Telemaco chi?
Le cose da sapere per capire la metafora utilizzata da Renzi a Strasburgo: per quelli che non hanno fatto il classico o comunque vogliono rinfrescarsi la memoria
Nel suo discorso di mercoledì al Parlamento Europeo, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha adoperato diversi riferimenti alla cultura classica greca, quella che dovrebbero conoscere bene le persone che hanno fatto il liceo classico e che gli altri sono giustificati a non conoscere bene. In particolare, a proposito del futuro dell’Europa e del ruolo delle nuove generazioni, Renzi ha parlato di Telemaco dicendo che come Telemaco anche “la nostra generazione non può permettersi di attendere” e che “ha il dovere di meritarsi l’eredità”, trattando l’Europa non come “un dono dei nostri padri, dato per sempre, ma come una conquista da rinnovare giorno dopo giorno”.
Telemaco è un personaggio della mitologia greca e uno dei personaggi dell’Odissea, uno dei poemi epici attribuiti al poeta Omero. I primi quattro libri dell’Odissea – un libro è qualcosa come un capitolo, per capirci – sono noti come la Telemachia, ovvero la storia di Telemaco. Facciamo un passo indietro. Telemaco è il figlio di Ulisse e Penelope, re e regina di Itaca, un’isola greca nel mar Ionio. Ulisse, o Odisseo, è anche uno degli eroi greci che nell’Iliade – l’altro poema di Omero – va in guerra contro i troiani per riprendere Elena, moglie di Menelao re di Sparta, che – semplificando un po’ – era stata rapita. L’Odissea è il racconto del viaggio di Ulisse che da Troia, che si trovava nell’attuale Anatolia, torna verso casa, a Itaca. Dei travagliati viaggi di Ulisse quasi tutti abbiamo sentito parlare, ma – come ha fanno notare anche Renzi – ci si ricorda meno di suo figlio Telemaco.
Negli anni di assenza di Ulisse, l’isola di Itaca era stata invasa da un gruppo di nobili locali, i proci, che credendolo morto iniziarono a competere per sposare sua moglie Penelope. Lei era rimasta sull’isola con il figlio Telemaco, appena nato quando Ulisse era partito per la guerra di Troia. I proci si installarono in casa di Penelope che, non volendo sposare nessuno, prese tempo con il famoso inganno della tela (quella che faceva di giorno e disfava di notte). Nel frattempo i proci stavano dilapidando la ricchezza di Penelope e Telemaco, con grandissimi banchetti e altre spese di mantenimento. Quando telemaco crebbe (la sua età non è mai chiara nel corso dell’opera) fu convinto da Mentore – amico di Ulisse alle cui cure era stato affidato – che non poteva aspettare per sempre il ritorno del padre mentre i proci si stavano impadronendo del suo regno. Voi direte: a questo punto Telemaco torna dai proci e li prende a calci nel sedere. Invece no: su consiglio di Mentore, Telemaco partì allora per un lungo e infruttuoso viaggio alla ricerca del padre (ah! ecco perché si dice “mentore”).
A cosa si riferiva, quindi, Renzi? Parlando della “generazione Telemaco” e della necessità di “meritarsi l’eredità”, Renzi si riferiva al dovere che le nuove generazioni hanno di rinnovare sempre i valori fondanti dell’Europa unita, di non considerarli come un dono ma come una conquista: così come Telemaco dovette partire per trovare suo padre e salvare il regno, così le nuove generazioni europee, dice Renzi, devono lavorare per riaffermare i valori fondanti dell’Unione Europea. Per completezza: a fare un paragone politico tra il ruolo delle nuove generazioni e la figura di Telemaco era stato lo psicoanalista Massimo Recalcati nel libro intervista “Patria senza padri“.
Come finisce la storia di Telemaco? Nel suo viaggio attraverso la Grecia, Telemaco non trova suo padre e decide di tornare a Itaca. Intanto però Ulisse – che era vivo, come sappiamo – è riuscito a tornare a Itaca. I due si incontrano nella capanna di Eumeno e insieme uccidono tutti i proci che avevano occupato la loro casa.