Che fine ha fatto la plastica negli oceani?
Dovrebbero essercene milioni di tonnellate ma dopo mesi di ricerche è stata trovata relativamente poca roba: i ricercatori non sanno dove sia finito il restante 99 per cento
Ogni anno in tutto il mondo sono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica: molte delle quali diventano in breve tempo spazzatura che, nel migliore dei casi, viene riciclata o accumulata in enormi discariche. Moltissima plastica finisce invece nei fiumi e di conseguenza nei mari, dove da tempo si stima ci siano milioni di tonnellate di rifiuti a mollo: secondo una nuova ricerca questi rifiuti sono praticamente impossibili da identificare. Nello studio – pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences – i ricercatori scrivono di non essere riusciti a trovare il 99 per cento della plastica che si calcola sia presente negli oceani. In pratica gli scienziati sanno che ci è finita ma non sanno dove sia finita.
Come spiegano sul sito di Science, già negli anni Settanta uno studio dell’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti stimò che circa lo 0,1 per cento della plastica prodotta ogni anno dall’uomo finisse negli oceani, trasportata dai fiumi, dalle inondazioni e a causa della perdita in mare di parte del carico delle navi. Anno dopo anno nei mari si sono quindi sommate enormi quantità di plastica, mosse dalle correnti oceaniche e concentrate in particolari zone del pianeta dove si creano grandi vortici. L’accumulo di cui si parla più spesso è la cosiddetta “isola di plastica del Pacifico”, che si stima sia localizzata in un’area tra il 135esimo e il 155esimo meridiano Ovest e tra il 35esimo e il 42esimo parallelo Nord nell’oceano Pacifico. La sua estensione non è nota ma diversi studi hanno calcolato che potrebbe essere equivalente a diverse centinaia di migliaia di chilometri quadrati, forse milioni.
Per ottenere qualche dato più preciso dopo decenni di stime, un gruppo di ricercatori della Malaspina Expedition, un’iniziativa internazionale di monitoraggio degli oceani avviata nel 2010 e coordinata dalla Spagna, ha esplorato per mesi le aree in cui le correnti oceaniche creano i vortici in cui si pensa si accumuli la maggior parte della plastica che finisce in mare. Gli scienziati hanno usato quattro navi e un sistema di reti per raccogliere i rifiuti, ma non hanno trovato un granché.
Secondo i calcoli effettuati dopo mesi di ricerca sul campo, l’ammontare complessivo di plastica riscontrabile negli oceani è pari al massimo a 40mila tonnellate. Ma al tempo stesso si sa che la quantità di plastica finita negli anni in acqua è molto superiore rispetto a questo numero. Come ha spiegato uno dei ricercatori che ha partecipato allo studio: “non riusciamo a trovare il 99 per cento della plastica che sappiamo essere negli oceani”.
L’ipotesi più condivisa tra gli scienziati è che la plastica in acqua si degradi molto più rapidamente di quanto inizialmente ipotizzato e che sia mangiata da numerose specie marine. I movimenti ondosi e la costante esposizione alle radiazioni solari rompono i pezzi di plastica in frammenti sempre più piccoli, a tal punto da diventare particelle con dimensioni paragonabili a quelle del plancton, l’insieme di microorganismi fondamentale per l’alimentazione di numerose specie che vivono negli oceani. Gli animali marini mangiano la plastica e la digeriscono, con conseguenze per ora poco chiare dal punto di vista biologico.
Nella migliore delle ipotesi, dopo essere stata ingerita, la plastica priva di nutrienti finisce velocemente tra gli scarti del pasto degli animali marini, e viene espulsa con le feci tale e quale a come era stata ingerita. L’altra ipotesi, più inquietante, è che la plastica e gli altri inquinanti che si legano alle sue particelle causino accumuli all’interno della carne dei pesci e degli altri animali marini, finendo nella catena alimentare. In questo caso la contaminazione interesserebbe non solo gli animali che vivono nei mari, ma anche le bestie che negli allevamenti sono nutrite con farine di pesce e naturalmente gli esseri umani che mangiano il pescato.
I milioni di tonnellate di plastica che si stima si trovino negli oceani potrebbero essere per la maggior parte diluite nell’acqua, e per questo impossibili da osservare con spedizioni come quelle della Malaspina Expedtion. È impossibile sapere quanta di questa plastica sia effettivamente mangiata dagli animali marini, anche perché la massa di acqua negli oceani è enorme e si parla quindi di un altissimo livello di diluizione della plastica. Non si possono fare calcoli precisi anche perché non ci sono dati certi e recenti sull’effettiva quantità di plastica che finisce in acqua ogni anno, e le stime attuali sono basate so informazioni ormai datate.