L’ISIS ha preso una fabbrica di armi chimiche in Iraq
Era in disuso da anni ma contiene ancora alcune sostanze molto tossiche: dall'università di Mosul hanno sequestrato anche del materiale nucleare utilizzato per la ricerca scientifica
Aggiornamento di giovedì 10 luglio: l’ambasciatore iracheno all’ONU, Mohamed Ali Alhakim, ha fatto sapere in una lettere inviata all’ONU che i militanti sunniti dell’ISIS hanno sequestrato del materiale nucleare utilizzato per la ricerca scientifica dall’Università di Mosul, città a nord-ovest di Baghdad controllata dai ribelli dal mese di giugno.
Si tratta di circa 40 chilogrammi di composti di uranio che, «nonostante le quantità limitate», scrive l’ambasciatore, con le competenze necessarie «può essere utilizzato per la fabbricazione di armi di distruzione di massa». E ha aggiunto: «I gruppi terroristici hanno preso il controllo del materiale nucleare nei siti che sono sfuggiti al controllo dello Stato». La notizia è arrivata il giorno dopo che i militanti dell’ISIS hanno preso il controllo di una fabbrica di armi chimiche in disuso a Muthanna.
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L’ambasciatore iracheno all’ONU, Mohamed Ali Alhakim, ha scritto in una lettera all’ONU che il gruppo islamico sunnita estremista dell’ISIS ha preso il controllo di una fabbrica di armi chimiche in disuso di Muthanna, a nord-ovest della capitale Baghdad. L’ambasciatore ha aggiunto che per questo motivo l’Iraq non sarà in grado di mantenere gli accordi presi per lo smantellamento dell’arsenale chimico del paese, ma che provvederà a farlo non appena ritornerà in controllo della complesso di Muthanna. L’11 giugno 2014 i ribelli hanno assaltato la fabbrica e disarmato i soldati di guardia: i filmati delle telecamere di sorveglianza li hanno ripresi mentre rubavano alcune apparecchiature, prima che i soldati dell’ISIS le disattivassero.
La fabbrica di Muthanna si trova circa 70 chilometri a nord-ovest di Baghdad. È stata attiva soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, quando era il sito principale del programma di produzione di armi chimiche del regime di Saddam Hussein. Alhakim ha detto che i ribelli hanno preso il controllo dei bunker 13 e 41. Gli ispettori ONU dopo la guerra del Golfo lavorarono nella fabbrica per smaltire le armi pericolose e i residui chimici. Nel loro ultimo rapporto, che risale al 2004, si diceva che i bunker contenevano ancora 2500 razzi riempiti con gas Sarin, prodotti e armati prima del 1991, e circa 180 tonnellate di cianuro di sodio, una sostanza estremamente tossica che veniva usata prima dell’introduzione del gas Tabun.
Nei bunker erano presenti molte attrezzature con residui di iprite (detta anche gas mostarda). Il bunker 13 fu bombardato nella prima guerra del Golfo e parte degli armamenti venne distrutta o danneggiata. Nel rapporto ONU si dice che le armi sono comunque di scarsa qualità e che dopo così tanti anni sono per la maggior parte rovinate. Le casse piene di Tabun presenti nei magazzini erano state decontaminate, ma il processo potrebbe aver lasciato residui tossici di cianuro. Anche i residui di iprite secondo il rapporto non possono più essere utilizzati per la costruzione di armi chimiche, ma rimangono altamente tossici. In un rapporto della CIA del 2004 c’è scritto che «due guerre, le sanzioni e la supervisione dell’ONU hanno ridotto il principale centro di produzione iracheno ad un cumulo di munizioni chimiche vecchie e danneggiate (chiuse nei bunker), una terra desolata piena di armi chimiche distrutte, strutture demolite e complessi inutilizzabili».
Hamish de Bretton-Gordon, ex comandante del reggimento britannico per le armi chimiche ha detto al Telegraph che difficilmente quelli dell’ISIS sanno come usare un arsenale chimico, ma che ci sono alcuni materiali nella fabbrica che possono essere utilizzati per creare bombe improvvisate. Secondo de Bretton-Gordon, l’ISIS ha usato già delle armi chimiche in Iraq e le ha sperimentate anche in Siria. Un altro funzionario militare ha detto che gli unici che potrebbero farsi male con queste armi sono in realtà i ribelli stessi, nel tentativo di utilizzarle o spostarle. Le autorità militari statunitensi hanno assicurato che il fatto che l’ISIS abbia preso possesso della fabbrica non rappresenta una minaccia: se le armi presenti fossero state pericolose, gli Stati Uniti non le avrebbero lasciate lì.
Alcuni armamenti nella fabbrica di Muthanna. (AP Photo/Jerome Delay)