È morto Eli Wallach, il Brutto
«Ho interpretato più banditi, ladri, killer, signori della guerra, molestatori e mafiosi di quanti voi ne possiate immaginare», disse quando infine gli diedero un Oscar
L’attore americano Eli Wallach è morto martedì 24 giugno a New York, a 98 anni. Aveva recitato per il cinema, la televisione e il teatro ed era particolarmente famoso per alcuni suoi personaggi, quasi sempre dei “cattivi”: era stato Tuco (il “Brutto”) nel western di Sergio Leone “Il Buono, il Brutto e il Cattivo”, Calvera ne “I magnifici sette” e Don Altobelli ne “Il padrino III”.
Wallach era nato nel 1915 a New York in una famiglia di immigrati polacchi e aveva studiato Storia all’Università del Texas con l’intenzione di diventare un insegnante. Dopo la seconda Guerra Mondiale, durante la quale era stato ufficiale in un ospedale medico delle Hawaii, aveva però cominciato a studiare recitazione all’Actors’ Studio. Nel 1945 aveva avuto il suo primo ruolo a teatro e aveva incontrato la sua futura moglie, l’attrice Anne Jackson. Al cinema, invece, Wallach iniziò con una parte nel film di Elia Kazan del 1956 Baby Doll, quello con Carroll Baker: Wallach ne ricevette una nomination ai Golden Globe e vinse un premio BAFTA per il miglior esordio cinematografico.
Nonostante abbia ottenuto una grande fama mondiale grazie al cinema, ricorda BBC, Eli Wallach lo aveva sempre considerato come un mezzo per lavorare in teatro. Nel 1973 aveva detto, del suo ruolo negli spaghetti western: «Vado in Spagna e salgo su un cavallo per 10 settimane. Questo mi dà abbastanza denaro per poter tornare indietro e lavorare su un’opera teatrale».
Questa è una scena dal film del 1966 di Sergio Leone “il Buono, il Brutto e il Cattivo”, nota come “l’estasi dell’oro”. Tuco, il Brutto, è appena arrivato nel cimitero dove, da qualche parte, sono sepolti i duecentomila dollari che stava cercando.
Nonostante i suoi moltissimi successi al cinema e i suoi ruoli memorabili, Eli Wallach non è mai stato nominato per un Oscar. Nel 2010, però, venne infine premiato con un Oscar alla carriera. Nel discorso di ringraziamento disse:
Amici, signori e signore, membri dell’Academy: grazie. Lasciate che vi racconti qualcosa di me stesso. Come attore ho interpretato più banditi, ladri, killer, signori della guerra, molestatori e mafiosi di quanti voi ne possiate immaginare. Come civile colleziono orologi antichi, racconto storie infinite di quando ero un medico durante la seconda Guerra Mondiale, guardo ogni singola partita di tennis e vivo per la mia famiglia, per la posta che ricevo ogni giorno, per lavare i piatti e scattare foto di sagome nella corteccia degli alberi. Ho anche un debole per un uomo chiamato Josh Brolin, eccolo lì!
Parlando di posta, a volte ricevo le lettere più strane, che vanno da quella di un signore inglese che mi chiede aiuto per pagare un’operazione a sua madre fino a quella dell’anno scorso in cui il Papa – davvero! – si complimentava per il suo film preferito: “I magnifici sette”. Non riuscivo a capire, io in quel film non facevo altro che uccidere persone. E mi ha anche invitato ad andare a trovarlo la prossima volta che sono a Roma. Non sapevo di avere amici così importanti. Non sapevo neanche che avrei ricevuto un Oscar, per Dio! Parlando di cose più serie, sono profondamente commosso da questo onore. Il vostro riconoscimento del mio lavoro da artista rende chiara una cosa per me: io non recito per vivere, io vivo per recitare.