Il caso Vincent Lambert
In Francia se ne parla da tempo, ora è di nuovo sulle prime pagine: una storia di tribunali, accanimento terapeutico e famiglie divise
Rémi Keller, procuratore del Consiglio di Stato francese – il giudice di ultimo grado per i ricorsi contro le decisioni prese dagli altri tribunali – ha espresso parere positivo affinché Vincent Lambert, un uomo tetraplegico in stato di coscienza minima, non sia più alimentato e idratato in modo artificiale. La storia di Lambert è sulle prime pagine dei giornali francesi e al centro del dibattito pubblico da molto tempo – è una specie di caso Englaro francese, semplificando molto – anche perché si tratta di una vicenda molto complessa che vede coinvolti, su fronti opposti, i genitori e la moglie dell’uomo.
La storia di Vincent Lambert
Vincent Lambert ha 38 anni e faceva l’infermiere. A seguito di un incidente d’auto avvenuto nel settembre del 2008 è rimasto tetraplegico e si trova, da allora, in quello che viene definito uno stato di coscienza minima, giudicato irreversibile da diverse perizie mediche. Nello stato di coscienza minima – definizione utilizzata per distinguere questa condizione dallo stato vegetativo – il paziente manifesta dei comportamenti e delle piccole reazioni, ma la coscienza di tali comportamenti e reazioni può essere molto ambigua, incostante e soprattutto difficile da stabilire. Tali comportamenti dovrebbero insomma essere ripetibili e protratti in modo tale da esprimere intenzionalità e essere distinti da semplici risposte automatiche o riflessive.
Lambert muove gli occhi e sente il dolore. Dopo cinque anni e 80 sedute di logopedia, non è stato possibile stabilire con lui alcun codice di comunicazione: è completamente afasico e ha subito danni irreversibili al cervello. «Il suo corpo esprime delle emozioni, soprattutto la sofferenza, ma lui non ha coscienza del suo corpo», ha spiegato Eric Kariger, a capo del reparto di cure palliative di Reims, dove Lambert è ricoverato.
La legge Lonetti, del 2005
La legge sul fine vita in Francia è regolata dalla cosiddetta legge Leonetti, del 2005: si fonda sul principio del rifiuto categorico dell’eutanasia attiva (il far morire qualcuno) ma anche sull’opposizione altrettanto categorica all’accanimento terapeutico. La normativa prevede dunque il divieto di accanimento terapeutico, la possibilità di esprimere le proprie volontà in anticipo, di interrompere le cure su richiesta del malato e di garantire a tutti l’accesso alle cure palliative. Se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, a seguito di una riflessione collegiale che coinvolga la famiglia e i medici, la legge autorizza la sospensione del trattamento e la somministrazione di «dosi terapeutiche in grado di alleviare il dolore, anche se queste rischiano di abbreviare la vita». La legge afferma insomma il principio del «lasciar morire» il paziente con il ricorso alle cure palliative.
I tribunali e la famiglia di Lambert
Nei primi mesi del 2013, in conformità con la legge Leonetti, il gruppo di medici di Reims guidati da Eric Kariger, che aveva in cura Lambert, aveva deciso di interrompere la nutrizione artificiale considerandola un accanimento terapeutico. La moglie di Lambert, Rachel, e parte della famiglia, avevano accettato la decisione. Era dunque stato avviato un primo protocollo collegiale per il fine vita (siamo nell’aprile del 2013) ma senza un coinvolgimento diretto dei genitori di Vincent Lambert, che vivevano nel sud della Francia e che si erano rivolti al tribunale amministrativo di Chalons-en-Champagne. L’11 maggio i genitori hanno ottenuto dal tribunale l’interruzione del protocollo e la ripresa dell’alimentazione per il figlio. La motivazione della sentenza fu che i genitori non erano stati sufficientemente informati dai medici della decisione.
Una seconda procedura era stata avviata dunque lo scorso settembre con la partecipazione, stavolta, di tutta la famiglia, compresi diversi esperti (in numero addirittura superiore rispetto a quello previsto dalla legge Leonetti). Il parere della maggioranza fu nuovamente favorevole a un’interruzione dell’alimentazione: tutti diedero parere positivo eccetto un medico su sette. I genitori di Lambert che si rivolsero una seconda volta al tribunale amministrativo di Chalons-en-Champagne e ottennero dai giudici, per una seconda volta, una sentenza a loro favorevole: venne imposto ai medici di sospendere la decisione di interrompere il trattamento del paziente. La sentenza diceva che «continuare il trattamento non era né inutile né sproporzionato» e che nel caso di Lambert «non aveva come unico obiettivo il mantenimento artificiale della vita». Il fatto che un tribunale avesse imposto a un’équipe medica di sospendere la decisione di bloccare un trattamento di un paziente era una cosa mai successa prima, in Francia. Mai, cioè, un tribunale di quel livello si era pronunciato su una questione di fine vita.
La moglie di Vincent Lambert, Rachel, che è anche lei infermiera, è sostenuta da sei fratelli e sorelle del marito, da un nipote, oltre che – come abbiamo visto – dal medico Eric Kariger, dell’ospedale di Reims. Secondo questa parte della famiglia, inoltre, «Vincent Lambert ha espresso alla moglie il desiderio di non subire un accanimento terapeutico e ha detto che in caso di coma, avrebbe preferito morire». Per questo «lasciarlo andare» è per loro «solo un atto d’amore». I genitori dell’uomo, che sono vicini a un movimento cattolico fondamentalista, un’altra sorella e un fratellastro tetraplegico, si sono invece sempre opposti. Secondo loro la legge Leonetti non si applica al caso di Vincent Lambert, che è «disabile» ma non affetto da una malattia incurabile: «non è in fin di vita», hanno detto.
Il Consiglio di Stato
Lo scorso 28 gennaio la moglie di Vincent Lambert si è dunque rivolta al più alto tribunale francese, il Consiglio di Stato, facendo ricorso contro la precedente sentenza. Giovedì 19 giugno si è svolta un’audizione pubblica alla presenza dei membri della famiglia. Il procuratore Keller ha raccomandato l’annullamento della decisione del tribunale amministrativo di Chalons-en-Champagne spiegando che, secondo l’ultimo referto medico sul paziente, non c’è speranza di recupero e la nutrizione e l’idratazione non potranno avere alcun effetto positivo sul suo stato. Ha poi ricordato che la maggior parte dei medici e dei familiari erano a favore dell’interruzione del trattamento.
La decisione del Consiglio di Stato e dei suoi 17 giudici è prevista per martedì 24 giugno alle ore 16.00. Ed è molto attesa: innanzitutto perché il destino di Vincent Lambert dipende da quella stessa decisione e poi anche perché costituirà un precedente molto importante: fornirà ai medici che lavorano nell’ambito delle cure palliative o della rianimazione una sorta di linea di guida per casi simili.
Foto: il medico Eric Kariger. (FRANCOIS NASCIMBENI/AFP/Getty Images)