionale, sviluppo e tutela dei diritti umani. Cambierà anche la denominazione del ministero, che diventerà “Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale” (MAECI), per rispettare anche sul piano formale quanto stabilito dall’articolo 7 della Costituzione, quello sul “ripudio della guerra” e sulla promozione delle organizzazioni internazionali che favoriscano “la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

L’approvazione del disegno di legge è stata accolta con favore e ottimismo dai parlamentari che lo avevano proposto e dalle parti che hanno apportato modifiche al testo: nella sua versione definitiva il disegno di legge ha ricevuto 251 voti favorevoli, 72 astensioni (prevalentemente M5S e Sel) e soltanto 2 voti contrari. Sulla sua pagina Facebook il viceministro degli Affari Esteri, Lapo Pistelli, ha ringraziato i deputati e le organizzazioni umanitarie che hanno collaborato alla riforma: «Sentire le dichiarazioni di voto finali alla riforma della cooperazione allo sviluppo, dopo sei legislature di tentativi falliti, mi fa un certo nonsoché. Torniamo al Senato per la conferma ma, insomma, è andata. Grazie a tutti, alla cooperazione italiana, alle ong, a tutti i partiti con cui abbiamo dialogato fittamente in queste settimane».

Una delle novità stabilite dalla riforma è l’istituzione di una programmazione triennale sulle politiche di cooperazione internazionale che dovrà essere approvata dal Consiglio dei ministri, dopo aver consultato le Commissioni parlamentari competenti. La modifica sostanziale da molti ritenuta tra le più rilevanti è la possibilità di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) – l’organismo in parte pubblico che gestisce il risparmio postale, e non soltanto quello – per finanziare eventuali iniziative necessarie per le politiche approvate e sostenute dal ministero degli Affari Esteri in materia di sviluppo e cooperazione.

Come è più volte emerso dagli interventi dei deputati e dalle dichiarazioni dei promotori della riforma, un altro degli obiettivi del governo era formalizzare e intensificare i rapporti tra gli enti statali e le associazioni – pubblici e privati, non profit e profit – che operano anche a livello locale nell’ambito della solidarietà internazionale, soprattutto per quanto riguarda l’immigrazione. Paolo Beni, deputato del PD, ha precisato che “oltre alle ONLUS, alle associazioni di volontariato e di promozione sociale e agli enti locali” saranno considerati attori della cooperazione, e pertanto destinatari e attuatori di iniziative ministeriali condivise, anche le associazioni dei migranti che cureranno e manterranno rapporti di cooperazione con i paesi d’origine. Nessuno tipo di aiuto, inoltre, potrà essere essere utilizzato per finalità militari, neppure in forma indiretta.

Sarà istituita una serie di organi di tipo amministrativo incaricati di coordinare e gestire le diverse fasi delle iniziative di cooperazione internazionale: il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS) e il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (CNCS), che sarà composto da soggetti pubblici e privati interessati. L’organo più importante sarà l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, che dovrà occuparsi dell’attuazione degli interventi di cooperazione secondo quanto stabilito dalle direttive ministeriali, in linea con il Documento triennale di programmazione: il direttore dell’Agenzia – che sarà selezionato “sulla base di criteri di trasparenza tra soggetti in possesso di requisiti di particolare e comprovata qualificazione professionale e di documentata esperienza” – potrà autonomamente disporre di un tetto di spesa massimo di 2 milioni di euro. Per iniziative che richiedano cifre superiori a questa dovrà essere invece interpellato un altro organo, il Comitato congiunto per la Cooperazione allo Sviluppo.

In un articolo pubblicato su Repubblica mercoledì scorso, Nino Sergi, presidente dell’organizzazione umanitaria InterSos, aveva molto apprezzato la riforma:

Possiamo considerare il testo di legge che sta uscendo dal Parlamento una buona legge, adeguata ai tempi e aperta al futuro, coinvolgente, rispettosa dei paesi e delle comunità partner con cui ci si relaziona nella comune finalità di sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, intervenire per lo sviluppo sostenibile, in un visione di reciproco impegno e anche di mutuo beneficio, per l’affermazione dei diritti umani e della dignità di ogni persona, la convivenza, la prevenzione dei conflitti, la pace. Il Senato e la Camera hanno lavorato bene.

Foto: Fabio Cimaglia/LaPresse