La Corte europea ha condannato l’Italia per tortura
Il caso riguarda un uomo che nel 2010 fu arrestato dai Carabinieri e arrivò in carcere con lesioni e fratture; ora dovrà essere risarcito
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante. Il caso riguarda Dimitri Alberti, che nel 2010 fu arrestato dai carabinieri in provincia di Verona e che quando arrivò in carcere aveva tre costole fratturate e lesioni ai testicoli: sarà risarcito con 15 mila euro. Secondo i giudici europei, sull’episodio la magistratura non ha avviato una “inchiesta effettiva” per determinare le responsabilità dei carabinieri coinvolti.
L’Italia condannata nuovamente per trattamenti inumani o degradanti dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Il caso purtroppo non è raro, come le cronache ci raccontano: un uomo viene picchiato dai carabinieri dopo essere stato arrestato. Ma questa volta ai giudici di Strasburgo, a cui l’uomo – Dimitri Alberti, cittadino italiano – si è rivolto, non è sfuggito il fatto che neppure la magistratura è intervenuta adeguatamente. Nessuno, in procura, evidentemente si è preso la briga di condurre un’inchiesta approfondita sulla causa delle gravi lesioni che, a detta dei carabinieri, l’uomo si sarebbe procurato da solo. Una giustificazione che, incredibilmente, continua a funzionare quasi sempre in un Paese dove la tortura sarà «peccato mortale» ma non è reato.
Alberti, classe 1971, viene arrestato dai carabinieri l’11 marzo 2010 davanti al Cafè Tiffany, un bar di Cerea, comune in provincia di Verona, dove l’uomo risiede. Quattro ore dopo Alberti giunge al carcere di Verona con tre costole fratturate e un ematoma al testicolo sinistro, secondo quanto ricostruito dai giudici europei. I giudici italiani invece si sono limitati, secondo la Cedu, ad accertare che durante la fase dell’arresto non ci sia stato un uso illegittimo della forza da parte dei carabinieri. Ma senza procedere con «un’inchiesta effettiva» per verificare i fatti, partendo dalla denuncia di maltrattamenti presentata da Alberti e da quelle lesioni che ad occhi europei – e chissà perché no a quelli italiani – appaiono incompatibili sia con una condotta legale dei carabinieri che con la tesi, sostenuta dai militari, che Alberti se le fosse inflitte da solo.
E così ancora una volta l’Italia è stata condannata per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani che proibisce i trattamenti inumani o degradanti. Lo Stato dovrà risarcire Alberti con 15 mila euro per danni morali.