A che punto è l’accordo Alitalia-Etihad?
CISL e UIL hanno accettato 2.251 esuberi e niente cassa integrazione mentre la CGIL ha chiesto alcuni giorni per pensarci
Sabato 12 luglio CISL e UIL hanno firmato l’accordo proposto dal governo per dare il via libera all’acquisto del 49 per cento di Alitalia da parte di Etihad, la compagnia aerea degli Emirati Arabi Uniti. L’accordo prevede un numero di esuberi più basso di quanto si pensava all’inizio e non prevede il ricorso alla cassa integrazione. La CGIL, invece, non ha ancora firmato l’accordo e ha chiesto tempo fino a martedì 15 luglio. Quel giorno è previsto l’arrivo in Italia di James Hogan, amministratore delegato di Etihad, per la firma definitiva dell’accordo.
Nel dettaglio, l’accordo prevede 2.251 esuberi: 616 saranno ricollocati all’interno di Alitalia, ad esempio andando a sostituire lavoratori con contratto a tempo determinato o stagionali. Altri 681 saranno esternalizzati, cioè trasferiti ad altre società. Ad esempio, 200 tra ingegneri della manutenzione e piloti saranno spostati ad Etihad. Per quanto riguarda gli altri 954 non è chiaro cosa gli succederà: probabilmente sarà utilizzata una qualche forma di mobilità e i nuovi contratti di inserimento previsti dalla legge di stabilità. Diversi giornali citano fonti a conoscenza dell’accordo che escludono la possibilità che si faccia ricorso alla cassa integrazione.
Alitalia ed Etihad hanno raggiunto un accordo preliminare il 25 giugno, dopo molte settimane di trattative. Lo scopo dell’accordo, dal punto di vista della compagnia aerea italiana, è ottenere nuove risorse per proseguire le attività e cercare di ridurre le perdite e i debiti. Attualmente Alitalia ha centinaia di milioni di euro di debiti e secondo alcuni calcoli perde 700 mila euro al giorno. Nell’autunno del 2013 la compagnia ha rischiato nuovamente il fallimento (avevamo raccontato la storia della società qui) tanto che ENI era arrivata al punto di minacciare di tagliare il carburante se Alitalia non avesse pagato i suoi debiti arretrati.
Alitalia fu salvata grazie ad un aumento di capitale che portò all’ingresso tra i soci di Poste Italiane, una società pubblica. L’operazione, organizzata durante il governo di Enrico Letta, fu molto criticata: l’ingresso di Poste Italiane nel capitale fu visto come un salvataggio organizzato dallo Stato. Secondo diversi critici, gli azionisti di Alitalia hanno gestito male la compagnia e avrebbero dovuto pagarne le conseguenze, senza essere salvati dall’intervento di Poste Italiane.