La lotta contro le tamerici in Arizona
Secondo allevatori e coltivatori sottraggono troppa acqua all'ambiente intaccando le riserve, ma sbarazzarsene non è semplice, nemmeno con schiere di affamatissimi coleotteri
Piove su le tamerici salmastre ed arse, come diceva quello, ma in Arizona negli Stati Uniti piove molto poco e le tamerici sono diventate un serio problema per le riserve idriche. Queste piante – che a seconda delle specie hanno dimensioni paragonabili a grandi cespugli o a olivi, con foglie molto piccole – proliferano lungo i fiumi e nei pressi delle sorgenti e secondo gli abitanti sottraggono grandi quantità d’acqua all’ambiente, e di conseguenza alle loro case e alle attività industriali. Negli ultimi anni si sono inventati di tutto per ridurre la quantità delle tamerici, anche se per ricercatori e ambientalisti la loro rimozione dall’Arizona non darà un grande contribuito per ripristinare le riserve idriche.
Spiega il New York Times che a differenza di altri stati, in Arizona la recente invasione di milioni di esemplari di Diorhabda carinulata, un coleottero che divora le foglie delle tamerici, è stata vista molto positivamente dagli agricoltori e gli allevatori da tempo alle prese con le piante che secondo loro succhiano tutta l’acqua lasciandone poca per i loro raccolti e per gli allevamenti. I coleotteri sono arrivati dal Colorado e dallo Utah negli ultimi dieci anni: mangiano grandi quantità di foglie di tamerici, lasciando solo le parti legnose delle piante.
La tamerice è una pianta tipica dell’Asia e del Medio Oriente e fu importata in Arizona e in altre aree degli Stati Uniti per prevenire i fenomeni dovuti all’erosione. Queste piante hanno radici abbastanza lunghe, fitte e intricate che contribuiscono a tenere insieme il terreno arido, evitando che improvvisi acquazzoni o corsi d’acqua temporanei dilavino a valle il suolo, rendendo instabili colline e pendii.
In seguito alla costruzione di chiuse e dighe lungo i principali fiumi e torrenti dell’Arizona, molti ecosistemi a livello locale si sono modificati diventando non più ospitali per diverse specie di piante, insetti e animali. Le tamerici hanno resistito e hanno preso progressivamente il posto delle altre piante sparite negli ultimi decenni. Di conseguenza da anni c’è un acceso dibattito in Arizona su come risolvere il problema, con fazioni contrapposte tra chi dice che le tamerici più grandi arrivano a consumare fino a 750 litri d’acqua al giorno e chi sostiene che invece la loro rimozione non porterà a benefici apprezzabili per il risparmio idrico.
David Modeer, il responsabile del Central Arizona Project, l’ente che si occupa di fornire l’acqua ottenuta dal fiume Colorado, ha spiegato al New York Times che la riduzione dell’acqua nei fiumi è dovuta soprattutto al cambiamento climatico e ai conseguenti periodi di prolungata siccità. Rimuovere tutte le tamerici sarebbe impossibile, dice Modeer, ma comunque liberarsi di qualche pianta male non fa perché “ogni goccia conta” quando si tratta di recuperare risorse idriche.
Molti ricercatori segnalano però che non ci sono prove sufficienti per dimostrare che una rimozione su larga scala delle tamerici possa essere la soluzione contro la scarsità d’acqua. Anche se sparissero, probabilmente sarebbero rimpiazzate da altre specie vegetali. Il processo di rimozione inoltre è dispendioso e non può basarsi unicamente sulle mandibole dei coleotteri: seguono particolari ritmi stagionali e impiegano comunque molto tempo prima di mangiare le foglie di un’intera pianta. Le parti legnose devono essere poi rimosse manualmente, perché non è detto che la pianta non riesca a sopravvivere dopo avere perso la chioma. Le tamerici producono stagionalmente centinaia di milioni di semi, molti dei quali attecchiscono e fanno nascere nuove piante, che dimostrano tra l’altro una notevole capacità di abituarsi ai diversi ecosistemi in cui crescono.
Tra i primi ad avere il problema delle tamerici ci furono i coltivatori e gli allevatori del Colorado, una decina di anni fa. All’epoca si decise di introdurre nel territorio intere colonie di Diorhabda carinulata, confidando che in questo modo la moltiplicazione delle piante potesse essere tenuta sotto controllo. Quando furono inserite nell’ambiente si disse che sarebbero rimaste entro i territori delle tamerici, ma le cose andarono diversamente e in meno di dieci anni questi insetti sono finiti ben oltre i confini del Colorado, fino all’Arizona settentrionale. Ora si stanno spostando verso sud, dove probabilmente stabiliranno nuove colonie nei prossimi due anni. Il ritmo mantenuto dai coleotteri, spiegano gli esperti, è stato molto più veloce del previsto.
Per gli ambientalisti la lotta contro questo tipo di piante è diventata quasi qualcosa di ideologico. Segnalano che le tamerici sono diventate una sorta di capro espiatorio: è più facile prendersela con queste piante che considerare i cambiamenti ambientali in atto e quanto questi siano stati causati dall’intervento dell’uomo.